martedì 18 febbraio 2020

Rifiuti e bonifiche

Rifiuti, ecco perché basta un bicchiere di cristallo per compromettere la raccolta differenziata del vetro

Dato l’elevato contenuto di piombo, anche pochi frammenti possono compromettere grandi quantità di rottame riciclabile


[18 Febbraio 2020]

A livello nazionale la raccolta differenziata del vetro continua a crescere a ritmi consistenti: i dati Coreve mostrano un incremento dell’8,4% nel 2018 rispetto al 2017, con un totale intercettato di circa 2.189.000 tonnellate. Un punto dolente, però, rimane la qualità dei rifiuti raccolti, che è una discriminante essenziale per favorire l’effettivo avvio a riciclo.

«Lo sviluppo delle quantità raccolte è infatti accompagnato da una crescente presenza di materiale improprio conferito, erroneamente, nella raccolta differenziata del vetro – spiega il presidente Coreve, Gianni Scotti – Il che comporta un aumento degli scarti nella fase di trattamento che precede il riciclo in vetreria. Oltre il 13% del totale raccolto, che potrebbe essere riciclato alimentando un perfetto esempio di economia circolare, è purtroppo perso e smaltito in discarica. Uno spreco dannoso ed oneroso. Una maggior attenzione, da parte del cittadino, nell’evitare di conferire frazioni estranee come la ceramica, il pyrex, il cristallo, o i sacchetti di plastica, che troviamo sempre più spesso associati alla diffusione della raccolta “porta a porta”, potrebbe evitare tutto ciò».

Per migliorare da Coreve hanno messo in fila un decalogo per una corretta raccolta differenziata del vetro, ma una menzione particolare va al problema del cristallo, che non a caso viene individuato da Toscana ricicla come il nemico pubblico numero uno: «È facile confondersi, per chiunque, ma è davvero un grosso problema. Il cristallo messo in mezzo alla raccolta differenziata del vetro, anche in piccole quantità, impedisce tutta la fase il riciclo».

Il cristallo, infatti – come spiegano da Coreve – è un vetro ad alto contenuto di piombo, un metallo pesante considerato pericoloso se disperso nell’ambiente. Sebbene la Stazione sperimentale del vetro e la comunità scientifica abbiano accertato che non esiste alcun problema di cessione, tra contenitore e contenuto, dato l’alto potere “segregante” del vetro che lo rende un agente inertizzante per eccellenza, la legislazione dell’Unione Europea impone: da una lato, un limite di 200 parti per milione alla presenza di piombo negli imballaggi destinati a bevande e alimenti, nell’ambito di una politica di contenimento dei metalli pesanti potenzialmente disperdibili nell’ambiente; dall’altro, una disciplina specifica per l’avvio a riciclo del rottame di vetro in vetreria (Regolamento UE noto anche come “End of Waste”) prescrive che, affinché il rifiuto di imballaggio in vetro possa trasformarsi in una materia prima seconda idonea alla rifusione in vetreria, va evitata ogni commistione con il cristallo ed altri flussi di rifiuti (es. sanitari) non idonei. Dato l’elevato contenuto di piombo, anche pochi frammenti di cristallo possono compromettere grandi quantità di rottame riciclabile, pertanto la presenza di oggetti di cristallo nella raccolta differenziata del vetro da imballaggio va assolutamente evitata.

Fare bene la raccolta differenziata, fa la differenza! Scopri di più nella nuova serie web C.s.i Toscanaqui trovi il sesto episodio: Pericolo pubblico N°1 (raccolta differenziata vetro e cristallo).

http://www.greenreport.it

sabato 8 febbraio 2020

Capitozzatura

Capitozzatura. Cos’è e che danni provoca

La capitozzatura è un particolare tipo di potatura che viene praticata sul verde pubblico. Nonostante, da un punto di vista tecnico, siano evidenti i danni che provoca alle piante, questa tecnica viene ancora adoperata dalle amministrazioni pubbliche per la gestione degli alberi ornamentali presenti sulle strade.
Gli alberi capitozzati, infatti, non solo sono più fragili, ma vengono esposti a un maggiore rischio di malattie e attacchi di parassiti.
Oltre agli aspetti sulla salute degli alberi, inoltre, vi è un evidente danno estetico. Un albero potato correttamente è infatti sicuramente più armonioso, equilibrato e quindi bello, rispetto a uno capitozzato in maniera indiscriminata.


