martedì 26 giugno 2012

le ricerche sugli uccelli
«Gli uccelli riconoscono voci e volti»
Studi in Austria e negli Stati Uniti su piccioni e corvi


MILANO - Una nuova ricerca dimostra come gli uccelli siano in grado di riconoscere i volti delle persone con le quali sono più frequentemente in contatto e come sappiano riconoscere le loro voci. Lo studio è stato condotto da ricercatori dell’Università di Lincoln, nel Regno Unito e dell'Università di Vienna, che hanno lavorato con piccioni e corvi in due sperimentazioni diverse.

RICONOSCIUTI DALLE FACCE - Il primo studio, pubblicato dalla rivista Avian Biology Research, ha evidenziato come i piccioni, in modo credibile, possano discriminare tra esseri umani familiari e non familiari, e come usino i tratti facciali per distinguere una persona da un’altra.
Il team ha prima addestrato un gruppo di piccioni a riconoscere la differenza tra le fotografie di oggetti familiari e le fotografie di oggetti sconosciuti. A questi piccioni poi sono state mostrate le fotografie di coppie di facce umane. Una faccia era di una persona con la quale gli uccelli erano spesso a contatto, mentre l'altra era di un’altra persona che non avevano mai visto prima. Lo stesso è stato fatto con un gruppo di controllo di uccelli non addestrati precedentemente a riconoscere oggetti familiari. Il risultato è che gli uccelli del gruppo sperimentale sono stati in grado di riconoscere e classificare le persone familiari utilizzando solo i loro volti, mentre gli uccelli senza addestramento preliminare non sono riusciti a farlo. Questo significa che i piccioni possono discriminare tra le persone familiari e sconosciute e possono farlo unicamente utilizzando le loro caratteristiche facciali.

I VANTAGGI- «Tali processi cognitivi avanzati - spiega Anna Wilkinson della School of Life Sciences di Lincoln, a capo della ricerca - erano stati osservati raramente nei piccioni e suggeriscono che non solo gli uccelli sanno riconoscere i singoli esseri umani ma anche che essi sanno con chi hanno a che fare . Per esempio se questi esseri umani li nutrono o danno loro la caccia: qualcosa che potrebbe essere molto importante per la loro sopravvivenza. Conoscere gli individui e agire in modo appropriato per essi è enormemente vantaggioso».

I CORVI RICONOSCONO LA VOCE - In un’altra ricerca, pubblicato dalla rivista Animal Cognition, il team ha studiato la capacità delle cornacchie di distinguere tra le voci degli esseri umani familiari e non familiari, e le chiamate delle taccole, ossia individui etero specifici, cioè diversi dalla propria specie. Una ricerca precedente si è concentrata sulla capacità dei corvi di riconoscere e comunicare con la propria specie. È risultato che i corvi hanno risposto significativamente più spesso a voci umane non familiari che familiari e, al contrario, hanno risposto più frequentemente alle chiamate delle taccole familiari che non a quelle di taccole sconosciute.
Secondo i ricercatori i risultati forniscono la prima prova che gli uccelli possono discriminare tra individui etero specifici familiari e non familiari utilizzando stimoli uditivi.

Massimo Spampani

26 giugno 2012

www.corriere.it

martedì 19 giugno 2012

FRISELLE cibo dei mercanti navigatori

Capolavoro della tradizione gastronomica pugliese, la frisella assomiglia ad una ciambella croccante. Pare che le sue origini risalgano a circa il X sec. a.C., all’epoca della civiltà Fenicia, quando i mercanti durante le loro navigazioni erano soliti consumare ciambelle scure di grano ammorbidite con acqua di mare e insaporite con olio d’oliva.
La frisella è sopravvissuta nel corso dei secoli non solo grazie alla sua bontà, ma anche per ragioni economiche. In passato una pagnotta si conservava per oltre una settimana, e gli eventuali avanzi non venivano gettati, ma fatti abbrustolire nei forni o sulla brace del camino. Al momento di essere consumati, questi tozzetti di pane erano inumiditi con una spruzzata d’acqua, e conditi con olio e verdure, oppure spolverati di zucchero.
Oggi le friselle si sono “arricchite”, oltre a quelle tradizionali, si possono trovare friselle di grano duro, d’orzo, di farina integrale.
La loro preparazione è la stessa con tutte le farine: si modellano dei cilindri di pasta che vengono chiusi a ciambella; dopo una parziale cottura a legna i pani, ancora tiepidi, sono sezionati con uno spago in dischi ruvidi dalla superficie irregolare; infine le friselle vengono nuovamente infornate, a temperatura inferiore rispetto alla precedente, per la fase della biscottatura.

