venerdì 26 ottobre 2012

CREATO SOFTWARE PER STUDIARE ALLOCCHI DI YOSEMITE PARK
In California.

 
25 ott 12 - Un metodo poco invasivo per acquisire dati sulla sottospecie unica di allocco di Lapponia denominato Strix nebulosa Yosemitensis, stimato a meno di duecento "presenze" nello Yosemite National Park in California.
Il metodo utilizzato da un team di ricercatori dell'Universita' della California a Davis consiste nell'installazione di quaranta registratori di dati audio digitali in alternativa ai tradizionali metodi. "Anche se breve, la pratica convenzionale nel tempo si e' rivelata dannosa e stressante sul lungo periodo per il benessere degli uccelli", ha spiegato al sito Phys.org Joe Medley, docente di Ecologia all'ateneo di Davis. "Abbiamo quindi pensato ad una strategia alternativa: la creazione di un software che ci permettesse di registrare, rintracciare e riconoscere attraverso i suoni specifici la presenza di uno dei piu' grandi gufi del Nord America che non esiste in altre parti del mondo. Con una popolazione cosi' piccola e' bene ridurre al minimo le conseguenze delle attivita' umane seppur poco invasive. I suoni captati ci permettono di acquisire informazioni anche sugli accoppiamenti e l'alimentazione.
L'algoritmo creato apposta per il programma ci permette di selezionare le chiamate e le frequenze specifiche dell'allocco, ripulendole dai tanti rumori di contorno come le rane che gracidano o gli aerei che volano nel cielo". Le principali minacce alla sopravvivenza della rara specie di uccelli sono gli esseri umani e la zanzara che trasmette il virus del Nilo Occidentale. 


(AGI)

giovedì 25 ottobre 2012

Studio, balene più "silenziose" perché disturbate dall'uomo

Kansas City, 25 ottobre 2012 - Cresce la preoccupazione che il rumore generato negli oceani dall'uomo possa danneggiare gli animali marini che si basano sul suono per comunicare e navigare. A segnalarlo è la ricerca condotta da Michael Stocker e Tom Reuterdahl, dell'istituto Ricerca e conservazione dell'oceano di Lagunitas, in California, e presentata a Kansas City, nel convegno dell'Acoustical Society of America (Asa).
Secondo lo studio il rumore di fondo degli oceani sia diventato fino a dieci volte più forte rispetto a 50 anni fa.
Un nuovo modello scientifico suggerisce che 200 anni fa, prima dell'era industriale della caccia alle balene, il rumore marino era ancora più forte di quello attuale a causa dei suoni emessi dalle balene.
Utilizzando le stime della popolazione storica, gli studiosi hanno assegnato dei "valori di generazione sonora" alle specie di cui disponevano dati utili sulla vocalizzazione. "Ad esempio, 350.000 balenottere nel Nord Atlantico potrebbero aver contribuito a generare 126 decibel nel livello del suono dell'ambiente oceanico agli inizi del 19 secolo, come un moderno concerto rock", osserva Stocker. Rumore che sarebbe stato emesso ad una di frequenza di 18-22 hertz.
Secondo i ricercatori, l'uso dei documenti di caccia per determinare la quantità di balene pescate durante l'epoca della caccia alla balena a livello industriale risulta difficile, perché "i capitani venivano tassati sulle loro catture e questo era un incentivo a 'truccare' i numeri", spiega Stocker.
Ad esempio, per quanto riguarda i territori russi, solo in seguito al crollo dell'Unione Sovietica cominciarono ad emergere i dati reali su questa pratica. "Verso la metà degli anni '60 le balene cacciate erano 48.000 invece che le 2.710 indicate in precedenza''.
Secondo lo studioso "si può supporre che gli animali si siano adattati al rumore biologico nel corso degli eoni, ma non può essere il caso del rumore di origine umana, che è spesso più ampia banda e diversamente strutturato dal rumore naturale e con effetti probabilmente differenti sugli animali". 


(ANSA)

mercoledì 24 ottobre 2012

APRE ALLEVAMENTO CON 7000 VISONI PER PELLICCE. E' PROTESTA
In provincia di Parma



24 ott 2012 - Un allevamento di visoni da pelliccia a Noceto? In un'interrogazione al Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna la consigliera dei Verdi Gabriella Meo afferma che sarebbe stato aperto un allevamento di animali da pelliccia che comprenderebbe 7.000 animali. L'azienda si sarebbe insediata in una zona agricola, in via Gabbiano. La consigliera chiede alla Regione se l'allevamento rispetta tutte le norme previste, dal regolamento urbanistico del Comune di Noceto alle norme sul benessere animale emanate dalla Regione Emilia-Romagna e se ci sono stati i controlli veterinari da parte dell'Ausl di Parma.

"L'allevamento di animali per la produzione di pellicce -sottolinea Gabriella Meo- quasi esclusivamente visoni, non è mai stato un'attività di particolare rilevanza economica e negli ultimi quarant'anni ha registrato fortunatamente un continuo e inesorabile trend negativo; nel 1988 erano attivi 170 allevamenti con circa 500.000 animali; nel 2003 si sono ridotti a 50, con circa 200.000 animali; nel 2011 sono 10 con una produzione di 100.000-150.000 animali."

