domenica 30 giugno 2013

Per dimagrire cambia cucchiaio

di Claudia De Luca

State cercando di perdere peso? Invece di comprare prodotti a basso contenuto di grassi, provate ad usare un cucchiaio diverso. Uno studio, condotto da Vanessa Harrar della University of Oxford e pubblicato su Flavour, mostra infatti come il tipo di posate utilizzate abbia un grande impatto sul sapore degli alimenti che consumiamo. E quindi, per estenzione, sulla quantità che ne assumiamo.
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I ricercatori hanno eseguito tre esperimenti per appurare se effettivamente il cibo avesse un sapore diverso cambiando le proprietà visive e tattili di alcune posate di plastica. Variandone indipendentemente peso, colore, dimensione e forma, gli scienziati hanno stimato l’impatto di questi cambiamenti grazie a giudizi dei partecipanti riguardo la dolcezza, la sapidità (intesa come contenuto in sale) e in generale sulla qualità del cibo.
In tutti e tre gli esperimenti, ai partecipanti veniva fornito del semplice yogurt greco o del formaggio, ma le posate utilizzate erano sempre diverse: nel primo esperimento, essi avevano pesi diversi, nel secondo colori diversi, nel terzo forme diverse.

I risultati sono stati sorprendenti: per esempio lo yogurt era percepito come più denso e più costoso se mangiato da un cucchiaio leggero di plastica, rispetto a quello consumato da cucchiai artificialmente appesantiti e la dimensione del cucchiaio e il suo peso influenzavano anche la dolcezza percepita (come forse è logico aspettarsi, considerando che cucchiai piccoli e più leggeri sono spesso usati per cibi dolci, come lo zucchero). Il sapore dello yogurt era inoltre influenzato dal colore (sia della posata che dello yogurt stesso, indicando un effetto dei contrasti più che del colore in sè), ma lo stesso esperimento ripetuto su soggetti bendati non ha invece mostrato differenze significative. Infine, anche la forma della posata faceva la differenza: il cibo appariva più salato se assaggiato da un coltello anziché da un cucchiaio, una forchetta o uno stuzzicadenti. 

Questi dati dimostrano come le proprietà fisiche delle posate possano decisamente influire sulla percezione del gusto di cibi consumati quotidianamente: questo accadrebbe perché, quando messo di fronte a qualcosa di inaspettato, come il colore e il peso di una posata di plastica diverso da quello che immaginiamo, il nostro cervello trasforma l’esperienza inattesa in qualcosa di "spiacevole", che influenza le altre sensazioni. "Come percepiamo il cibo", spiegano al riguardo gli autori, "è un'esperienza multisensoriale che coinvolge il gusto, la sensazione degli alimenti nella nostra bocca, l'aroma, e l'esperienza visiva. Anche prima di mettere il cibo nelle nostre bocche i nostri cervelli hanno elaborato un giudizio su di esso, che influenza l'esperienza nel suo complesso". Gli scienziati stanno ora analizzando le possibili applicazioni di questa scoperta, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di modificare le abitudini alimentari delle persone che ne hanno bisogno. 

Pubblicato il 30 Giugno 2013 09:44 
 


Riferimenti: Flavour doi:10.1186/2044-7248-2-21

http://www.galileonet.it

giovedì 27 giugno 2013

BALENE: INIZIA CAUSA AUSTRALIA CONTRO GIAPPONE A CORTE AIA
Obiettivo è mettere fine alla caccia.



27 giugno 2013 - Iniziano davanti alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia le udienze nella causa intentata dall'Australia e sostenuta dalla Nuova Zelanda, per mettere fine alla caccia alle balene 'a fini di ricerca' condotta dal Giappone ogni estate australe nei mari antartici.
Tocca da oggi all'Australia, rappresentata dal ministro della Giustizia Mark Dreyfus, aprire le deposizioni davanti ai 16 giudici della Corte.
La causa era stata lanciata da Canberra nel 2010, chiedendo alla Corte di mettere fine a un'attività che viola la moratoria alla caccia commerciale imposta dalla Convenzione internazionale per la regolamentazione della caccia alle balene, sostenendo che essa viene condotta in una scala che supera di molto le regole della convenzione sulla caccia a fini di ricerca.
Il Giappone, rappresentato dal vice ministro degli Esteri Koji Tsuruoka, giurista e diplomatico di carriera, secondo le previsioni intende contestare la giurisdizione della Corte a udire il caso, oltre a respingere l'argomento legale australiano, secondo cui la caccia contravviene al trattato globale sulla caccia alle balene. Affermerà inoltre che la sua caccia annuale è sostenibile.

