domenica 25 maggio 2014



Clean Up the Med: puliamo le coste del Mediterraneo

Decine di iniziative di volontari in Italia e in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo


Una volontaria per la pulizia delle coste (Ansa)




Un fine settimana dedicato alla pulizia delle spiagge e dei fondali. Ha preso il via infatti l’operazione spiagge pulite lungo le coste dell’Italia e del Mediterraneo, iniziativa organizzata dal 1995 da Legambiente, quest’anno in collaborazione con Cial, Mareblù, Virosac e la Campagna di promozione del sughero. In Italia, gli appuntamenti di Spiagge e fondali puliti sono numerosi: dal Lazio alla Basilicata, dalla Calabria alla Campania, dalla Liguria alla Puglia, alla Toscana, alle Marche, alla Sicilia.
Protezione del mare
«Il mare e le spiagge non sono terra di nessuno, ci appartengono», ha detto Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente. «Rappresentano un patrimonio nazionale di inestimabile valore che il resto del mondo ci invidia. Facciamo la nostra parte per proteggere questa immensa ricchezza dalle insidie dell’inquinamento e dell’illegalità».

Stimare i rifiuti spiaggiati
L’iniziativa è anche l’occasione per «denunciare gli abusi consumati ai danni del mare, rivendicare il diritto di libero accesso alle spiagge per tutti, promuovere il turismo sostenibile e stili di vita compatibili con la salute dell’ambiente». Novità di quest’anno sarà un’indagine dei volontari di Legambiente su tipologia e quantità dei rifiuti ritrovati, «con l’applicazione del protocollo sulla beach litter messo a punto dal ministero dell’Ambiente e dall’Ispra» per stimare i principali rifiuti spiaggiati sulle nostre coste e passare a progetti concreti per una loro progressiva riduzione. Una proposta che Legambiente ha rivolto al dicastero a causa della «scarsa partecipazione dimostrata finora da parte di enti e amministrazioni all’applicazione della direttiva europea sulla Marine strategy, che chiede ai Paesi membri uno sforzo per stimare le diverse problematiche a cui sono soggetti il mare e le coste, rifiuti compresi».

24 maggio 2014 
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sabato 24 maggio 2014



Saranno i pescatori a salvare le nostre tartarughe di mare
Oltre 130 mila esemplari, protetti da convenzioni internazionali, direttive comunitarie e leggi nazionali, catturate involontariamente dai pescatori

di Carlotta Clerici
Il programma TartaLife per salvare le tartarughe marine dalla pesca involontaria

A salvare le tartarughe ci penseranno i pescatori. Non più nemici, ma alleati di questi rettili marini in TartaLife: la strategia salva tartarughe (tra i programmi Life+ della Ue) da 2 milioni di euro, che coinvolge fino al 2018 tutte le nostre città affacciate sul mare. Il nuovo piano, coordinato dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Ancona (Cnr-Ismar), tra i protagonisti vede anche il consorzio Unimar, che unisce i tre organi centrali della pesca italiana: Agci Agrital, Federcoopesca e Lega Pesca. E che, per diventare amici delle tartarughe, si faranno aiutare da alcuni esperti della biodiversità marina. Tra cui, per esempio, la Fondazione Cetacea, il Cts e Legambiente. «I pescatori», spiega Maurizio Giganti, responsabile settore conservazione natura di Cts e portavoce di TartaLife, «sono indispensabili per il futuro delle tartarughe».