La consigliera si è detta contraria alle pratiche di uccisione di animali per la realizzazione di pellicce. "In un contesto nazionale e internazionale che vede l'affermarsi di una sempre maggiore coscienza di amore e di rispetto per gli animali e per i loro diritti, nonché dell'estensione del concetto di tutela per tutte le specie animali, appare certamente offensiva del sentimento collettivo qualunque pratica di maltrattamento e di uccisione di animali, in particolare per appropriarsi della loro pelliccia".
"I visoni, le cui dimensioni sono quelle di un piccolo gatto domestico sopravvivono in gabbie che hanno una superficie appena più grande di un foglio da fotocopie. Nella realtà dei fatti, i visoni allevati in Italia continuano a stare richiusi in allevamenti intensivi e dentro gabbie delle dimensioni di 2.550 centimetri quadrati, ossia di circa 35 centimetri per 70 centimetri, se va bene".

Christian Donelli – Parma Today

lunedì 22 ottobre 2012

Cresce il commercio illegale dall'Africa verso l'Asia

Seicento elefanti uccisi per l'avorio
Maxi-sequestro ad Hong Kong

Scoperte 3.8 tonnellate del prezioso materiale in due container spediti dal Kenya e dalla Tanzania
 
(Epa/S. Morrison)
Milleduecentonove zanne, che significa oltre 600 elefanti uccisi per l’avorio. Intere o a pezzi (la più grande pesa 40.6 chili). È stata una delle retate d’avorio più grandi mai effettuate nella storia, quella messa in atto questa settimana dalla polizia di Hong Kong in un’operazione transfrontaliera con gli agenti di dogana della provincia cinese di Guangdong. 
 
FAGIOLI A FORMA DI ZANNA - L’avorio è arrivato al porto di Kwai Chung in due container spediti dal Kenya e dalla Tanzania, etichettati come contenenti plastica e fagioli borlotti. Avevano fatto giri tortuosi per depistare le dogane, via Emirati Arabi Uniti e Malesia. Il peso totale dell’avorio sequestrato è di 3.8 tonnellate (1.6 tonnellate in più dell’avorio sequestrato in tutto il mondo nel 2007). Avrebbero reso oltre due milioni e mezzo di euro nel ricco mercato asiatico del commercio illegale d’avorio.
«Pensiamo che una piccola porzione dell’avorio sequestrato sarebbe finito in Cina continentale, mentre il resto in altri Paesi della regione, come il Giappone e Taiwan», ha dichiarato Lam Tak-fai, capo del comando marittimo e portuale della dogana di Hong Kong. Secondo gli investigatori, i turisti asiatici importano illegalmente sempre più prodotti in avorio direttamente dall’Africa, o li spediscono via posta dalla Cina continentale per poi rivenderli nel territorio di Hong Kong. 


ORO BIANCO INSANGUINATO - Il commercio internazionale di avorio è stato bandito nel 1989 grazie a una risoluzione del CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, approvata dopo che nel decennio precedente più della metà degli elefanti africani erano stati sterminati.
Con 38.8 tonnellate di avorio sequestrato (più di 4.000 elefanti morti), l’anno scorso è stato l’anno di picco del bracconaggio di elefanti, per lo meno da quando si è iniziato un sistema di monitoraggio internazionale nel 2002. E quest’anno per i pachidermi le cose sembrano andare ancora peggio. Il traffico illegale di «oro bianco» non è mai stato così fiorente come negli ultimi anni. La richiesta d’avorio ha decimato la popolazione di elefanti africani, che è passata da circa cinque milioni d’individui nel 1940 a circa mezzo milione oggi. Il continente fa strage di elefanti: secondo le associazioni conservazioniste, il bracconaggio illegale è più attivo che in ogni altro momento nell’arco degli ultimi due decenni. E adesso è militarizzato. L’avorio è diventato come i diamanti, una delle risorse che finanziano i conflitti attraverso il continente. Noti gruppi ribelli come il Lord’s Resistance Army e i janjaweed in Darfur cacciano gli elefanti per ottenere denaro facile e comprare armi. Una caccia effettuata in territori politicamente instabili da killer professionisti – con mezzi sofisticati come gli elicotteri – a cui i pachidermi non possono sfuggire.
Secondo un reportage del New York Times , anche membri degli eserciti regolari di varie nazioni africane, come l’Uganda, il Congo e il Sud Sudan, sono coinvolti nel bracconaggio e nel traffico illegale. A peggiorare il tutto sono gli ufficiali corrotti e la povertà delle popolazioni locali: in Tanzania, per esempio, cittadini di alcuni villaggi ridotti alla miseria avvelenano le zucche che vengono messe in mezzo alla strada come esche per gli elefanti. 