L'Australia denuncia che oltre 10 mila balene sono state uccise sotto il programma 'scientifico' di Tokyo e vuole che i giudici revochino "ogni autorizzazione, permesso o licenza" per cacciare balene in acque antartiche. La Nuova Zelanda, che ha ottenuto il permesso di intervenire, offrirà le sue osservazioni sulla necessità di proteggere i grandi cetacei.
La caccia commerciale è stata messa al bando nel 1986, ma la Norvegia e l'Islanda conducono apertamente caccia commerciale, mentre il Giappone insiste che il suo programma è puramente scientifico, pur non facendo mistero del fatto che la carne finisce sulla tavola delle famiglie e dei ristoranti.
Il governo giapponese emette ogni anno un permesso 'scientifico' per una quota fino a 935 balene dal rostro (minke), 50 balene azzurre e 50 megattere, ma negli ultimi anni la sua flotta ha incontrato crescente pressione degli ambientalisti, in scontri anche violenti in pieno oceano con le navi di protesta del gruppo ambientalista radicale Sea Shepherd.
Nell'estate da poco conclusa, la flotta è tornata in porto con appena 103 balene Minke, il bottino finora più scarso, lamentando le azioni di disturbo di Sea Shepherd.
Le udienze proseguiranno per diversi giorni, ma una decisione della Corte, che sarà considerata legalmente vincolante, non è attesa per parecchi mesi.


(ANSA)

venerdì 21 giugno 2013

TARTARUGHE MARINE CHE RIPRENDONO IL MARE... E LA LIBERTA'. UN'EMOZIONE UNICA!

La cronostoria di una bellissima ed emozionante giornata che ha visto la liberazione, ad Ostia, di questi splendidi animali, dopo lunghi mesi di cure presso la prestigiosa Stazione Zoologica "Antorn Dohrn" - Turtle Point di Napoli che opera in collaborazione con TartaLazio, la rete di pronto intervento e soccorso istituita dalla Regione Lazio e che vede impegnate, tra i diversi Enti, 8 aree protette del litorale laziale, tra cui le Aree Marine Protette "Ventotene e S.Stefano" e "Secche di Tor Paterno", la Capitaneria di Porto e la Guardia Costiera.