Leggi news pane Puglia
http://www.taccuinistorici.it

sabato 16 giugno 2012

Bere latte favorisce l'insorgenza di malattie intestinali




16 giugno 2012 - L’eccessivo quantitativo di grassi che assumiamo sempre più, quotidianamente, con la dieta sta notevolmente alterando le nostre capacità digestive, anche degli alimenti più sani e facilmente digeribili. Ciò comporta, di conseguenza, un “arricchimento” ed evoluzione di nuovi batteri all’interno della flora batterica autoctona, che iniziano a svilupparsi nel nostro intestino. Il sempre maggiore numero di malattie a livello intestinale sembrerebbe dovuto a questo: il cambio dell’equilibrio e del bilanciamento della nostra flora batterica, che, in Gran Bretagna, dicono i ricercatori, è tipico di una persona su 350.

Malattie come il morbo di Chron o la colite ulcerosa sono proprio causate da un’infiammazione degli intestini e causano spesso sintomi tra cui crampi addominali e dissenteria. Alcuni ricercatori dell’Università di Chicago hanno studiato gli effetti della variabilità dell’alimentazione in due gruppi di ratti, entrambi alimentati con una dieta ricca in grassi. Solo che mentre il primo gruppo si cibava di grassi polinsaturi, il secondo assumeva grossi quantitativi di latte, contenente grassi saturi.

Ed è proprio nel secondo gruppo che si notavano più disturbi intestinali, in quanto, essendo tali grassi molto più difficili e pesanti da digerire, l’intestino doveva riempirsi di una quantità maggiore di bile, alterando, appunto, l’equilibrio della flora batterica autoctona. La colpa è soprattutto di un batterio, il Bilophila wadsworthia, tipico dell’ingestione di grassi saturi, che si moltiplica così tanto da rappresentare ben il 6% di tutta la flora batterica intestinale, con le conseguenze che abbiamo appena visto.

Via | Telegraph
Foto | Flickr

www.benessereblog.it

giovedì 14 giugno 2012

Arriva il genoma del bonobo

14 giugno 2012 - Mancava solo lui all'appello, ma ora, dopo lo scimpanzé, l'orango e il gorilla, anche il bonobo non ha più segreti: il genoma dell'ultima grande scimmia è stato infatti svelato. Il dna sequenziato appartiene a Ulindi, una femmina di Pan paniscus ospitata presso lo zoo di Lipsia (Germania) e mostra come, in termini di differenze genetiche, la nostra specie sia ugualmente distante dai bonobo e dagli scimpanzé considerati i nostri due parenti più prossimi. A condurre lo studio, presentato sulle pagine di Nature, sono stati i ricercatori del Max Plank Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia guidati da Kay Prüfer.

L'analisi comparativa dei genomi tra le tre specie mostra infatti come quella umana differisca da bonobo e scimpanzé comune (Pan troglodytes) di uno stesso 1,3 per cento. Anche se, come spiegano gli scienziati, quel che separa gli umani dagli scimpanzé e quello che invece li differenzia dai bonobo è diverso. Ovvero, per alcuni tratti somigliamo solo a uno dei parenti, per altri invece solo all'altro. Ma non solo. Infatti, confrontando tra loro i genomi, i ricercatori hanno scoperto che per un 3 per cento il genoma umano è più vicino a quello del bonobo o dello scimpanzé di quanto i due (evolutivamente più vicini, ma da un punto di vista comportamentale abbastanza diversi) lo siano tra loro.

Messa da parte la specie umana dalle analisi comparative, gli scienziati hanno stabilito come le distanze evolutive tra bonobo e scimpanzé corrispondano allo 0,4 per cento di differenze tra i loro genomi. Accumulate nei circa due milioni di anni trascorsi dalla loro separazione, avvenuta forse, spiegano gli autori, in seguito a un distacco fisico. Quello determinato dalla formazione del fiume Congo, nell'Africa centrale, che tracciando un confine avrebbe anche separato i progenitori delle due grandi scimmie, entrambe presenti di fatto nella zona, ma al di qua e al di là del corso d'acqua. Portando così alla formazione di due diverse specie.

Agli scienziati spetta ora il compito di spulciare nella sequenza di basi, cercando di capire se le differenze e le somiglianze genetiche osservate tra i bonobo, gli scimpanzé e la nostra specie siano legate a quelle comportamentali.

di Anna Lisa Bonfranceschi

via wired.it

Credit immagine a Tambako the Jaguar / Flickr

www.galileonet.it


domenica 10 giugno 2012

Petrolio in fiume a Genova, aperta inchiesta
Arpal, in acqua 4 mila litri gasolio. Capitaneria pattuglia costa

GENOVA, 10 giugno 2012 - La procura di Genova ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di inquinamento ambientale in merito allo sversamento di gasolio nel torrente Polcevera avvenuto ieri sera a causa della rottura di una conduttura situata proprio all'interno del torrente.