DALL’AFRICA VERSO L’ASIA, PER MOTIVI RELIGIOSI – «Sangue e Avorio»: così titola l'inchiesta di copertina del National Geographic di questo mese sul mercato nero dell’avorio, e racconta come sia la religione il motore trainante della domanda di avorio: dai cristiani ai buddisti ai musulmani, sono gli oggetti, le icone e gli amuleti dei devoti a uccidere gli elefanti nel mondo. Secondo gli esperti il 70% dell’avorio trafficato illegalmente finisce in Cina, dove un’economia in crescita ha permesso alla classe media di potersi permettere questo bene di lusso del mercato nero. L’oro bianco ha raggiunto sulle strade di Pechino il prezzo stratosferico di quasi 1.000 euro al chilo, che significa che una singola zanna vale 10 volte tanto il salario medio annuale di molti Paesi africani. L’anno scorso, più di 150 cittadini cinesi sono stati arrestati in Africa per traffico d’avorio, che è particolarmente attivo nelle aree ricche di elefanti e di lavoratori edili cinesi. Prima del 1989, Hong Kong era uno dei maggiori importatori mondiali, con una vigorosa industria di manufatti d’avorio. E mentre da una parte le nazioni africane si sforzano per contrastare il traffico illegale dell’avorio (a luglio scorso i Paesi dell’Africa centrale hanno lanciato un’iniziativa comune per combattere il bracconaggio), dall’altra alcuni Stati chiedono di poter mettere in vendita l’avorio sequestrato (come successe nel 2008) per poter finanziare i programmi di protezione degli elefanti. Uno di loro è la Tanzania, che ha di nuovo chiesto ufficialmente al CITES di poter rivendere le sue cento tonnellate d’avorio in stock a Cina e Giappone. 




 
www.corriere.it

venerdì 19 ottobre 2012

TRACKING SATELLITARE: LE ROTTE DELLE BALENOTTERE DEL MEDITERRANEO
Sette balenottere, equipaggiate con un trasmettitore satellitare, possono da oggi essere seguite nei loro spostamenti in Mediterraneo dai ricercatori dell'Istituto Tethys, ma anche dal pubblico, attraverso internet. 

Il Mediterraneo ospita una popolazione di balenottere comuni che vengono studiate con regolarità ormai da oltre due decenni, soprattutto nel mar Ligure e mar di Corsica, zone che per questi grossi misticeti rappresentano i quartieri estivi di alimentazione. Diversi studi sono stati compiuti sull'utilizzo dell'habitat, sul comportamento, sulla distribuzione e sull'abbondanza delle balenottere comuni (note ai ricercatori come Balaenoptera physalus) nel Mediterraneo settentrionale in estate, mentre ben poco si sa ancora della loro destinazione invernale. In altre zone del mondo le balenottere tendono a migrare tra i quartieri estivi, in cui si alimentano, e quelli invernali dove si dedicano alla riproduzione; in Mediterraneo potrebbe avvenire qualcosa di simile, oppure, trattandosi di una popolazione sostanzialmente isolata, e di un ambiente differente da quello oceanico, gli animali si potrebbero comportare in maniera diversa; finora non è stato chiarito definitivamente se le balenottere migrano verso zone ben precise a sud o se invece si disperdono o, addirittura, rimangono a nord.

Attraverso il tracking satellitare l’Istituto Tethys sta cercando, per la prima volta, di dare una risposta a questi interrogativi, seguendo degli esemplari nei loro spostamenti al termine della stagione estiva; sette animali sono stati equipaggiati con uno speciale trasmettitore in grado di rivelarne regolarmente la posizione attraverso il sistema satellitare Argos.
Lo scopo è di ottenere informazioni di vitale importanza come l'esistenza di eventuali siti di riproduzione finora sconosciuti, l'entità degli scambi con l'Atlantico (se ve ne sono), e le eventuali rotte migratorie. In questo modo sarà possibile individuare aree che necessitano di una protezione speciale (analogamente al Santuario Pelagos, istituito per i cetacei nel Mediterraneo settentrionale). Inoltre le rotte invernali potranno essere sovrapposte alle informazioni sul traffico marittimo - a tutt'oggi le collisioni con le imbarcazioni, soprattutto di grande stazza, rappresentano una gravissima minaccia per i grandi cetacei e per questa specie in particolare.
Il progetto, che Tethys ha messo in opera per conto della Direzione Protezione Natura del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, si avvale anche della collaborazione di ricercatori dell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), dell'Università di Siena, dell’Aqualie Institute brasiliano, dell'IWC (International Whaling Commission) e del NOAA (la statunitense National Oceanic and Atmospheric Administration).  La ricerca è compiuta su specifica autorizzazione da parte degli uffici competenti di Francia, Italia e Principato di Monaco, e viene condotta nel massimo rispetto dei criteri, sia legali che etici, del benessere animale. Il sistema Argos, basato su sei satelliti orbitanti, è il più frequentemente utilizzato proprio per il tracking degli animali, e consente di ottenere dati di posizione per 12 ore al giorno in due "finestre" di sei ore ciascuna. 

La spedizione di Tethys, in mare per tutto il mese di settembre e appena terminata, ha applicato i trasmettitori tra il golfo di Genova e il mare di Corsica, seguendo  gli spostamenti degli animali in tempo reale. Ogni dispositivo è in grado di fornire (a seconda del tipo e della programmazione della trasmissione dati) da 25mila a 90mila trasmissioni, restando in attività fino a qualche mese.
“Le balenottere marcate sino ad oggi sono rimaste nella zona centrale del Santuario Pelagos, tra Sanremo e la parte settentrionale della Corsica” - spiega Simone Panigada, vice-presidente di Tethys e responsabile della ricerca – “indice del fatto che quest’area è, al momento, ancora ricca di cibo".  
Il percorso delle balenottere potrà essere seguito anche dal pubblico attraverso un sito dedicato (http://www.tethys.org/telemetry/it/index_it.htm) dove la mappa con gli spostamenti verrà aggiornata settimanalmente.