21 giu 13 - Cinque mesi fa, in una gelida giornata di metà gennaio, una tartaruga marina della specie Caretta caretta viene trovata con un principio di assideramento su una spiaggia di Ostia; accanto a lei, una compagna di viaggio per la quale era ormai troppo tardi. Quella tartaruga è Giannina e alcuni giorni fa, superati i problemi di salute legati anche a un blocco intestinale per ingestione di buste di plastica e cotton fioc, è tornata nel suo habitat naturale insieme ad altre 7 compagne di sventura, che con lei hanno condiviso lunghi mesi di cure presso la prestigiosa Stazione Zoologica "Antorn Dohrn" - Turtle Point di Napoli, da molti anni impegnata nel recupero delle tartarughe marine, animali ad alto rischio d'estinzione. Il salvataggio di Giannina è stata la prima "prova su campo" di TartaLazio, la rete di pronto intervento e soccorso istituita dalla Regione Lazio e che vede impegnate, tra i diversi Enti, 8 aree protette del litorale laziale, tra cui le Aree Marine Protette "Ventotene e S.Stefano" e "Secche di Tor Paterno", la Capitaneria di Porto e la Guardia Costiera. Giannina, soccorsa dalla Capitaneria di Porto di Roma Fiumicino, è stata affidata temporaneamente al centro di recupero presso Zoomarine Onlus e, date le sue condizioni critiche, subito trasferita al Turtle Point. Giannina è stata fortunata: in pochi mesi è tornata in gran forma, pronta a tornare al mare come altre 7 tartarughe la cui degenza è stata invece molto più lunga e sofferta, per periodi tra 1 anno a quasi 2 anni: come per Bernardino, sequestrato a Civitavecchia dalla Cites o per la piccola Irene Camomilla, che si è autoamputata la pinna anteriore sinistra per liberarsi da una rete nel mare ponziano e che ha dovuto esercitarsi a trovare nuovi equilibri nel nuoto....Per l'operazione di rilascio, che segue un rigoroso protocollo scientifico per assicurare in tutte le fasi il benessere degli animali, è stato individuato il mare laziale, in considerazione anche della forte memoria genetica che questi rettili hanno delle geografie marine. E nel mare laziale, la Stazione Zoologica - Turtle Point ha scelto, per questo primo rilascio nell'ambito della Rete Tartalazio, le "Secche di Tor Paterno" sia perchè, trovandosi in mare aperto e profondo, a circa 5 miglia dalla costa tra Ostia e Torvaianica, offrono le condizioni ottimali affinchè questi animali, un po' disorientati dalla lunga permanenza in "ospedale", possano rapidamente prendere confidenza con il loro ambiente, sia per mantenere viva l'attenzione e la partecipazione delle persone che vivono e lavorano lungo questo tratto di costa. Così le otto tartarughe la mattina presto del 7 giugno iniziano nel pulmino della Amp "Secche di Tor Paterno", sotto l'occhio attento del loro dottore-fisioterapista e un poco anche "papà" Dott. Gianluca Treglia (tecnico esperto in tartarughe marine, referente della Stazione Zoologica di Napoli per il Lazio) il viaggio che le riporterà finalmente nel loro mondo. Tranquille nelle loro vasche, si sottopongono con pazienza all'incontro, sotto un sole che comincia a farsi fastidioso, con il pubblico e una scolaresca di Ostia accorsi a vederle al Porto Turistico e a sentire le loro storie e poi si fanno trasportare nei mezzi nautici che le condurranno alle Secche. Le vele colorate dei catamarani della Lega Navale di Ostia, impegnate in una uscita pre-regata, le accompagnano salutandole silenziosamente e quando al largo gli spruzzi d'acqua di mare raggiungono le vasche, ecco che le tartarughe, tutte, cominciano ad agitarsi, muovono le pinne, vorrebbero uscire: hanno sentito il mare!
Alle boe 7 e 8 dell'Area Marina, le attendono i Centri Subacquei autorizzati delle "Secche di Tor Paterno" ognuno con un gommone: è infatti questo il mezzo ideale per rilasciare gli animali, che possono scivolare dolcemente lungo il bordo ed entrare in acqua senza traumi. I "ragazzi" dei Centri Subacquei sono visibilmente emozionati nel sentirsi così coinvolti in questa iniziativa. Il rilascio avviene infatti proprio dalle dalle loro mani, dietro le indicazioni esperte di Treglia, e tutto procede bene, nonostante non sia facile reggere e posizionare in modo corretto le tartarughe che, appena uscite dalla vasca e ormai consapevoli di avere il mare a due passi, sprigionano tutta la loro potenza muscolare, si divincolano, preparano le pinne in assetto di nuoto: vogliono andare.
Perfino la piccola Irene Camomilla con il suo moncherino sinistro, che nelle prime pinnate è "andata un po' storta", facendo stringere il cuore a tutti, ha riacquistato rapida il suo assetto e dopo poco è scomparsa in profondità: ce la farai anche con tre zampe, è l'augurio che tutti le sussurrano quasi a volerla incoraggiare .Anche Righeira, Roverella, tutte le altre sono accompagnate al mare con dolci incitamenti ad andare, o con sguardi pieni di attenzione, gioia, solidarietà.
"Dare un nome" significa "prendersi cura": così nel suddividere le tartarughe per il rilascio, si è voluto dare anche un forte valore simbolico all'iniziativa che per una serie di fortunate coincidenze, è avvenuta a ridosso della "Giornata Mondiale degli Oceani": quello, per tutti, di proseguire nell'impegno per la salute del mare, di cui le tartarughe sono uno degli emblemi più fragili e importanti. Cosi, non a caso, sono Giannina, soccorsa dalla C.d.P., e Bernardino, salvato dal personale Cites che opera in sinergia con la C.d.P. contro il commercio e la detenzione degli animali selvatici, a tornare al mare dalla plancia della motovedetta della Capitaneria. E nello stesso modo, una "tecnica" operazione di rilascio dai gommoni si è trasformata in un occasione di grande partecipazione emotiva, in cui la Stazione Zoologica e l'Area Marina Protetta hanno affidato queste preziose creature ai subacquei per il loro ritorno al mare, dopo aver pagato in sofferenza per l'eccessivo impatto delle attività umane su questo ambiente.
Toccare con mano il fortissimo istinto di queste creature di antichissime origini per il loro mondo naturale, essere partecipi in prima persona di un "riscatto" di 8 vite preziose restituite al loro mondo in gran parte ancora misterioso, fatto di lunghi e instancabili viaggi nell'infinito del mare, resterà nel cuore e nella mente di tutti quanto hanno partecipato al rilascio e un piccolo passo per cambiare, in meglio, il nostro mondo, è stato sicuramente compiuto.