La strage
Oltre 130 mila le tartarughe marine — la Caretta caretta, già protetta da convenzioni internazionali, direttive comunitarie e leggi nazionali — catturate involontariamente dai pescatori professionisti nel 2013 nel Mediterraneo (dati TartaLife). Delle quali 70 mila per avere abboccato agli ami per la pesca al pescespada, oltre 40 mila intrappolate nelle reti a strascico e circa 23 mila in quelle da posta. Con un bilancio totale di 40 mila esemplari deceduti. «Fuori dai calcoli ufficiali», puntualizza il biologo, «ci sono migliaia di piccole imbarcazioni da pesca che operano nei Paesi africani affacciati sul Mediterraneo. Se li contassimo, si arriverebbe a una stima di 200 mila catture e a circa 70 mila decessi».
Pesca amica
Obiettivo principale di Tartalife, aiutare i pescatori a salvare le tartarughe catturate. Partendo, in primo luogo, dalle attrezzature. Come le reti a strascico. «Per ridurre la cattura accidentale», spiega Giganti, «alcune marinerie italiane sperimenteranno un dispositivo meccanico denominato Ted (Turtle Exculder Device, letteralmente «meccanismo di esclusione della tartaruga») già diffuso in molti Paesi oltre oceano per la pesca dei gamberi». In pratica, una griglia cucita all’interno della rete (prima del sacco terminale) con il compito di sbarrare la strada alla tartaruga ma non al pesce. «Per evitare interferenze con le reti da posta», prosegue Giganti, «sperimenteremo invece lo Star (Sea Turtle Acoustic Repellent). Un dispositivo elettroacustico da mettere sulla rete che si usa già per tenere lontani i mammiferi marini dalle attività di pesca».
Attrezzature salva-tartarughe
Oltre all’intervento sulle attrezzature classiche da pesca, il progetto prevede anche l’introduzione di nuovi strumenti mai sperimentati in Italia. «Proveremo», afferma Giganti, «una nassa di nuova generazione, già utilizzata con successo nel nord Europa per la pesca al merluzzo, ma mai prima d’ora nel Mediterraneo». Senza contare, il lavoro che verrà fatto anche sugli ami. In modo particolare nella zona adriatica e nel canale di Sicilia: le più rischiose per le tartarughe. «In questi tratti di mare», spiega il biologo, «per pescare il tonno e i pescespada si usa il palangaro: una lenza lunghissima, farcita di ami. Che, per evitare le catture accidentali, vogliamo sostituire con quelli arrotondati».
Pescatore 2.0
Per diffondere i sistemi proposti da Tartalife (ami circolari e Ted),anche diversi corsi di aggiornamento per i pescatori e l’attivazione degli sportelli di assistenza per quelli che vorranno sostituire i vecchi attrezzi da pesca con altri più nuovi e selettivi. «Per farlo», spiega Giganti, «si potrà usufruire degli incentivi che dovrebbero essere previsti dal nuovo Feamp (Fondo europeo per le attività marittime e la pesca)».
Pronto soccorso
Il nuovo approccio dei pescatori non riguarda solo le attrezzature da pesca, ma anche il pronto soccorso se per sbaglio viene pescata, insieme al pesce, una tartaruga. «Se catturata accidentalmente», spiega il biologo, «la tartaruga ha bisogno di rimanere un po’ di tempo sulla barca per riprendersi». Una pratica che però si scontra con la normativa italiana: il decreto ministeriale della marina mercantile del 1989, che vieta il trasporto e la detenzione delle specie protette a bordo delle imbarcazioni. E tra i motivi principali per cui le tartarughe, in qualsiasi stato si trovino, vengono ributtate dai pescatori nel mare. «Per dare soccorso alle tartarughe», spiega Giganti, «i pescatori potranno richiedere la richiesta di ospitare a bordo l’animale. In modo da evitare le sanzioni e salvargli la vita».
Sos Adriatico
Zona particolarmente infelice per le tartarughe, quella adriatica. In cui soltanto l’anno scorso ne sono morte più di 200 non solo per le catture accidentali, ma anche per altre cause ancora da chiarire. «Oltre alla pesca», afferma il biologo, «stiamo valutando l’impatto delle trivellazioni e del rigassificatore di Portovivo (al largo delle coste della provincia di Rovigo)». Senza dimenticare quelle climatico-ambientali. «Dalle necroscopie», rivela Giganti, «abbiamo accertato che tutte le tartarughe morte avevano azzerata la flora batterica». Dettaglio che potrebbe far luce sul motivo della moria. «Questo», conclude il biologo, «potrebbe dipendere sia dagli antibiotici, usati per abbattere le schiume organiche. Oppure, dal fatto che quest’anno la temperatura delle acque adriatiche è scesa rapidamente. Causando una reazione ipotermica nelle tartarughe, detta cold stunning turtle e che, oltre all’Italia, ha colpito anche in altre zone del Mediterraneo».