ISTITUTO TETHYS
Fondato nel 1986, l’Istituto Tethys è una organizzazione non lucrativa di utilità sociale specializzata nella ricerca sui cetacei. Basandosi esclusivamente sull’autofinanziamento, Tethys ha generato uno dei maggiori dataset sui cetacei del Mediterraneo e quasi  300 contributi scientifici.  L’Istituto Tethys è stato il primo a concepire e proporre la creazione del Santuario Pelagos in Mar Ligure, sulla base di dati scientifici raccolti in mare. 
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Tethys Research Institute
Viale G.B. Gadio 2, 20121 Milano, Italy
tel. +39 0272001947, fax +39 0286995011
tethys@tethys.org
http://www.tethys.org/

http://www.facebook.com/pages/Tethys-Research-Institute/42387346057

mercoledì 17 ottobre 2012

Le virtù del potassio


17 ottobre 2012 - L’assunzione di potassio permette di ridurre notevolmente il rischio di ictus o di malattie cardiache.
Questa sostanza così importante per l’organismo umano si può trovare nelle banane ed in altri prodotti ortofrutticoli, nel pesce, nel pollame e nei latticini. Attualmente le persone tendono ad assumere una quantità di potassio molto più bassa rispetto alle dosi raccomandate dalle autorità sanitarie.

Aumentare il consumo di questa sostanza, però, permette di evitare gravi problemi di salute come l’ictus ed i disturbi cardiovascolari. 

Lo studio con cui è stata dimostrata l’importanza del potassio per l’uomo è stato condotto su un totale di quasi 250.000 persone. Coloro che assumevano abitualmente 1,64 grammi o più di potassio al giorno presentavano una riduzione del rischio di ictus del 21% ed una sensibile riduzione della possibilità di soffrire di malattie cardiache.Occorre consumare 5 o più porzioni di frutta e verdura al giorno per raggiungere la giusta quantità di potassio necessaria per ottenere questo effetto protettivo.

La spiegazione di quest’ultimo si può ricondurre al fatto che il potassio è in grado di ridurre la pressione sanguigna nei soggetti ipertesi ed in quelli che assumono elevate quantità di sodio.
Inoltre, l’assunzione di questa sostanza sembrerebbe essere anche in grado di rallentare il processo di aterosclerosi e di prevenire l’ispessimento delle pareti delle arterie, spesso responsabili dell’insorgenza di malattie cardiache.

domenica 14 ottobre 2012

Orso marsicano: Tar conferma decreto, sospesa la caccia nell’area orso fino a giugno
Il Tar ha confermato il decreto che sospende la caccia nelle aree critiche per l'orso marsicano. L'assessore Mauro Febbo ha dichiarato che ricorrerà al Consiglio di Stato

Dopo il ricorso del WWF, il TAR ha confermato il precedente decreto sospendendo fino a giugno la caccia nelle aree dell’orso: nella Zona di Protezione Esterna del Parco e nei Siti di Importanza Comunitaria dove è stata accertata la presenza dell’orso secondo la cartografia dell’apposito Piano per la Tutela dell’Orso Marsicano (PATOM).


Foto: Franco Cera
La caccia è dunque sospesa nella Zona di Protezione Esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo e nei Siti di Importanza Comunitaria in cui è stata accertata la presenza dell’orso. Il provvedimento del Tar arriva dopo il ricorso del WWF e degli Animalisti Italiani che avevano criticato il Calendario Venatorio di quest’anno.
Il calendario Venatorio quest’anno, per le aree riguardanti l’orso marsicano, era stato redatto in parte anche sulla base dei dati forniti da un apposito tavolo tecnico. Il tavolo tecnico è la prima azione prevista dal PATOM messa in pratica, se si escludono le azioni del progetto europeo Life Arctos dedicato all’orso. Il WWF aveva però criticato sia la procedura per la costituzione del tavolo, affidata dal Ministero dell’Ambiente alla Regione Abruzzo, sia il modo in cui sono stati condotti i lavori dall’ufficio preposto dell’Assessorato alle Politiche agricole e di Sviluppo rurale. L’assessore Mauro Febbo ha già dichiarato al Centro.it che ricorrerà al Consiglio di Stato.
E’ stata  accolta la richiesta sul non utilizzo di pallini con piombo così come richiesto dall’associazione ambientalista ed è inoltre è vietata la caccia a Quaglia, Tortora, Allodola, Beccaccia, Marzaiola, Beccaccino, Moriglione e Pavoncella.
E’ stato vietata la caccia a tutte le specie (quindi l’attività venatoria è vietata completamente) nelle decine di Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale presenti nella regione Abruzzo.
Dichiara Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia: “Oggi è un gran bel giorno per la fauna abruzzese. Vengono accolte dalla magistratura amministrativa le nostre tesi. È l’ennesima sconfitta sulla caccia inanellata dalla Regione Abruzzo che su questa materia rimedia continue brutte figure. Speriamo che questa bocciatura faccia riflettere la Giunta regionale ed i partiti che la sostengono sulla necessità di gestire l’attività venatoria in maniera corretta, ritirando, ad esempio, l’atto con il quale è stata recentemente aperta la strada alla caccia di cervi e caprioli nella nostra regione”.  