www.animalieanimali.it 


Marte era ricco di ossigeno
4 miliardi di anni fa, molto prima della Terra

20 giugno, 09:55


4 miliardi di anni fa l'atmosfera di Marte era ricca di ossigeno (fonte: NASA) 

Quattro miliardi di anni fa l'atmosfera di Marte era molto più ricca di ossigeno di quanto ne avesse la Terra. A queste conclusioni è giunto un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Università di Oxford, che ha pubblicato un articolo sulla rivista Nature.

Gli esperti hanno messo a confronto gli esami compiuti sui meteoriti marziani caduti sulla Terra e le analisi eseguite dal rover della Nasa Spirit, che dal gennaio 2004 sta raccogliendo dati sulla superficie di Marte e più precisamente nel cratere Gusev. Dai risultati di questo confronto è scaturito che le rocce della superficie analizzate dal rover sono cinque volte più ricche di nickel rispetto ai meteoriti rinvenuti sulla Terra.

"Quello che abbiamo dimostrato è che entrambi i tipi di rocce sono simili e che provengono dalle profondità di Marte'', diceil coordinatore della ricerca, Bernard Wood. ''I meteoriti sulla superficie del pianeta però - aggiunge - vengono da un ambiente più ricco di ossigeno, probabilmente causato dal riciclo di materiali contenenti ossigeno al suo interno". Secondo Wood è un risultato ''sorprendente perché mentre i meteoriti sono geologicamente giovani, da 180 a 1.400 milioni anni circa, il rover Spirit sta analizzando una parte molto vecchia di Marte, e le sue rocce hanno più di 3.700 milioni di anni''.

La conclusione, secondo il ricercatore, è che ''Marte aveva un'atmosfera ricca di ossigeno circa quattro miliardi di anni fa, ben prima dell'incremento dell'ossigeno presente nell'atmosfera della Terra avvenuto due miliardi e mezzo di anni fa''. Poiché il colore rossastro tipico di Marte è dovuto all'ossidazione, ''è probabile - conclude - che il pianeta rosso fosse bagnato, caldo e arrugginito miliardi di anni prima che l'atmosfera terrestre diventasse a sua volta ricca di ossigeno".

ANSA

giovedì 20 giugno 2013

IL RE DI SPAGNA RICEVE IN UDIENZA UN CANE, EROE ANTI-BOMBA
E' Ajax.