24 maggio 2014 
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giovedì 22 maggio 2014

Armadillo



22 maggio 2014 - Rio de Janeiro, Brasile 


lunedì 19 maggio 2014

La sindrome di Stendhal?
Questione di punti di vista

Uno studio italiano ha "misurato" l’emozione che si prova mentre si contempla il Mosè di Michelangelo, scoprendo che cambia a seconda del punto di osservazione. Lo rivelano l'attività cerebrale, il battito cardiaco e la sudorazione
di Valentina Tudisca

Guardare un'opera d'arte può attivare ondate di piacere nel cervello, ma sono soprattutto i ritratti a provocare un'emozione che coinvolge tutto il corpo. È il risultato di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università la Sapienza di Roma, guidato da Fabio Babiloni, che ha monitorato le reazioni provate da alcuni volontari davanti a un capolavoro assoluto della storia mondiale: il Mosè di Michelangelo, nella chiesa romana di San Pietro in Vincoli.
 
La sindrome di Stendhal? Questione di punti di vista

 Percezione della scultura
Fotografia di BrainSigns srl, Università Sapienza di Roma

Dallo studio è emerso che le reazioni sarebbero diverse a seconda del punto di osservazione scelto, e che piacere estetico-cerebrale e coinvolgimento emotivo corporeo non sarebbero necessariamente correlati. Il primo, infatti, è risultato massimo da una posizione frontale che consentiva di cogliere il maggior numero di dettagli dell’opera, mentre il secondo da una posizione laterale, che permetteva di guardare il Mosè in viso. I risultati dello studio, che per la prima volta indaga l’effetto sul cervello della percezione di una statua, saranno presentati al Congresso mondiale di Bioingegneria (IEEE-EMBS) di Chicago il prossimo agosto.

Da diversi anni i meccanismi cerebrali che entrano in gioco nell’esperienza estetica sono oggetto di indagine. Se ne occupa uno specifico ramo delle neuroscienze: la neuroestetica. La maggior parte degli studi in quest’ambito hanno finora riguardato la fruizione di opere pittoriche. Osservare una scultura introduce una variabile ulteriore nella percezione dell’osservatore rispetto alla bidimensionalità cui è confinato un dipinto.

Nella foto, uno dei partecipanti allo studio di fronte al Mosè nella chiesa di San Pietro in Vincoli.


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giovedì 15 maggio 2014


Le farfalle di mare prime vittime dell'acidificazione degli oceani

L'aumento di acido carbonico nei mari è un problema tutt'altro che relegato al futuro: evidenti già ora le conseguenze sulle lumache marine, e quindi sulla catena alimentare

di Jane J. Lee
 
oceani,ambiente,invertebrati
Una farfalla di mare con la conchiglia danneggiata dall'acidificazione delle acque marine. Fotografia di Steve Ringman, NOAA 

Uno studio ha rilevato che l'acqua corrosiva al largo della costa occidentale degli Stati Uniti sta dissolvendo i gusci delle lumache marine note anche con il nome di "farfalla di mare", specie chiave nella catena alimentare costiera. I ricercatori temono che l'indebolimento delle conchiglie possa avere conseguenze di vasta portata sugli animali che si nutrono di questi molluschi, come pesci e mammiferi marini.

Salmoni, aringhe e altre specie commercialmente importanti hanno infatti una dieta piuttosto ricca in lumache. Ma ora che la loro conchiglia cresce sottile e debole, conseguenza dell'acidificazione degli oceani, la capacità di questi animali di riprodursi, nuotare e proteggersi dalle infezioni viene compromessa. "Abbiamo parlato di acidificazione degli oceani come un problema che riguarda il futuro", afferma Scott Doney, un oceanografo del Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI) in Massachusetts, che non era coinvolto nello studio. Questa ricerca, tuttavia, dimostra che è già diventato un problema.