"Redazione di Gaianews.it" il 13.10.2012
Caccia, rarissimi Ibis nel mirino dei bracconieri


Caccia, rarissimi Ibis nel mirino dei bracconieri 
Un Ibis ucciso e due gravemente feriti in pochi giorni. E' allarme bracconaggio a Livorno, dove la Lipu ha segnalato tre casi di Ibis eremita neri, animali estinti in Europa e oggetto di un progetto di reintroduzione, bersaglio della caccia illegale. Ieri un esemplare era stato colpito alle zampe e alle ali ed è ancora grave in clinica veterinaria. Oggi altri due casi con un uccello che è stato ucciso e l'altro in gravissime condizioni.
"I nostri amici austriaci che seguivano gli ibis grazie al segnalatore GPS e si occupano di reintrodurre gli Ibis in Italia sembrerebbe siano stati ostacolati durante il recupero degli stessi animali feriti, molto probabilmente dagli stessi bracconieri che li hanno colpiti - dichiara il presidente della LIPU Fulvio Mamone Capria - Un gesto grave che dovrà essere approfondito dagli investigatori al fine di valutare la possibilità di risalire ai responsabili. La LIPU chiede che vengano potenziati i controlli di polizia venatoria da subito e, laddove venissero individuati i colpevoli, ha dato mandato ai propri legali per essere parte civile nel processo"
 "C'è un indignazione che sta nascendo a livello internazionaleper questo gesto di incredibile crudeltà - continua Mamone Capria - uccelli rarissimi, testimonial di un progetto internazionale di reintroduzione nel nostro paese, vittime della ferocia di "sparatori" senza anima. "Chiederemo al ministero dell'Interno di attivare azioni specifiche di contrasto al bracconaggio e al Parlamento di occuparsi del tema dell'aumento delle pene per chi viola la legge sulla tutela della fauna. Siamo di fronte ad un'emergenza seria e vanno previste risposte urgenti ed efficaci per difendere la nostra fauna selvatica di fronte alla follia del bracconaggio".

http://firenze.repubblica.it/

domenica 7 ottobre 2012

Lodi L'ex ministro Brambilla: illegittimo, non ci fermeremo
Cani al guinzaglio nei parchi
La rivolta contro i divieti


LODI - I quattro zampe entrano nel teatro antico di Orange, corrono liberi nel leggendario Hyde Park di Londra. Mentre nel Bel Paese, sempre più città vietano loro anche la semplice passeggiata con guinzaglio e museruola. Da Lodi, ieri mattina, è però partita la rivolta animalista contro i sindaci che con ordinanze o regolamenti del verde mettono limiti alla libertà di sgambata degli amici pet, guidata dall'onorevole Michela Vittoria Brambilla, che già da ministro del Turismo aveva firmato con l'Anci un accordo per favorire l'accesso dei cittadini accompagnati da animali d'affezione a tutti i luoghi pubblici e aperti al pubblico, compresi gli uffici e i mezzi di trasporto pubblico. Un incredibile numero di cittadini battaglieri ha sfilato per il centro con i propri animali al seguito lungo le vie della città, attraverso zone proclamate off limits per i quattrozampe dal regolamento di polizia urbana, insieme con Lav e Amici Animali. Zone rosse di Lodi, vietate ai pet, sono il Parco Isola Carolina e i giardini intitolati al Barbarossa, che fondò la cittadina della Bassa, divenuti dopo un importante restauro il luogo simbolo del passeggio in città, e da quel momento resi off limits per i quattro zampe. Pena una sanzione da 25 a 500 euro.

Non che nella cittadina di 45 mila anime manchino verde, parchi, luoghi dove far correre liberi i propri cani. Di parchi ce n'è oltre una trentina. E il sindaco di Lodi, Lorenzo Guerini, difende il divieto «perché è una decisione del consiglio comunale. Non una ordinanza del sindaco. E solo il Consiglio può decidere di tornare indietro». Certo, appare paradossale che i cani siano i benvenuti nelle Grotte di Frasassi o alla Pinacoteca di Jesi, ma trovino cancelli chiusi in un polmone verde di città. «La legge dello Stato e il buon senso sono dalla nostra parte. Non ci fermeremo - annuncia l'onorevole Brambilla -. Questi divieti sono illegittimi». Il mondo degli animalisti è convinto che «l'educazione civica non passi da ordinanze e divieti». A dirlo è Gianluca Felicetti, presidente nazionale Lav, che in tema di divieti su temi analoghi ha vinto più d'una battaglia. Prima di Lodi ha provato il piccolo comune di Crodo a chiudere fuori i cani dai giardini pubblici. Partita persa davanti al Tar del Piemonte.