19 giu 2013 - E' un cane, ma non un animale qualunque: è un eroe al punto da essere ricevuto oggi in udienza dal re Juan Carlos, secondo quanto hanno confermato fonti della Casa Reale. Si tratta di Ajax, pastore tedesco e cane poliziotto della guardia civile, il cui olfatto infallibile é riuscito a localizzare una bomba dell'Eta ed evitare il 30 luglio del 2009 una strage a Palmanova (Mallorca).
Dodici anni, ormai in pensione dal servizio antiterrorismo, Ajax, questo il nome dell'eroe a 4 zampe, è stato ricevuto con i suoi addestratori oggi dal monarca, al Palazzo della Zaruela, dopo aver ricevuto dall'Organizzazione di beneficenza veterinaria leader della Gran Bretagna, la Peoplés Dispensary for Sick Animals, la medaglia d'oro, la massima distinzione riservata agli animali che si sono contraddistinti in azioni di salvataggio e coraggio.
Ajax, il cane più celebre del Gruppo di esperti segugi in esplosivi della guardia civile, si è meritato i galloni sul campo il 30 luglio del 2009, quando partecipò al dispositivo di sicurezza scattato dopo l'attentato compiuto dalla banda secessionista armata a Palmanova, l'ultima azione mortale dell'Eta, che costò la vita a due agenti della guardia civile destinati a Mallorca. Il suo fiuto fu decisivo per evitare una strage, dato che riuscì a individuare e marcare la zona dove i terroristi avevano collocato un secondo ordigno a un veicolo, in modo che gli artificieri riuscirono a farlo detonare in un'esplosione controllata, che evitò un massacro nell'isola delle Baleari affollata di turisti nella stagione estiva. "Quel giorno Ajax individuò l'auto con la bomba e rimase immobile davanti, senza spostarsi di un centimetro, com'era stato addestrato a fare per segnalare la presenza dell'ordigno", ha spiegato in dichiarazioni ai media il sergente della guardia civile, Juan Carlos Albarces Munoz, che ha accompagnato Ajax nel Regno Unito, per ricevere la decorazione che attualmente posseggono solo 22 animali in tutto il mondo. Col peso dei suoi 12 anni, che equivalgono a 80 per una persona, Ajax si dedica ora a ricevere glorie e onori. Addestrato come cane specialista nella ricerca di esplosivi nella Scuola di addestramento cani del Servizio Cinologico della guardia civile, nel 2004 fu destinato al Servizio di Sicurezza della Casa del Re e, nel 2010, è passato all'Unità della Presidenza del governo, dove continua in attività, sebbene non in servizio attivo di prima linea. E' ancora capace di intercettare quintali di droga a partire da pochi grammi, assicurano alla guardia civile. Per lui, l'udienza oggi dal monarca, è stato come un ritorno a casa. 


(ANSA)

mercoledì 19 giugno 2013

ROMA, LA GDF ARRUOLA PIPISTRELLI, RONDINI E BALESTRUCCI, PER LA LOTTA ALLE ZANZARE
19 giu 13
Progetto del Centro logistico della Guardia di Finanza di Roma con la LIPU: installati 40 rifugi per i predatori naturalidei fastidiosi insetti


Di giorno provvedono gli uccelli, di notte i pipistrelli. Due armi “biologiche” tra le più efficaci e rispettose dell’ambiente e della salute umana nella lotta per sconfiggere le fastidiose zanzare.
A mettere in pratica il metodo, il più ecologico al mondo, è il Centro logistico della Guardia di Finanza di Roma, che ha realizzato, con la LIPU, un progetto sulla lotta biologica agli insetti.
Nel Centro della Gdf - che si trova in un’ansa del Tevere a Roma all’interno del Grande raccordo anulare – sono stati installati dalla LIPU 40 rifugi (20 “bat-box” per pipistrello e 20 nidi artificiali per uccelli) con lo scopo di incentivare una presenza stabile, nel periodo riproduttivo, di rondini e balestrucci (noti divoratori di insetti) e quelle specie di pipistrelli più “specializzati” a vivere in ambienti urbanizzati, come il pipistrello albolimbato, il pipistrello di savi e il pipistrello nano (il più piccolo dei tre). Batbox e nidi artificiali che riproducono in modo fedele quegli spazi presenti in natura (o negli edifici) dove queste specie si insediano facilmente per costruirvi il nido.

PREDATORI NATURALI: COSA DICONO I DATI - I pipistrelli possono diventare alleati molto validi per la lotta alle zanzare. In una sola notte questi animali mangiano talmente tanti insetti da aumentare il proprio peso di una percentuale compresa tra il 25 e il 50 per cento. Secondo alcuni calcoli i pipistrelli possono ingerire tra i 500 e i 5mila insetti a notte; di zanzare (o insetti di dimensioni simili) ne possono ingerire tra i 1.000 e i 2mila. Rondini e balestrucci, predatori diurni, possono invece inghiottire, in un solo giorno, una quantità di insetti pari a circa 170 grammi.
Accanto a bat box e nidi artificiali sono stati inoltre installati “rifugi” per attrarre altre specie golose di insetti: cinciarelle e cinciallegre, ma anche il pigliamosche e la ballerina bianca.