Upwelling e combustibili fossili

Un team guidato da Nina Bednaršek e Richard Feely della National Oceanic and Atmospheric

Administration (NOAA) ha rilevato che tra il 24 e il 53 per cento delle farfalle di mare studiate nel 2011 al largo delle coste di Washington, dell'Oregon e della California, mostravano segni di gravi danni alle conchiglie (vedi foto sopra). La maggior parte degli animali in questione è stata trovata vicino alla riva, dove le acque sono più acide a causa di alte concentrazioni di anidride carbonica, prodotte dall'utilizzo di combustibili fossili. Un fenomeno naturale chiamato upwelling - evento stagionale sulla costa occidentale USA - in cui le sostanze nutritive e l'anidride carbonica risalgono in superficie aggrava il problema. Gli studi condotti in laboratorio hanno ripetutamente dimostrato che le farfalle di mare stanno lottando per riuscire a costruire i gusci anche in acque acide, spiega Bednaršek.

Ora, spiega Feely, "vediamo per la prima volta una chiara evidenza degli effetti dell'acidificazione degli oceani, su un organismo marino la cui esistenza in natura è d'importanza critica". Secondo Doney della WHOI, il lavor di Bednaršek e Feely, pubblicato su Proceedings of the Royal Society B, solleva un sacco di interrogativi. Per esempio, è chiaro che queste lumache sono state colpite, ma non lo è altrettanto come questo influenzerà la catena alimentare. In ogni caso, spiega Doney, il problema è destinato a peggiorare. Entro il 2050, secondo Bednaršek e i colleghi, circa il 70% delle farfalle di mare della costa pacifica avrà il guscio gravemente danneggiato. L'unica soluzione possibile? Secondo Doney è ridurre le emissioni di carbonio. Ma, aggiunge, "questo è un problema molto più difficile".  
 
(15 maggio 2014)
 

domenica 11 maggio 2014

L’india vieta le corse con i buoi
«Anche gli animali hanno dignità»

Storica vittoria degli attivisti che per anni hanno documentato gli abusi e la sofferenza inflitte agli animali durante queste gare


di Beatrice Montini


Un frame di una video-denuncia delle violenze nelle corse con i tori in India
10 maggio 2014 - In molti l’hanno definita una vittoria storica per il movimento animalista indiano. Ma non solo. La corte suprema indiana ha vietato in tutto il Paese le corse con carri trainati da buoi e in particolare il controverso festival tradizionale «Jallikattu» che si svolge ogni anno nella regione di Tamil Nadu. Una festa molto simile alle più note corse con i tori che si svolgono in Spagna a Pamplona per San Firmino.
Le denunce di violenze e maltrattamenti
La decisione della corte di vietare questo tipo di corse si basa sulle evidenti violazioni delle leggi nazionali sul benessere animale ripetutamente denunciate dagli attivisti indiani negli ultimi anni. E in particolare la svolta, che ha portato al bando, è stata la presentazione di quattro casi, denunciati nel 2012, di violenze e crudeltà sui buoi usati nelle corse.

«Una pietra miliare»
«Questo divieto è una pietra miliare per i diritti degli animali in India - commenta con soddisfazione Amruta Ubale, coordinatrice di Animal Equality nel Paese - il significato di un risultato così importante: indica che stiamo facendo significativi passi in avanti nella nostra società, e che alcune tradizioni non possono essere considerate più importanti della sofferenza inflitta agli animali ».

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sabato 10 maggio 2014

Se Antartide Est si scioglie oceani più alti di 4 metri
Fenomeno inarrestabile, come bottiglia senza tappo


6 maggio 2014 - Il bacino di Wilkes, una distesa di ghiaccio lunga 1.400km e larga 400km nell'Antartide orientale, è come una bottiglia inclinata: se saltasse il tappo costituito da un bordo ghiacciato, inizierebbe a svuotarsi. Un processo inarrestabile che durerebbe migliaia di anni fino a far alzare il livello degli oceani di 4 metri, mettendo a rischio città costiere come New York. L'allarme arriva dall'Istituto di Posdam per la ricerca sull'impatto climatico.