Paola D'Amico

7 ottobre 2012

www.corriere.it

giovedì 4 ottobre 2012

"Teste di cuoio" a difesa dei rinoceronti

4 ottobre 2012 - Nuova Delhi - Le autorità indiane hanno deciso di inviare un commando di 100 'teste di cuoio' a protezione dei rinoceronti del parco di Kaziranga, nello Stato nord orientale dell'Assam, dove si è registrato un aumento record del bracconaggio dopo le recenti inondazioni. Lo riferisce l'agenzia Ians.
Il governo locale ha dispiegato una squadra della forza paramilitare di elite dell'Assam Forest Protection Force (Afpf) per sorvegliare i rari animali e impedire gli attacchi dei trafficanti dei preziosi corni molto ricercati in Asia per i presunti poteri afrodisiaci. Si tratta di un reparto addestrato per operare nelle foreste per la tutela della fauna e flora. Nella riserva protetta di Kaziranga vivono 2.505 rinoceronti unicorno ed è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Secondo statistiche ufficiali, dall'inizio dell'anno sono morti 39 pachidermi a causa del bracconaggio e degli allagamenti delle scorse settimane.

(ANSA)
Un weekend 'osservando' la migrazione autunnale
Eurobirdwath 2012, sabato 6 e domenica 7, in 70 oasi italiane


4 ottobre 2012 - Un weekend con il naso all'in su' per osservare e ammirare gli uccelli selvatici, la natura e lo spettacolo della migrazione. Torna, sabato 6 e domenica 7 in 70 oasi italiane, Eurobirdwatch il piu' grande evento dedicato al birdwatching organizzato dalla LIPU-BirdLife Italia in collaborazione con Il Corpo forestale dello Stato.
''L'Eurobirdwatch - dichiara Fulvio Mamone Capria, presidente LIPU - e' un evento non solo per gli appassionati ornitologi, ma anche per le famiglie che vogliono avere un primo approccio con la conoscenza della natura attraverso l'osservazione degli uccelli migratori. Conoscere la natura vuol dire sensibilizzare alla tutela dell'ambiente e alla necessita' di un modo di vivere e di consumare risorse piu' sostenibile''.
Settanta le aree ad alto valore naturalistico che apriranno le porte in occasione dell'evento, tra cui 28 oasi e riserve della LIPU (dalla Riserva Palude Brabbia, in provincia di Varese, all'Oasi Ca' Roman, nella laguna di Venezia, fino all'Oasi di Carloforte, in Sardegna), 26 riserve naturali gestite dal Corpo forestale dello Stato e altri 20 'paradisi' del birdwatching scelti dai volontari delle sezioni LIPU (tra cui la foce dell'Isonzo in Friuli-Venezia Giulia, le saline di Margherita di Savoia in Puglia, la Riserva dei Pantani della Sicilia Sud orientale).

Tra le specie piu' facili da vedere la LIPU segnala, nelle zone umide, numerose specie di aironi come la garzetta, l'airone cenerino, l'airone bianco maggiore e la nitticora e inoltre rapaci come il falco di palude e lo sparviere, mentre negli habitat boschivi si potranno osservare molte specie di passeriformi, da quelle comuni come pettirossi, merli, fringuelli e verdoni a quelle piu' rare e localizzate quali il passero solitario, il basettino e il forapaglie castagnolo.

Il programma completo di tutti gli eventi e' disponibile sul sito www.lipu.it, mentre per facilitare il riconoscimento delle specie e' possibile scaricare gratuitamente alla pagina http://www.lipu.it/birdwatching/?utm_source=banner&utm_medium=banner&utm_term=banner&utm_content=birdwatching&utm_campaign=birdwatching una Guida per il riconoscimento delle 120 specie di uccelli piu' facili da osservare.

(foto LIPU)

ANSA

mercoledì 3 ottobre 2012

Vacche a terra, "UE segue il caso"

Bruxelles, 3 ottobre 2012 - “Il fenomeno delle mucche a terra è terribile quanto frequente in un'industria alimentare che tratta il benessere degli animali come un optional. Ho denunciato la situazione alla Commissione nel novembre 2011, due mesi dopo essere diventato eurodeputato, in seguito ai maltrattamenti denunciati in provincia di Vicenza”. E' il commento di Andrea Zanoni all'ultimo caso di “mucche a terra” registrato dall'inviato di Striscia la Notizia Edoardo Stoppa in un macello in provincia di Mantova (VIDEO). “In quell'occasione la Commissione rispose di essere al corrente di questi terribili casi e di stare lavorando sulla strategia da adottare”.

Il Commissario Ue responsabile per il Benessere degli animali John Dalli rispose all'interrogazione di Zanoni riferendo che “l'Ufficio alimentare e veterinario europeo UAV ha ispezionato l'Italia nel marzo 2010” e che visto che “sulle condizioni degli animali rimanevano problemi”, “si era raccomandato alle autorità italiane di adottare azioni appropriate per porre rimedio alla situazione” . Il Commissario Dalli aveva concluso che “la relazione di tale audit non è stata ancora completata”.