I METODI CHIMICI - I metodi chimici comunemente utilizzati per la lotta alle zanzare non solo non sono efficaci, ma risultano nocivi per la natura e per la salute dell’uomo: agendo solo sugli adulti (e non sulle uova e le larve) con cui vengono a contatto, rendono i superstiti di volta in volta più resistenti; eliminano i predatori naturali della zanzara perché le disinfestazioni, non essendo selettive, colpiscono tutti gli insetti, compresi quelli utili di cui si alimentano gli animali, come uccelli e pipistrelli; alterano l’ecosistema e inoltre inquinano le falde acquifere.
L’unica alternativa, dunque, è costituita dai rimedi naturali, che dovrebbero essere applicati a tutti gli stadi di sviluppo delle zanzare (uova, larve, adulti).

CONOSCERE I PISTRELLI - Il progetto prevede, nel prossimo mese di settembre, un incontro sul tema pipistrelli per le famiglie, a cura del Centro recupero fauna selvatica LIPU a Roma. Lo scopo sarà aiutare le persone a superare gli ingiustificati timori verso questi animali, che, al contrario, si rivelano anche molto utili per la nostra salute e persino affascinanti. Durante l’incontro si potranno vedere da vicino alcuni esemplari e assistere, in via eccezionale, al rilascio di alcuni giovani orfani ricoverati al Centro recupero LIPU, che in quel periodo saranno completamente svezzati e pronti per la liberazione.

Se volete saperne di più sui pipistrelli, visitate il sito: www.tutelapipistrelli.it

lunedì 17 giugno 2013

SEGRETO DEL GHEPARDO E' ACCELERAZIONE SUPERIORE A FERRARI
Studio pubblicato su Nature


17 giu 13 - Il primo studio che ha raccolto dati sulla velocita' del ghepardo nel suo habitat naturale ha rivelato che la rapidita' non e' l'unica arma di questo felino.
Determinanti per il suo successo come predatore sono anche i suoi rilessi fulminei e una capacita' di accelerazione superiore a quella di una Ferrari. Lo studio e' stato realizzato dal London's Royal Veterinary College e pubblicato su 'Nature'.
Gli scienziati hanno studiato per 17 mesi un gruppo di cinque ghepardi della regione del delta dell'Okavango, nel nord della Botswana. Gli animali sono stati muniti di un leggero collare a alimentazione solare che ha permesso di raccogliere dati sui loro movimenti. La maggiore velocita' rilevata e' stata di 26 metri al secondo ma, soprattutto, i felini hanno fatto registrare una potenza in accelerazione di 120 watt per chilogrammo, il doppio di quella dei levrieri piu' rapidi e quattro volte quella di Usain Bolt durante il suo record sui 100 metri nel 2009. I ghepardi, inoltre, erano in grado di rallentare molto rapidamente, assorbendo energia a una velocita' fino a tre volte superiore a quella dei migliori cavalli da polo, che sono animali allevati per essere agili.


(AGI)

venerdì 7 giugno 2013

FORESTALE BLOCCA PESCA DI FRODO IN ZONA PROTETTA A GIANNUTRI
Il natante era partito da Porto Ercole