Il ghiaccio è tenuto all'interno del bacino da un orlo ghiacciato relativamente piccolo che si trova sulla costa. Con il riscaldamento degli oceani, questo argine potrebbe sciogliersi nel giro di 200 anni, innescando un continuo e irrefrenabile afflusso di ghiaccio nel mare. In base alle simulazioni dei ricercatori, lo svuotamento del bacino richiederebbe dai 5mila ai 10mila anni, e si concluderebbe con un innalzamento del livello degli oceani di 3-4 metri.

''Il bacino di Wilkes è come una bottiglia su un pendio. Una volta stappata, si svuota'', spiega Matthias Mengel, autore dello studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change.

''Emettendo sempre più gas a effetto serra, oggi rischiamo di scatenare reazioni che in futuro potremmo non essere in grado di fermare''. Un tale innalzamento del livello del mare, aggiunge, cambierebbe il volto della Terra. Città come New York, Tokyo e Mumbai sarebbero a rischio.


ANSA

venerdì 9 maggio 2014

Australia,a rischio estinzione 100 specie piccoli marsupiali
La causa sarebbero i gatti introdotti dai coloni europei

8 maggio 2014 - Allarme in Australia per il crollo delle popolazioni, al limite dell'estinzione, di circa 100 specie di piccoli marsupiali, specie nel nord tropicale del continente, e i principali imputati sono i gatti, introdotti dai coloni europei alla fine del 18/mo secolo e passati in gran numero allo stato selvatico.

Secondo uno studio dell'Australian Centre for Ecological Analysis and Synthesis (Aceas), guidato dallo specialista di protezione della natura Chris Johnson dell'Università della Tasmania, il preoccupante fenomeno è decollato all'inizio degli anni 1990, specialmente nel grande parco nazionale di Kakadu (20 mila kmq) nel Territorio del Nord, dove sono già scomparse per il 90% una ventina di specie, fra cui bandicoot o peramele a muso lungo, quoll settentrionale o gatto marsupiale maculato, phascogale o topo marsupiale, e ratto arboreo.

Aceas ha monitorato i dati di 600 mila animali nativi attraverso il continente e ha identificato come le maggiori cause del crollo di popolazione degli animali settentrionali le pratiche di bruciatura di prevenzione degli incendi e l'infestazione di gatti selvaggi. "E' una catastrofe", ha detto Johnson a una riunione di esperti a Canberra. "E' lo stesso modello di estinzione che abbiamo osservato nel sud dell'Australia a causa delle volpi (anch'esse introdotte dai coloni inglesi per lo sport della caccia alla volpe, Ndr)".

Mentre tuttavia le volpi possono essere controllate con esche avvelenate, i gatti preferiscono le prede che posso uccidere. E l'eliminazione delle volpi ha rimosso una specie capace di sopprimere le popolazioni di gatti.


ANSA
Spiaggia, abbandonati 4500 miliardi di mozziconi
Possono rilasciare sostanze chimiche fino a 10 anni dopo il loro utilizzo


08 maggio 2014

Spiaggia, abbandonati 4500 miliardi di mozziconi Su seimila miliardi di sigarette vendute ogni anno nel mondo, 4.500 miliardi di mozziconi vengono abbandonati nell'ambiente insieme agli inquinanti che contengono, dalla nicotina alle tossine, agli agenti cancerogeni. Il dato è citato in uno studio pubblicato sulla rivista Current Environmental Health Reports in cui vengono proposte alcune misure per ridurre l'inquinamento da tabacco, in primis il divieto di usare i filtri.

Cicche e altri rifiuti del tabacco, come i pacchetti e gli accendini, sono tra i materiali più raccolti durante le pulizie di strade e spiagge. I mozziconi possono rilasciare sostanze chimiche fino a 10 anni dopo il loro utilizzo, andando a inquinare l'ambiente. Nicotina, arsenico e piombo, si legge nell'articolo scritto da Thomas Novotny dell'università statale di San Diego, possono contaminare mari, fiumi e laghi, ed essere estremamente tossici per i microrganismi acquatici e i pesci. Per ridurre l'impatto del fumo sull'ambiente, Novotny propone di vietare l'uso dei filtri, che sarebbero ''una farsa'' in termini di maggiore sicurezza per i consumatori.