“La tutela delle mucche da latte può essere assicurata solo da una specifica normativa inserita nella nuova strategia Ue per il Benessere degli animali 2012-2015 – attacca Zanoni - Attualmente queste mucche sono iper sfruttate con conseguenze negative per il loro stato di salute e di conseguenza anche per la qualità del latte consumato dai cittadini”. A questo riguardo Zanoni, aveva presentato una seconda interrogazione alla Commissione insieme ai colleghi Pavel Poc (ceco, socialista) e Kriton Arsenis (greco, socialista) lo scorso luglio. “Troppi i casi di animali allevati in condizioni precarie e trasportati senza alcun riguardo come dimostrano i casi delle mucche a terra in Italia. Ci vuole una direttiva europea specifica affinché simili episodi non si verifichino mai più”. 


http://www.animalieanimali.it

martedì 2 ottobre 2012

In 27 anni persa meta' grande barriera corallina
Colpa dei cicloni e della stella marina corona di spine che mangia i polipi dei coralli

La grande barriera corallina02 ottobre 2012 - La Grande barriera corallina, al largo dell'Australia, ha perso meta' dei sui banchi di corallo negli ultimi 27 anni: la scoperta, pubblicata sulla rivista dell'Accademie delle Scienze degli Stati Uniti, si deve a uno studio coordinato dall'Istituto di Scienze Marine Australiano (Aims) a Townsville. Tre sono le cause di questa perdita: i danni causati dai cicloni (48%), la stella marina corona di spine (Acanthaster planci), che si nutre dei polipi dei coralli (42%), e lo sbiancamento dei coralli (10%) dovuto soprattutto all'aumento delle temperature degli oceani.
La Grande barriera corallina (Great Barrier Reef) e' la barriera di corallo piu' grande del mondo: ''se la tendenza della perdita proseguira' - rileva uno dei ricercatori, Peter Doherty - i banchi di corallo potrebbe dimezzarsi ancora entro il 2022''. Interessante notare, prosegue l'esperto, che le perdite variano a seconda delle regioni: ''nel nord della Grande barriera corallina i banchi di corallo sono rimasti relativamente stabili, mentre nelle regioni meridionali la perdita e' piu' drammatica, in particolare negli ultimi dieci anni quando le tempeste hanno devastato molti banchi di corallo''.
Gli intensi cicloni tropicali hanno causato enormi danni soprattutto ai banchi nelle regioni centrali e lo sbiancamento riguarda le parti settentrionali e centrali della grande barriera, mentre la stella marina corona di spine sta colonizzando tutta la barriera corallina. La scoperta, prosegue Doherty, ''si basa sul piu' completo monitoraggio di una barriera corallina mai effettuato. Il programma e' iniziato nel 1985, i nostri ricercatori hanno trascorso piu' di 2.700 giorni in mare e abbiamo investito 50 milioni di dollari in questo programma''.
''Non possiamo fermare le tempeste e il riscaldamento dell'oceano (la prima causa di sbiancamento dei coralli) che e' uno degli effetti del cambiamento climatico globale'', afferma John Gunn dell'Istituto di Scienze Marine Australiano. ''Tuttavia – aggiunge - possiamo ridurre l'impatto della corona di spine. Lo studio dimostra che in assenza di questi parassiti, i banchi di corallo aumenterebbe dell'0,89% annuo, quindi, anche con perdite causate dai cicloni e dallo sbiancamento, ci dovrebbe essere una lenta ripresa''.

ANSA

lunedì 1 ottobre 2012

Il dibattito
I veri effetti degli Omega-3 su cuore e vasi
Quando e a quali dosi possono essere indicati questi acidi grassi. Uno studio riapre la discussione sulla loro utilità

MILANO - Gli acidi grassi omega-3 sono uno dei motivi per cui fin da piccoli ci viene raccomandato di mangiare tanto pesce: salmoni e simili ne sono un vero concentrato. Abbiamo imparato a conoscerli perché negli ultimi anni innumerevoli ricerche hanno decantato le loro virtù: ideali per un buon funzionamento del cervello, buoni per rafforzare il sistema immunitario, ottimi soprattutto per scongiurare guai al cuore. Tanto che sugli scaffali dei supermercati hanno iniziato a comparire non pochi prodotti "fortificati" con omega-3. Ora arriva quella che a prima vista sembra una doccia fredda: sul Journal of the American Medical Association Evangelos Rizos, dell'università greca di Ioannina, ha pubblicato dati secondo cui fare uso di supplementi a base di omega-3 non servirebbe a ridurre il rischio di problemi a cuore e vasi, né inciderebbe in alcun modo sulla mortalità generale o su quella legata a eventi cardiovascolari.

GUARDA - Omega-3, dove trovarli
 
IL COMMENTO - Lo studio è una metanalisi, ovvero la revisione di 20 ricerche precedenti sull'argomento, che hanno coinvolto quasi 70mila persone; con questo tipo di analisi i ricercatori cercano di dare indicazioni chiare e in qualche modo "definitive", perché mettere assieme così tanti pazienti aiuta a trarre conclusioni che hanno la forza dei grandi numeri. Ecco perché il verdetto negativo emerso considerando i più grossi studi sul tema omega-3 e cuore colpisce molto. Ma è davvero l'epitaffio per questi acidi grassi considerati tanto preziosi? «Le metanalisi sono strumenti utili, a patto di essere condotte senza paragonare studi troppo dissimili o servirsi di "trucchi" statistici - commenta Andrea Poli, direttore del Centro Studi dell'Alimentazione Nutrition Foundation of Italy -. In questo caso ad esempio in metà degli studi inclusi nella revisione sono stati utilizzati dosaggi di omega-3 troppo bassi rispetto a quelli che hanno dimostrato un effetto protettivo sul cuore: sappiamo che per ridurre il rischio di aritmie serve almeno un grammo di omega-3 al giorno, qui in gran parte dei casi si sono usate dosi inferiori. Inoltre mediamente i pazienti sono stati seguiti per un paio di anni, ma per valutare effetti su infarti, ictus o mortalità diversa dalla morte improvvisa occorrerebbe protrarre l'osservazione per almeno quattro o cinque anni; infine, in realtà, a ben guardare, i dati vanno tutti nella direzione di una riduzione del rischio grazie agli omega-3».