In quest’articolo capiamo cos’è la capitozzatura degli alberi e cerchiamo di spiegare nel concreto quali danni provoca.


Cos’è la capitozzatura

Verde urbano capitozzatura

La capitozzatura consiste in tagli di raccorciamento molto energici, eseguiti sulle branche principali o sul tronco degli alberi, eliminando così gran parte dello scheletro e della chioma.
È un’operazione sbagliata dal punto di vista tecnico, che si osserva in maniera frequente sulle alberature ornamentali gestite dai manutentori del verde pubblico.
Questa tecnica dovrebbe essere praticare solo in via straordinaria, in casi di particolari interventi di riforma, quindi non su alberi sani. Purtroppo, viene spesso eseguita in modo indiscriminato.
La capitozzatura provoca delle gravi ferite all’albero nel suo insieme, in primis al tronco che viene lasciato senza le naturali difesa della chioma.
Ma vediamo i diversi aspetti negativi che questi tagli provocano.



I danni della capitozzatura

Alberi capitozzati

Vi abbiamo già parlato dello stretto rapporto che esiste tra le radici e la parte aerea dell’albero. Si tratta di un equilibrio che dovrebbe essere sempre mantenuto con le normali operazioni di potatura.
La drastica riduzione della chioma che si fa con la capitozzatura, altera invece questo equilibrio chiamato omeostasi. Vi è un continuo scambio tra la parte aerea e le radici, la chioma permette infatti la fotosintesi, grazie alla quale gli elementi nutrizionali giungono all’apparato radicale (e viceversa). Le operazioni di potatura dovrebbero preservare quindi questo rapporto, mantenendo un’adeguata proporzione tra la parte aera dell’albero e la parte sottostante.


Stress e indebolimento
Con la capitozzatura gli alberi vanno incontro a stress e a un generale indebolimento. Questo li espone maggiormente al rischio di sradicamento. È facile infatti che si verifichi una moria di radici, visto che non c’è più una chioma da alimentare. Soprattutto considerando il fatto che le alberature ornamentali dei viali, già di per sé, vivono in un ambiente che non è quello naturale, con radici costrette a farsi strada in mezzo al cemento.
Un albero per riprendersi dalla capitozzatura deve impiegare moltissime energie. E non è detto che ne abbia una riserva sufficiente. Per cui, capitozzarlo può facilmente provocarne la morte.


Pericolo di rotture dell’albero
Dopo la capitozzatura è facile osservare la reazione dell’albero. Dai capitozzi delle branche, lasciate nude in seguito al taglio, si generano numerosi succhioni, che hanno origine da meristemi avventizi. Questi succhioni sono caratterizzati da angoli d’intersezione molto stretti e sono destinati a divenire nuove branche, ma molto instabili. Praticamente, dal punto di capitozzatura sembra crescere in maniera sovrapposta un altro albero, che spinge molto verso l’alto. L’attaccatura del succhione però è debole, in quanto inserito superficialmente sulla branca capitozzata.
Queste nuove ramificazioni si romperanno molto più facilmente in seguito a forti precipitazioni accompagnate da venti. Un albero capitozzato è dunque molto più pericoloso di uno che ha avuto interventi di potatura equilibrati.
Nella crescita normale di un albero, i rami secondari si accrescono di pari passo con quelli primari, sono quindi solidi e difficilmente si spezzano.



Pericolo di malattie
Con la capitozzatura il legno dell’albero è più esposto al potenziale ingresso di agenti patogeni, in grado di causare gravi malattie. Ad esempio la carie del legno, una malattia fungina che in breve tempo degrada i tessuti legnosi.
Un grande albero colpito da una malattia del genere è a rischio caduta. Molto spesso queste patologie non sono immediatamente visibili e in ogni caso sono difficili da curare. Quanto ci si accorge del problema è ormai troppo tardi.