 Altra richiesta è quella di rendere i produttori di sigarette responsabili dei costi sostenuti per la raccolta delle cicche, anche fissando una tassa anticipata sul riciclo dei mozziconi, o di incaricarli direttamente del ritiro di questi rifiuti. Si ipotizza poi l'obbligo di riportare informazioni sui pacchetti in merito alla tossicità dei mozziconi. Ultima idea è l'istituzione di un deposito cauzionale, come per le bottiglie di vetro, volto a incentivare i fumatori a riconsegnare i filtri usati.

Ansa.it

giovedì 8 maggio 2014

Il CO2 sta "frantumando" i ghiacciai del mondo
I risultati di uno studio del Massachussetts Institute of Technology di Boston


08 maggio 2014

Il CO2 sta "frantumando" i ghiacciai del mondo Le calotte polari e i ghiacciai rappresentano il 7% del nostro pianeta, e hanno un ruolo fondamentale per il clima. Uno studio del Massachussetts Institute of Technology di Boston ha ora dimostrato che, oltre all'innalzamento della temperatura, a mettere in pericolo la salute dei ghiacci è anche l'anidride carbonica, che è in grado di indebolirli e renderli 'fragili', come se li 'soffocasse'. A darne notizia è il sito In a Bottle, sensibile alle tematiche ambientali.

 Il team di ricerca, guidato da Markus Buehler e Zhao Qin, ha simulato al computer le dinamiche della forza del ghiaccio. I ricercatori hanno visto che l'anidride carbonica "diminuisce la forza interna del ghiaccio poiché interferisce sulla tenuta delle molecole", e porta a farlo frantumare. In particolare è stato provato che "a soffrire maggiormente sarebbero i legami di idrogeno che tengono insieme le molecole d'acqua in un cristallo di ghiaccio. Gli esperimenti hanno provato che la resistenza del ghiaccio può diminuire fino anche al 38%".

 Sul fronte delle temperature, invece, da tempo gli scienziati stanno facendo ricerche per capire come arrestare i danni ai ghiacciai e alle calotte polari. Una delle soluzioni più innovative è quella di un'equipe dell'Università Statale di Milano che ha sperimentato "un rimedio di protezione attiva con un telo geotessile chiamato Ice Protector 500. L'esperimento ha avuto inizio nel 2007 e ha permesso di analizzare, nel corso degli anni, la 'febbre' del ghiacciaio e la quantità di acqua salvata".
 Nel 2008, riporta In a Bottle, con questa tecnica sono stati preservati oltre 115.000 litri d'acqua, mentre nel 2009 il telo ha permesso di preservare il 91% del ghiaccio glaciale e il 29% di neve.

Ansa.it
Elettromagnetismo, gli uccelli perdono la bussola
Vengono colpiti in particolar modo i migratori notturni "canterini".

08 maggio 2014
Elettromagnetismo, gli uccelli perdono la bussolaGli uccelli che migrano la notte 'perdono la bussola' quando si trovano esposti a rumori elettromagnetici causati da strumenti elettronici. Anche deboli campi elettromagnetici, prodotti dalle attività umane di ogni giorno, hanno un effetto impressionante su questi animali, in quanto distruggono la funzione del loro intero sistema sensoriale, come spiega uno studio tedesco dell'università di Oldenburg, pubblicato sulla rivista Nature.  Molti uccelli canterini migratori notturni si affidano ai deboli campi magnetici terrestri per orientarsi, e si pensa che il senso dell'orientamento risenta della presenza di campi elettromagnetici di bassa frequenza. Le prove a supporto di questa teoria sono state trovate dal team di ricercatori guidato da Henrik Mouritsen, che hanno dimostrato che i deboli campi elettromagnetici prodotti dai segnali radio e dagli apparecchi elettronici distruggono la bussola interna magnetica dei pettirossi europei. Nell'esperimento si sono fatti 'alloggiare' questi uccelli in rifugi senza finestre, e si è così visto che non riuscivano a orientarsi con la loro bussola magnetica quando esposti ai rumori elettromagnetici di fondo della città, mentre erano in grado di ripristinare il loro orientamento magnetico se vivevano in capenne schermate, che attenuavano il rumore elettromagnetico lasciando intatto il campo magnetico terrestre.