I NUMERI - In effetti leggendo lo studio si scopre che la probabilità di morte cardiaca, morte improvvisa e infarto diminuisce dal 9 al 13% con i supplementi di omega-3, mentre la mortalità per qualsiasi causa solo del 4% (ma si tratta di un "calderone" dove finisce tutto, in cui difficilmente si riesce a capire il ruolo di un singolo fattore); solo per l'ictus c'è un minimo incremento del rischio, compatibile però con gli effetti antiaggreganti di uno degli omega-3, l'acido eicosapentaenoico o EPA, che potrebbe favorire gli ictus emorragici pur proteggendo da quelli trombotici. Nonostante tutto ciò il ricercatore greco, dopo aver impiegato parametri statistici di "aggiustamento" e correzione dei dati, considera l'effetto protettivo troppo parziale e non significativo. Viene da pensare, allora, che forse la verità stia in mezzo e non abbia molto senso dire che gli omega-3 non funzionano, così come non ce l'ha affermare che siano "miracolosi".

DIFFERENZE - «Come nel caso dei farmaci, l'effetto degli omega-3 può essere diverso a seconda delle caratteristiche del paziente e sarà tanto maggiore quanto più sono presenti elementi su cui il meccanismo di azione degli acidi grassi può incidere - interviene Roberto Marchioli del Laboratorio di Epidemiologia Clinica delle Malattie Cardiovascolari del Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro (CH), fra gli autori dello studio GISSI-Prevenzione che nel 1999 dimostrò un netto effetto protettivo degli omega-3 per prevenire un secondo infarto aprendo la strada alle ricerche in questo campo -. Sappiamo ad esempio che gli omega-3 prevengono le aritmie: se dati a un paziente con scompenso difficilmente porteranno un vantaggio consistente, visto che in questi malati la componente aritmica è piccola. Diverso è il caso della morte improvvisa, che molto spesso è dovuta ad aritmie e sulla quale gli omega-3, infatti, incidono in maniera positiva. Gli omega-3, per quanto sappiamo dalle ricerche precedenti, oltre a ridurre le aritmie diminuiscono la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, aumentando la capacità di contrazione del cuore. L'effetto positivo quindi c'è, ma il beneficio oggettivo dipende dalle caratteristiche cliniche dei pazienti a cui vengono dati».

TERAPIE - Negli studi più recenti, ad esempio, difficilmente la protezione del cuore con gli omega-3 è risultata eclatante perché oggi ci sono a disposizione terapie del post-infarto e per il controllo dei fattori di rischio molto efficienti, a base di anticoagulanti e statine. «Se un paziente prende farmaci come questi l'azione degli omega-3 può passare più "inosservata". Tuttavia agli studi partecipano soggetti selezionati e l'aderenza alle cure è molto alta: nel mondo reale la faccenda è ben diversa - osserva Marchioli -. Nel nostro Paese ad esempio l'accesso alle terapie non è uguale ovunque, l'angioplastica in emergenza non c'è dappertutto e di fatto molti pazienti sono in condizioni simili a quelli che studiavamo quasi quindici anni fa, nel nostro studio di prevenzione con gli omega-3: in queste situazioni quindi c'è ancora un buon margine per usare questi acidi grassi e trarne beneficio". Magari anche per ridurre i trigliceridi: «Aumentando la dose fino a due, tre grammi al giorno si può arrivare a un calo di questi grassi nel sangue fino al 40%», segnala Poli.

PERSONE SANE - «Bisogna tuttavia sottolineare che molte delle ricerche in questo campo si sono occupate di prevenzione secondaria, ovvero di un uso degli omega-3 in pazienti che hanno già avuto danni cardiovascolari - aggiunge Gian Luigi Russo dell'Istituto di Scienza dell'Alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Avellino -. Gli effetti positivi più evidenti sono stati dimostrati solo in questi casi, anche perché è molto difficile disegnare e finanziare studi per verificare gli effetti degli omega-3 in persone sane: dovremmo coinvolgere migliaia di partecipanti monitorandoli per anni, per poi misurare gli eventuali vantaggi in termini di ridotto rischio di eventi cardiovascolari gravi rispetto a chi non li ha presi. Per questo a oggi non ci sono indicazioni forti per consigliare i supplementi di omega-3 a persone sane: chi non ha problemi specifici e prende una capsula di omega-3 per sentirsi più protetto dall'infarto potrebbe piuttosto portare in tavola il pesce due, tre volte alla settimana».

CONFLITTI D'INTERESSE
Fra gli esperti intervistati Claudio De Felice e Gian Luigi Russo dichiarano di non avere conflitti di interesse relativi all’argomento trattato; Andrea Poli dichiara di essere consulente per il Norwegian Seafood Council in merito agli effetti del salmone sulla salute; Roberto Marchioli dichiara di aver ricevuto compensi per la partecipazione a congressi da Ferrer, Pronova, SPA e Sigma-Tau