Seicento elefanti uccisi per l'avorio
Maxi-sequestro ad Hong Kong
Scoperte 3.8 tonnellate del prezioso materiale in due container spediti dal Kenya e dalla TanzaniaFAGIOLI A FORMA DI ZANNA - L’avorio è arrivato al porto di Kwai Chung in due container spediti dal Kenya e dalla Tanzania, etichettati come contenenti plastica e fagioli borlotti. Avevano fatto giri tortuosi per depistare le dogane, via Emirati Arabi Uniti e Malesia. Il peso totale dell’avorio sequestrato è di 3.8 tonnellate (1.6 tonnellate in più dell’avorio sequestrato in tutto il mondo nel 2007). Avrebbero reso oltre due milioni e mezzo di euro nel ricco mercato asiatico del commercio illegale d’avorio.
«Pensiamo che una piccola porzione dell’avorio sequestrato sarebbe finito in Cina continentale, mentre il resto in altri Paesi della regione, come il Giappone e Taiwan», ha dichiarato Lam Tak-fai, capo del comando marittimo e portuale della dogana di Hong Kong. Secondo gli investigatori, i turisti asiatici importano illegalmente sempre più prodotti in avorio direttamente dall’Africa, o li spediscono via posta dalla Cina continentale per poi rivenderli nel territorio di Hong Kong.
ORO BIANCO INSANGUINATO - Il commercio internazionale di avorio è stato bandito nel 1989 grazie a una risoluzione del CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, approvata dopo che nel decennio precedente più della metà degli elefanti africani erano stati sterminati.
Con 38.8 tonnellate di avorio sequestrato (più di 4.000 elefanti morti), l’anno scorso è stato l’anno di picco del bracconaggio di elefanti, per lo meno da quando si è iniziato un sistema di monitoraggio internazionale nel 2002. E quest’anno per i pachidermi le cose sembrano andare ancora peggio. Il traffico illegale di «oro bianco» non è mai stato così fiorente come negli ultimi anni. La richiesta d’avorio ha decimato la popolazione di elefanti africani, che è passata da circa cinque milioni d’individui nel 1940 a circa mezzo milione oggi. Il continente fa strage di elefanti: secondo le associazioni conservazioniste, il bracconaggio illegale è più attivo che in ogni altro momento nell’arco degli ultimi due decenni. E adesso è militarizzato. L’avorio è diventato come i diamanti, una delle risorse che finanziano i conflitti attraverso il continente. Noti gruppi ribelli come il Lord’s Resistance Army e i janjaweed in Darfur cacciano gli elefanti per ottenere denaro facile e comprare armi. Una caccia effettuata in territori politicamente instabili da killer professionisti – con mezzi sofisticati come gli elicotteri – a cui i pachidermi non possono sfuggire.
Secondo un reportage del New York Times , anche membri degli eserciti regolari di varie nazioni africane, come l’Uganda, il Congo e il Sud Sudan, sono coinvolti nel bracconaggio e nel traffico illegale. A peggiorare il tutto sono gli ufficiali corrotti e la povertà delle popolazioni locali: in Tanzania, per esempio, cittadini di alcuni villaggi ridotti alla miseria avvelenano le zucche che vengono messe in mezzo alla strada come esche per gli elefanti.
DALL’AFRICA VERSO L’ASIA, PER MOTIVI RELIGIOSI – «Sangue e Avorio»: così titola l'inchiesta di copertina del National Geographic di questo mese sul mercato nero dell’avorio, e racconta come sia la religione il motore trainante della domanda di avorio: dai cristiani ai buddisti ai musulmani, sono gli oggetti, le icone e gli amuleti dei devoti a uccidere gli elefanti nel mondo. Secondo gli esperti il 70% dell’avorio trafficato illegalmente finisce in Cina, dove un’economia in crescita ha permesso alla classe media di potersi permettere questo bene di lusso del mercato nero. L’oro bianco ha raggiunto sulle strade di Pechino il prezzo stratosferico di quasi 1.000 euro al chilo, che significa che una singola zanna vale 10 volte tanto il salario medio annuale di molti Paesi africani. L’anno scorso, più di 150 cittadini cinesi sono stati arrestati in Africa per traffico d’avorio, che è particolarmente attivo nelle aree ricche di elefanti e di lavoratori edili cinesi. Prima del 1989, Hong Kong era uno dei maggiori importatori mondiali, con una vigorosa industria di manufatti d’avorio. E mentre da una parte le nazioni africane si sforzano per contrastare il traffico illegale dell’avorio (a luglio scorso i Paesi dell’Africa centrale hanno lanciato un’iniziativa comune per combattere il bracconaggio), dall’altra alcuni Stati chiedono di poter mettere in vendita l’avorio sequestrato (come successe nel 2008) per poter finanziare i programmi di protezione degli elefanti. Uno di loro è la Tanzania, che ha di nuovo chiesto ufficialmente al CITES di poter rivendere le sue cento tonnellate d’avorio in stock a Cina e Giappone.
22 ottobre 2012
www.corriere.it
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