La motovedetta della Guardia Costiera, che lavora in sinergia con il battello del ministero dell'Ambiente, sta pattugliando il tratto di costa per controllare se ci possano essere o meno tracce di inquinamento. Secondo una prima stima di Arpal sarebbero stati sversati dalle condutture almeno 4 mila litri di gasolio.

ANSA

mercoledì 6 giugno 2012

Olio di palma: perché e' dannoso per la salute e per l'ambiente

05 Giugno 2012 13:06

olio di palma

Chi ha l'abitudine di controllare le etichette dei prodotti alimentari prima di compiere un acquisto si sarà imbattuto nella dicitura "olio di palma" oppure "olio vegetale", che, se non seguita da una ulteriore specificazione posta tra parentesi e riguardante il tipo di olio utilizzato, potrebbe nascondere proprio quest'olio di provenienza esotica e sempre meno ben visto sia dal punto di vista salutistico che ambientale.

A lasciare particolarmente sconcertati è la diffusione del suo impiego, che abbraccia non soltanto l'industria alimentare, ma anche il mondo della cosmesi, trattandosi di un olio considerato molto versatile, oltre che disponibile sul mercato a prezzi contenuti rispetto ad altri oli vegetali maggiormente pregiati. La sua presenza negli alimenti confezionati non interessa soltanto i comuni prodotti da supermercato, ma anche i cibi biologici, tra cui si possono individuare, ad esempio. fette biscottate e biscotti per la colazione. E' necessario dunque porre una particolare attenzione alle liste degli ingredienti in qualsiasi luogo si acquisti un prodotto ed a qualsiasi marchio si faccia riferimento.

L'olio di palma, nei comuni prodotti confezionati, non manca di essere utilizzato in prodotti sia dolci che salati, tra i quali è possibile individuare diversi tipi di alimenti da forno, come crackers e grissini, ma anche merendine di vario genere e biscotti, senza contare alcune delle creme spalmabili più diffuse ed alcuni tipi di margarina, oltre che alcune basi pronte fresche o surgelate per la preparazione di torte salate, pizze e focacce e differenti tipologie di pietanze precotte o prefritte.

Ciò che ci dovrebbe spingere ad evitare il consumo di prodotti contenenti olio di palma al fine di proteggere la nostra salute riguarda il suo elevato contenuto di grassi saturi, che può raggiungere anche il 50% nel caso dell'olio di palma derivato dai frutti e l'80% nell'olio di palmisto, derivato dai semi. Si tratta di oli spesso utilizzati a livello industriale per la frittura ed a livello cosmetico per la preparazione di creme, saponi e prodotti detergenti destinati alla cura della persona.

Il suo elevato contenuto di grassi saturi lo rende semi-solido a temperatura ambiente. Ciò avviene sia nel caso dell'olio di palma che dell'olio di palmisto, che viene impiegato soprattutto in pasticceria per la realizzazione di creme e farciture dolci, per le canditure e per la preparazione delle glasse. Il suo elevato contenuto di grassi saturi non è purtroppo controbilanciato da un'adeguata presenza di acidi grassi polinsaturi benefici, ritenuti in grado di tenere sotto controllo i livelli del colesterolo LDL.

L'olio di palma trova inoltre impiego al di fuori dell'industria cosmetica ed alimentare, ad esempio nella produzione di biodiesel. Il biocarburante ottenuto a partire dall'olio di palma è stato però bollato dalla U.S. Environmental Protection Agency come non ecologico, in quanto la sua produzione è causa di emissioni di anidrdide carbonica superiori a quanto consentito perché un biocarburante venga considerato realmente "pulito", oltre che per via degli ingenti costi ambientali legati alla sua produzione.

Essi sono principalmente legati alle modalità stesse di diffusione della coltivazione di palme da olio, avvenuta in maniera sempre più massiccia nel corso degli ultimi anni per via dell'esigenza del mondo industriale di avere a propria disposizione un olio a basso costo ed utilizzabile, come visto, in numerosi campi di applicazione. Alla diffusione delle piantagioni di palme da olio si oppongono da tempo associazioni ambientaliste come Greenpeace e Friends of the Earth, ben consce dei gravi danni per l'ecosistema provocati da tale pratica.