 Secondo i ricercatori, il rumore elettromagnetico non può essere attribuito ai segnali dei telefoni cellulari, perchè i componenti magnetici sono molto più deboli dei limiti di esposizione raccomandati dall'Organizzazione mondiale della sanità. Per Joseph Kirschvink, dell'Istituto di tecnologia di Pasadena (California), si potrebbe considerare di abbandonare l'uso, da parte dell'uomo, di questa porzione di spettro elettromagnetico e minimizzare i rumori incidentali a bassa frequenza, per aiutare gli uccelli migratori a trovare la strada.

http://www.animalieanimali.it
LE GUARDIE ZOOFILE OIPA MILANO SEQUESTRANO UN ALLEVAMENTO LAGER ABUSIVO DI CONIGLI


8 maggio 2014 - A seguito di una segnalazione il nucleo di guardie zoofile OIPA di Milano e provincia ha effettuato un sopralluogo in un'abitazione in un comune della provincia est del capoluogo lombardo rinvenendo, in un locale adiacente all’abitazione, 87 conigli detenuti in condizioni di grave maltrattamento.




L’allevamento amatoriale a scopo alimentare, privo di qualsiasi autorizzazione, era infatti un vero e proprio lager. Il piccolo locale era privo di luce e aerazione, mentre l’aria era resa irrespirabile dalle esalazioni di feci e urina, presenti ovunque in grande quantità. Gli animali erano stabulati in gabbie di rete metallica, compresa la pavimentazione su cui poggiavano le zampe, di dimensioni tali da non permettere agli esemplari adulti di cambiare posizione e prive di zone di ricovero, impilate le une sulle altre. Cibo e acqua erano forniti tramite un sistema di canaline e cannucce gestite manualmente dal proprietario, in base alla disponibilità di tempo, quindi non con regolarità.



Ulteriore aggravante della situazione è stata la consapevolezza del proprietario circa i danni provocati agli animali dalle condizioni di detenzione, tanto che la precedente razza di conigli allevata era stata sostituita da una più resistente per ovviare al problema delle ferite alle zampe causate dall’assenza di pavimentazione delle gabbie.



L’uomo è stato denunciato per maltrattamento di animali e detenzione in condizioni non idonee e produttive di gravi sofferenze e tutti gli 87 esemplari sono stati posti sotto sequestro. Visto l’elevato numero di animali, le guardie zoofile OIPA sono alla ricerca di stalli o affidi giudiziari per ricoverare gli animali, in parte già presi dall'ENPA di Monza, in attesa della convalida del sequestro.

http://www.guardiezoofile.info/

mercoledì 7 maggio 2014

Smog, 3,7mln morti sotto 60 anni nel 2012
Per Oms provoca tumori,aumento malattie cardiache e respiratorie



Smog in London
7 maggio 2014 - L'inquinamento dell'aria esterna ha provocato la morte di circa 3,7 milioni di persone di età inferiore ai 60 anni nel solo anno 2012. A dirlo è l'Organizzazione Mondiale della Sanità, che sottolinea come questo sia tra i più grandi rischi per la salute in tutto il mondo. In particolare, alte concentrazioni di inquinamento e particolato fine sono associate ad un aumento del numero di decessi per malattie cardiache e ictus, oltre che per respiratori e tumori.

"Possiamo vincere la lotta contro l'inquinamento atmosferico e ridurre il numero di persone affette da malattie respiratorie e cardiache, così come il cancro ai polmoni", è il commento di Maria Neira, Direttore dell'OMS per la Salute Pubblica, l'Ambiente e Determinanti sociali della salute. "Le politiche e le strategie efficaci sono ben chiare - aggiunge - ma devono essere attuate su scala sufficientemente ampia. Città come Copenhagen e Bogotà, per esempio, hanno migliorato la qualità dell'aria attraverso la promozione di 'trasporto attivo' e la priorità di reti stradali dedicate al trasporto pubblico urbano, ai percorsi a piedi e in bicicletta".