Rischio di scottature
Altro problema che la capitozzatura causa agli alberi è l’eccessiva ed improvvisa esposizione delle branche e del fusto ai raggi solari. Senza la protezione della chioma, il sole diretto può causare la scottatura dei tessuti vitali appena al di sotto della corteccia. La scottatura spesso evolve in un cancro rameale, con pezzi di corteccia che si staccano e intere branche che possono perire. Quindi altro rischio di rotture, con conseguenti cadute e danni a persone e cose sottostanti l’albero.

Danno estetico della capitozzatura
Il valore ornamentale di un’alberatura è dato dall’armonia, da una forma il più possibile vicina a quella che l’albero ha in natura. La capitozzatura rompe quest’armonia, danneggiando in maniera irreparabile il naturale portamento dell’albero.
Nei mesi invernali gli alberi capitozzati appaiono mozzati e mutilati. Alla ripresa vegetativa si riempiono di foglie nei punti di taglio, perdendo facilmente la loro funzione di ombreggiatura, e ritrovandosi senza più armonia.
Il verde pubblico dovrebbe essere attraente, la capitozzatura da questo punto di vista è un errore madornale.



Perché si capitozzano gli alberi?
Fatte tutte queste premesse, è normale a questo punto chiedersi, ma perché allora capitozzare gli alberi?
La risposta potrebbe essere nei minori costi nel breve periodo. È infatti più veloce e quindi meno costoso capitozzare gli alberi, visto che non bisogna prestare molta attenzione e gli addetti procedono in maniera piuttosto sbrigativa.
Una potatura accurata, fatta da manutentori del verde esperti del settore, è più laboriosa e costosa.

Ma nel lungo periodo anche questa discutibile motivazione viene meno. La capitozzatura rovina per sempre l’albero, che deve essere potato allo stesso modo di continuo. Una potatura equilibrata, invece, è più dilazionata nel tempo.
Poi, se è vero che con la capitozzatura i rami si spezzano più facilmente, bisogna tener conto dei costi per la rimozione del materiale inerte e dei danni eventualmente causati dalla caduta.
Senza contare che se l’albero muore, rimuoverlo richiede un costo enorme, con danni alla pavimentazione stradale di tutta evidenza.
Dunque, una risposta veramente convincente non c’è: in condizioni normali la capitozzatura indiscriminata degli alberi non andrebbe mai praticata.


Quando è ammessa la capitozzatura
Vi sono però delle situazioni agronomiche in cui è ammissibile la capitozzatura. Ad esempio per curare una coltivazione di olivo dalla xylella fastidiosa (o da altre gravi malattie del legno come la rogna). In questi casi si effettua la rimozione d’intere branche, lasciando gli alberi capitozzati. In realtà questa pratica è più complessa e prende il nome di slupatura.
Per alcune specie botaniche può anche essere una scelta tecnica. Ad esempio, la capitozzatura del gelso va ripetuta ogni due anni, in modo da favorire la crescita rigogliosa di nuovi germogli molto lunghi, che un tempo si usati per la bachicoltura e/o per ottenere tralci (vimini) per produrre ceste e manufatti.


fonte: https://www.coltivazionebiologica.it

sabato 1 febbraio 2020

Sambuco

Sambuco 

Fra i Germani lo si chiamava Holunder, “albero di Holda”, fata del folclore germanico medievale, raffigurata come una giovane donna benigna dai lunghi capelli d'oro: abitava nei sambuchi. 
I contadini tedeschi rispettavano a tal punto il sambuco che incontrandolo nei campi si toglievano il cappello e se volevano tagliarne un ramo proponevano alla fata uno scambio: “Frau Holda, dammi un poco del tuo legno e io, quando crescerà, ti darò qualcosa di mio.” 
Per curarsi il mal di denti si doveva camminare all'indietro fino al sambuco ripetendo tre volte “Frau Holda, Frau Holda, imprestami una scheggia che te la riporterò”: Staccata la scheggia dall'albero si incideva la gengiva fino a farla sanguinare e si riportava la scheggia insanguinata al sambuco, sempre camminando all'indietro, reinnestandola nel punto da cui era stata tolta: in tal modo il dolore si trasmetteva alla pianta. 

da L'albero del flauto magico: il sambuco 
in “Florario” di Afredo Cattabiani