7 giugno 2013 - Come comunica una nota del Comando del Corpo Forestale, da tempo il personale della squadra nautica effettuava «appostamenti mirati alla lotta contro la pesca di frodo nelle aree marine protette dell’Isola di Giannutri, all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano». Ieri, alle prime luci dell’alba, è stato notato «un piccolo natante che dall’approdo di Porto Ercole aveva preso la rotta per l’Isola di Giannutri».
Il successivo pattugliamento ha sciolto le riserve, rilevando «la presenza di un primo apneista che con la muta mimetica provava a nascondersi a pelo d’acqua tra gli scogli. Lo stesso – prosegue la Forestale – con il fucile subacqueo aveva catturato due esemplari di cernia ed un esemplare di sarago. Accompagnato al gommone per gli atti di rito, veniva accertata la presenza di un altro sub che, sempre con un fucile subacqueo aveva catturato un esemplare di cernia ed uno di dentice. Naturalmente i sub, al fine di non essere visti, erano sprovvisti di tutti gli accessori di segnalazione previsti dalla normativa sulla pesca sportiva. Tutti i pesci erano morti a causa dell’evidente ferita causata dall’arpione lanciato dal fucile subacqueo. Ad entrambi, risultati non del posto, venivano sequestrati il pescato e tutti mezzi di cattura in possesso, anche quelli sul natante, dato che la legge punisce anche la sola introduzione mezzi di cattura nel Parco Nazionale».
I due sono stati inoltre denunciati alla Procura della Repubblica di Grosseto per la violazione dell’art. 30 della Legge 394 del 1991, e per le violazioni contro la normativa del Parco e quella della pesca sportiva per un importo superiore a 2000 € ciascuno.
Il presidente del Parco, Giampiero Sammuri, ha dunque voluto ringraziare la squadra nautica «per l’egregio lavoro svolto e per la preziosa collaborazione nel compito di tutelare l’area marina protetta nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano».
«Abbiamo deciso di incrementare in maniera consistente la vigilanza nelle aree a mare del’Arcipelago Toscano – commenta Sammuri- investendo risorse importanti a sostegno delle azioni del CFS e della Guardia Costiera. I risultati si cominciano a vedere e già da adesso sarà sempre più difficile sfuggire ai controlli. Quando sarà finalmente attivo il sistema di videosorveglianza il quadro sarà completo e allora sarà impossibile compiere azioni illegali».


da greenreport.it

giovedì 6 giugno 2013

NUOVO VIA A PRATO PER CACCIA VOLPI
La Provincia ha confermato l’abbattimento anche se non in tana con l’utilizzo dei cani. Dibattito animato tra favorevoli e contrari.


6 giugno 2013 - Le volpi verranno cacciate. Così si è espresso l'assessore provinciale Antonio Napolitano alla fine del primo punto della consulta della caccia. Sul tavolo c'era la scottante vicenda della determina dirigenziale che prevedeva la caccia alla volpe in tana, poi sospesa dallo stesso assessore. La settimana prossima verrà promulgata una delibera di giunta o una nuova determina, che annullerà la precedente. Quindi sì all'uccisione di circa centro esemplari di volpi nel territorio pratese ma senza l'utilizzo dei cani. Sarà, dunque, un metodo sperimentale. Una consulta dove gli animi erano caldi. Da una parte chi era favorevole a ridurre il numero dei mammiferi in questione, dall'altra chi sosteneva che non è necessario ammazzarli.
“La determina era del tutto legittima – ha tenuto a precisare Napolitano – ma vogliamo trovare un metodo meno traumatico per abbattere i capi”. C'è chi ha contestato il modo di operare della Provincia che, alla prima levata di scudi da parte di alcuni personaggi più o meno noti, ha sospeso la determina, mentre c'è necessità di un intervento efficace, secondo il parere della Coldiretti. Per Francesco Bini di Federcaccia non esiste una volontà di collaborare quando è il momento. “Viene criticato il modo con cui vengono fatti i censimenti - dice -. Chi lo fa potrebbe partecipare attivamente a questa operazione, così capirebbe in che modo viene attuata”. Bini, così come gli altri presenti, ha sottolineato, ancora una volta, come la caccia in tana non sia mai stata praticata a Prato. L'assemblea è stata particolarmente animata e, se è stato criticato il modo cruento della caccia in tana, c'è chi era del parere che tutte le uccisioni sono raccapriccianti a secondo dei punti di vista. Camilla Lattanzi della trasmissione “Restiamo animali” di Controradio è intervenuta sostenendo, come fatto fin dall'inizio di questa vicenda, che non è necessario uccidere le volpi.
“Ci sono metodi alternativi – spiega -. E uno di questi è la cattura delle giovani femmine e la loro successiva sterilizzazione”. La patata bollente è passata in mano all'assessore Napolitano. Che, visto il numero in eccesso di volpi, è per ridurre i capi. Da capire se con cane al seguito del cacciatore o meno. Alla fine la spunta la seconda ipotesi. Con buona pace di tutti. O quasi.