ANSA
Siberia: foreste in fiamme

7 maggio 2014 - Quarantotto incendi boschivi, su di un'area di 120.300 ettari della foresta siberiana, di cui 118.700 ettari in Transbaikal, secondo quanto riportato dalle autorità del Distretto Federale Siberiano. Gli incendi stanno devastando le foreste delle repubbliche di Buriazia, Tuva e Khakassia, oltre che le provincie di Krasnoyarsk, Irkutsk , Omsk e Tomsk.

Nei fiori scorsi, team congiunti delle forze di sicurezza antincendio e di guardie forestali sono stati paracadutati per spegnere 174 incendi boschivi su un'area di 18.200 ettari in Siberia. La presenza di erba secca è uno dei principali fattori di diffusione degli incendi
La mancanza di attenzione con il fuoco e appassiti incendi di erba secca sulla croplands diventato motivi principali per i fuochi .
Nelle regioni del Trans-Baikal e della Buriazia è stato dichiarato lo stato di emergenza, poi esteso alla regione di Irkutsk e un distretto nella regione di Omsk. L’allerta incendi si estende all’area di Chita, a nove distretti della regione di Omsk Region e a tutto il territorio della regione di Irkutsk.

http://www.salvaleforeste.it


martedì 6 maggio 2014

VITTORIA! IL CONSIGLIO DI STATO SMENTISCE IL TAR DI VENEZIA:
STOP AL PIANO DI STERMINIO DELLE VOLPI VOLUTO DALLA PROVINCIA DI TREVISO



Il 15 gennaio scorso il TAR del Veneto aveva bocciato la richiesta dell’OIPA e delle altre associazioni p...er la sospensione del piano di uccisione di migliaia di volpi in provincia di Treviso. Ora il Consiglio di Stato, con ordinanza del 30 aprile, ribalta completamente il pronunciamento dei giudici veneziani, decretando la salvezza di volpi e cuccioli che nei prossimi giorni sarebbero stati uccisi a fucilate dai cacciatori trevigiani.
Ora la provincia non può far altro che annullare immediatamente la condanna a morte delle volpi, voluta con forza dai cacciatori al solo scopo di eliminare un possibile concorrente della loro sanguinaria passione.

Ringraziamo di cuore tutti coloro che ci hanno sostenuto in questa battaglia firmando la petizione, manifestando in piazza e inviando mail di protesta: ce l’abbiamo fatta e migliaia di volpi sono state salvate da una fine orribile!


http://www.oipa.org

giovedì 1 maggio 2014

E la Cina acquista animali minacciati

30 Aprile 2014 - Secondo il West Kalimantan Orangutan Conservation Forum (FKOKB), la Cina è il principale acquirente di animali indonesiani in via di estinzione."Questi animali sono considerati potenti afrodisiaci", ha detto Alberto Tjiu, presidente del gruppo. I becchi dei buceri, le pinne di squalo e altre parti di animali sono state cacciate per migliaia di anni.

Nel secolo scorso, in Kalimantan occidentale (in Borneo) vivevano ancora rinoceronti e elefanti, ma sono stati cacciati fino all'estinzione. Ora la loro caccia è vietata, ma parti di animali protetti vengono ancora ri-esportate da Laos , Myanmar, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam, nascoste in container o in valige di passeggeri, spesso coperte da documentazione di viaggio falsificate. Alcuni di questi animali, soprattutto oranghi e gibboni, sono legati al commercio coi legname. Il commercio illegale di animali è gestito dalla criminalità organizzata, parallelamente al traffico di doghe o al commercio di armi. Il FKOKB documentato diversi casi di commercio di animali protette a Java, ma le sentenze non sono mai state abbastanza serie da scoraggiare il traffico illegale.

http://www.salvaleforeste.it