La coltivazione di palme da olio sta infatti prendendo piede sottraendo terreno a foreste dal valore inestimabile, comprese antiche foreste pluviali caratterizzate dalla presenza di ecosistemi irripetibili al mondo. La preparazione del terreno per la coltivazione delle palme da olio richiederebbe interventi drastici che comprenderebbero incendi in grado di distruggere centinaia di ettari di foreste ogni anno in nome di necessità industriali sempre più incalzanti, contribuendo alla scomparsa di sempre più numerose specie vegetali ed animali, che si trovano improvvisamente deprivate del proprio habitat naturale.

La deforestazione interessa zone del mondo come la Costa d'Avorio, l'Uganda e l'Indonesia – e non solo – le cui foreste incontaminate vedono via via erosi i propri confini a causa della domanda crescente di un olio di cui il mondo potrebbe benissimo fare a meno, a favore di prodotti decisamente più salutari e sostenibili e di un'industria alimentare in grado di fornire prodotti di qualità che non si basino dunque su ingredienti pressoché scadenti dal punto di vista nutrizionale. La devastazione delle foreste pluviali provoca inoltre un grave danno alle popolazioni indigene che tuttora le abitano (contribuendo alla loro difesa e protezione), alle quali territori che esse occupano da secoli verrebbero sottratti senza remore.

Alla distruzione delle foreste indonesiane è stato dedicato un film documentario "Green the Film", della durata di quarantacinque minuti, e purtroppo privo di lieto fine, una conclusione alla quale sembrerebbe impossibile riuscire a porre rimedio, se agli interessi delle industrie che impiegano olio di palma non viene sostituita una sincera preoccupazione per le sorti del Pianeta. Di struggere le foreste pluviali significa dire addio a dei veri e propri paradisi di biodiversità e a dei polmoni verdi che da millenni sono correlate alla produzione dell'ossigeno necessario alla sopravvivenza di ogni forma di vita, compresa la nostra. E' probabilmente alla luce di tali considerazioni che anche nel nostro Paese è stato dato il via d una campagna per dire "Stop all'olio di palma nel nostro cibo!", alla quale è possibile prendere parte consultando questo link in cui firmare la petizione.

Marta Albè

http://www.greenme.it

sabato 2 giugno 2012

Vandali contro nidi di balestrucci
La Lipu: "Fermiamo la strage"

La Lega per la protezione degli uccelli denuncia l'ennesimo episodio contro una colonia di volatili in via Tiburtina. "In uno scatolone abbiamo trovato 16 pulcini in fin di vita. Una tavoletta in legno può evitare i problemi alla facciate dei palazzi"

di MARGHERITA D'AMICO
Martedì pomeriggio al Centro di recupero fauna selvatica della Lipu in via Aldrovandi si presenta una coppia di signori. Accanto alla fermata della metro Rebibbia in via Tiburtina, dentro uno scatolone, hanno trovato le macerie di tre nidi, fatti a pezzi e buttati via, sotto cui boccheggiano 16 pulcini di balestruccio. Due, i più piccoli, sono già morti, gli altri vengono tempestivamente soccorsi. Ma per una volta, dalla paziente Lipu, arriva una reazione indignata.

"Di fronte all'ennesimo scempio mi vedo costretta a ribadire che rondini, rondoni e balestrucci, al pari di altri uccelli selvatici, sono protetti dalla legge 157/92: articoli specifici vietano sia l'uccisione degli adulti che distruzione e detenzione dei nidi," dice Francesca Manzia, responsabile del Centro, che ogni anno accoglie gratuitamente oltre 5mila animali selvatici di qualsiasi specie nostrana in difficoltà, provenienti da tutto il Lazio, sostenendosi solo grazie a un piccolo contributo del Comune di Roma e alle donazioni private.

A parte i massacri compiuti dalle imprese edili e le potature fuori stagione che sfuggono ai divieti per le più svariate ragioni, i singoli distruttori di nidi, purtroppo, non sono infrequenti: " Gente che li elimina dai garage, condomini a cui danno fastidio gli escrementi, persone intolleranti che tanto per cambiare se la prendono con i più deboli: gli animali. Ma per evitare che si sporchino balconi o marciapiedi noi proponiamo un rimedio molto semplice," spiega Francesca: "predisporre
tavolette di legno di 50-60 cm proprio sotto i nidi, da pulire a fine stagione."

Si tende sempre, per incoraggiare alla gentilezza, a ricordare come questi piccoli migratori siano preziosi per l'ecosistema, nutrendosi in particolare di mosche e zanzare. Si stima che in Italia le rondini predino fra le 12 e le 31mila tonnellate di insetti ogni anno in modo del tutto ecologico. Ma dovremmo rispettarli semplicemente per le creature magnifiche che sono, capaci di attraversare il mare, orientarsi guardando le stelle e, nel caso dei rondoni, persino dormire in volo.
 
(01 giugno 2012)

www.repubblica.it