«Basta schiavitù», le orche fanno causa al parco
Azione legale contro SeaWorld: gli avvocati dei cinque cetacei si appelleranno in tribunale al tredicesimo emendamento
REGIME DI SCHIAVITU’- Gli avvocati di Peta (People for Etichal
Treatment of Animals) sostengono che le orche (Orcinus orca) di SeaWorld
siano detenute in regime di schiavitù, essendo costrette a vivere in
vasche e ad esibirsi quotidianamente nei parchi di proprietà della
società. E decidono di trascinare in tribunale l’organizzazione
proprietaria dei tre parchi in Florida, Texas e California. Per
restituire a Tilikum, Katina, Kasatka, Ulises e Corky, questi i nomi dei
cinque animali, la loro dignità e liberarli dall’oppressione. Il team
legale dell’organizzazione animalista ritiene infatti che quando un
essere vivente viene rimosso forzatamente dal proprio habitat,
imprigionato, costretto a lavorare e infine gli viene negata per sempre
la libertà, ci si trova davanti a una vera e propria schiavitù.
PARTE LESA – La causa, presentata nell’ottobre dello scorso anno e
sostenuta anche da tre esperti di orche e da due ex addestratori di
SeaWorld, individua nei cinque animali la parte lesa e mira a tutelare i
loro diritti nel corso del procedimento. Tilikum, Katina, Kasatka,
Ulises e Corky sono stati tutti catturati in mare aperto e trasferiti in
vasche di cemento dalle quali escono soltanto per esibirsi di fronte
agli spettatori dei parchi di Seaworld. La richiesta di Peta è quella di
liberare le orche, destinandole a un ambiente che sia loro più
congeniale, come i parchi marini costieri, dove ai cetacei verrebbero
restituiti gli ampi spazi di movimento dei quali necessitano, la
possibilità di incontrare propri simili e tutti quei comportamenti
naturali che sono loro stati negati per molto tempo.
IL TREDICESIMO EMENDAMENTO - Peta invoca per i cinque mammiferi
marini l’applicazione del Tredicesimo Emendamento della Costituzione
americana, entrato in vigore il 6 dicembre 1865, che sancisce
l’abolizione della schiavitù su tutto il territorio statunitense.
Jeffrey Kerr, uno dei legali dei cinque mammiferi marini, spiega che la
battaglia giuridica crea un precedente e per la prima volta vengono
ascoltate le ragioni di un essere che vive, respira e sente e, anche se
non si tratta di un essere umano, il giogo della servitù non ha più
diritto di esistere. Si è aggiunto infine a rappresentare le cinque
orche Phil Hirschkop, l’avvocato che quarant’anni fa vinse la battaglia
giuridica che portò all’autorizzazione dei matrimoni interrazziali nella
sentenza Loving contro lo stato della Virginia. Ma il legale della
controparte, Theodore Shaw, commenta con tono ironico che il preambolo
della Costituzione degli Stati Uniti d’America non fa riferimento agli
animali: «Nella storica frase We the people (noi, il popolo) nessuno
alludeva alle orche». Senza contare, fa notare Shaw, che un’estensione
totale dei diritti costituzionali agli animali avrebbe forti
ripercussioni sugli zoo e persino sull’addestramento dei cani per la
ricerca di droga ed esplosivi.
PRIMO AVVERTIMENTO - Del resto che i cetacei mal sopportino le condizioni di vita dei parchi di SeaWorld era già stato sospettato:
nel 2010 infatti un’orca uccise l’addestratrice del SeaWorld di
Orlando, dopo averla aggredita e trascinata sul fondo durante
un’esibizione. Due anni fa Tilikum, nota come “Tilly”, causò la morte di Dawn Brancheau, quarantenne sentinel del
parco acquatico di Shamo (dopo aver già ucciso nel 1991 un altro dei
suoi allenatori). Nel 2010 Peta non risparmiò le critiche, interpretando
subito l’accaduto come una risposta di forte stress da parte degli
animali e sollecitando SeaWorld a fermare gli spettacoli, nonostante gli
attacchi di questi mammiferi marini siano episodi piuttosto rari.
«L’attacco da parte di Tilly è una tragedia che non doveva accadere»,
disse allora l’organizzazione animalista, che però rimarcò già al tempo
come non ci fosse da stupirsi delle reazioni violente di questi enormi
animali intelligenti se costretti a vivere una vita da schiavi.
7 febbraio 2012 | 15:07
www.corriere.it
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