Azelio Biagioni - iltirreno.it

COMUNICATO STAMPA

Macro rifiuti nel Mar di Toscana, più dell’80% degli oggetti galleggianti rinvenuti sono di plastica.
Presentato all'Accademia dei Fisiocritici di Siena, nel corso del Convegno su indicatori per la Strategia Marina uno studio pilota per il monitoraggio dei macro rifiuti marini galleggianti tra la Toscana e la Corsica all'interno del Santuario Pelagos per mammiferi marini.
I risultati del monitoraggio, scaturiti da più di 40 ore di osservazioni dirette in mare, ha evidenziato come più dell’80% dei macro rifiuti (più grandi di 25 cm) presenti in mare sia rappresentato da “plastiche” e di come teli e buste di plastica, insieme a cassette di polistirolo per pesce siano tra gli oggetti più presenti. 
La ricerca è stata resa possibile grazie all'utilizzo di traghetti della Corsica-Sardinia Lines usati come come piattaforme di osservazione ed è stata coordinata dall’Università di Pisa e da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). L’area monitorata è stata una “striscia di mare” larga 100 metri posta a fianco del traghetto e sorvegliata sistematicamente lungo la traversata da un osservatore dedicato.
In media è stata trovata una densità di macro-rifiuti pari a due oggetti ogni chilometro quadrato; lungo l’area di studio, la rotta transfrontaliera Livorno-Bastia, la densità di macro rifiuti è risultata essere simile. Cristina Luperini, che ha presentato lo studio, ha evidenziato come tale protocollo di monitoraggio oltre ad avere costi molto ridotti permette di conoscere il fenomeno dei rifiuti marini anche nei tratti di mare alto solitamente poco investigati. “Il metodo”, sottolinea la ricercatrice, “ è replicabile sia nel tempo sia nello spazio; durante il nostro studio abbiamo contato, all’interno della nostra striscia di 100 metri, un oggetto circa ogni 5 km percorsi. In particolare buste di plastica e reti fantasma possono essere molto pericolose per la fauna marina protetta come tartarughe e cetacei, sia per l’ingestione sia per l’aggrovigliamento che potrebbe portare alla morte; anche per questo è particolarmente importante poter conoscere l’entità della loro presenza in mare alto”. Se ampliato in altre regioni marine Italiane, il protocollo di monitoraggio di marine litter, potrebbe essere il punto di partenza per verificare nel tempo gli effetti delle politiche per la riduzione dei rifiuti che finiscono in mare previste sia dalla Direttiva Europea sulla Marine Strategy, sia dal recente decreto legge che vieta il commercio di buste di plastica non biodegradabili/biocompostabili per il trasporto di alimenti che applica la Direttiva Europea sui rifiuti.

Per maggiori informazioni sulla ricerca: livornomonitoraggio@accademiadelleviatano.org; 

mercoledì 5 giugno 2013

NUOVA RICERCA SU 73MILA PERSONE, LA SCELTA VEGETARIANA ALLUNGA LA VITA
A cura della Loma Linda University in California


5 giu 2013 - La dieta vegetariana potrebbe allungare la vita. Lo suggerisce uno studio pubblicato dalla rivista Jama, secondo cui il beneficio è più spiccato per gli uomini. La ricerca della Loma Linda University in California ha analizzato i dati di più di 73mila persone che facevano parte delle chiese Avventiste nordamericane, reclutati tra il 2002 e il 2007. A tutti è stato somministrato un questionario sulle abitudini alimentari, scoprendo che il 29% dei soggetti era vegetariano, l'8% vegano e un ulteriore 15% mangiava carne e pesce solo occasionalmente. I ricercatori hanno poi controllato di nuovo il database il 31 dicembre 2009, per capire quanti dei soggetti erano morti. Tutti i tipi di dieta vegetariana hanno presentato un tasso di morte inferiore rispetto alle diete con carne e pesce. Negli ultimi il rischio è risultato di sette persone ogni mille soggetti, mentre negli altri oscilla tra cinque e sei. "Lo studio non implica che tutti debbano smettere di mangiare carne - afferma un editoriale a commento - già diminuendo zuccheri, cereali raffinati e grassi si ottengono benefici".


(ANSA)