la pecora nera

mercoledì 29 febbraio 2012

VOLA IL PICCHIO DALLE ALI ROSSE 
A Portoferraio, Isola d'Elba 


http://www.animalieanimali.it/Images//Img1-52409.jpg29 febbraio 2012 - Visto da vicino, spericolato e curioso su quella fortezza corrosa da mille incursioni piratesche, dal vorace salmastro e dal libeccio inquieto, sembra realmente un «chuamano» (fiore delle rocce) come lo chiamano i cinesi.
Ma appena si muove e vola sembra anche una farfalla dalle ali rosse sangue. Ed è così elegante ed esteticamente perfetto, come rappresentazione di un volatile rarissimo, che pare quasi essere uscito dall'iperuranio.
È lui la vera essenza del picchio muraiolo? Chissà, forse sì. Certamente è uno dei pochissimi esemplari, appena cinque coppie in Toscana, che sfidano i luoghi più improbabili per nidificare e raccontarci, con il linguaggio dei movimenti, del canto e del picchiettio del becco, storie di arrampicatori. È arrivato di questi tempi, come ci illustra con tanto di foto Umberto Mazzantini di Legambiente, per scalare le mura delle fortezze medicee di Portoferraio ed è diventato un'attrazione.
Anche perché sembra aver portato la primavera nell'isola. «Vola in basso e poi si arrampica scalando, sasso dopo sasso, alla ricerca di ragnetti e piccoli insetti e con il becco fino e leggermente ricurvo li scova ad uno ad uno», spiega il naturalista Francesco Mezzatesta.
Solitamente il picchio dalle ali rosse nidifica sulle Apuane, da noi in Toscana, ma ama anche frequentare le cinta murarie portoferraiesi, il Volterraio, le falesie rocciose e anche le rovine di Gorgona, Capraia e l'Isola d'Elba. «È un evento che richiama l'attenzione sull'importanza di rispettare la biodiversità quando si procede ai restauri dei vecchi palazzi e strutture murarie — spiega Umberto Mazzantini _ Le fessure e i fori nei muri sono preziosi microhabitat che permettono la vita a molte uccelli selvatici. Chiudere i buchi dei muri negli edifici storici danneggia gli animali che nidificano nelle cavità come le civette e gli altri rapaci notturni che vivono all'interno della "montagna artificiale" delle Fortezze medicee e di codirossi, pigliamosche e rondoni».
Ieri, giornata di sole, osservarlo era un viatico per gli occhi e per lo spirito. Lui si muoveva come una farfalla e a tratti, quando il sole lo illuminava, sembrava sbocciare proprio come un fiore della roccia.
Per poi rinchiudersi con le sue ali rosse, delicate come petali improbabili di una sostanza divina.

M.Ga. - Corriere Fiorentino


foto: elbareport.it
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lunedì 27 febbraio 2012


USA: SMASCHERATO TRAFFICO INTERNAZIONALE CORNA DI RINOCERONTE
Sette arresti


27 feb 12 - Un importante traffico internazionale di corna di rinoceronte nero è stato fermato negli Stati Uniti grazie al lavoro di 150 agenti federali, che per un anno e mezzo hanno indagato sul commercio illegale in dodici stati dell'unione.
Nell'ambito dell'operazione Crash sono così finite in manette sette persone, che contrabbandavano le corna destinate al mercato nero in Vietnam e Cina, dove vengono usate nella medicina tradizionale, per esempio nella cura del cancro. Un cittadino cinese, Jin Zhao Feng, è stato arrestato a Los Angeles per aver spedito nel suo Paese decine di corna dell' animale. Altre quattro persone, legate a un'associazione americana che avrebbe fornito il materiale a Feng, sono accusate di violazione delle leggi che proteggono le specie in via d'estinzione.
Uno dei presunti fornitori, Wade Steffen, è stato arrestato in Texas, mentre altri due uomini sono finiti dietro le sbarre in New Jersey e un esperto di antiquariato, di nome David Hausman, a New York. Le corna di rinoceronte "valgono più del crack, dell'eroina e anche dell'oro", ha dichiarato al Los Angeles Times Crawford Allan, responsabile americano di Traffic, un programma che controlla il commercio degli animali selvaggi. Nel blitz gli agenti hanno trovato anche "un milione di dollari in contanti, diamanti, orologi Rolex, e un altro milione in lingotti d'oro", si legge in una nota del Dipartimento di Giustizia americano.

(ANSA)
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VIVISEZIONE, IMPORT DI 900 MACACHI DA HARLAN, TRAFFICO IGNOBILE 
Presa di posizione della LAV

27 feb 2012 - “Dopo l’onda di indignazione per il carico di 900 macachi in viaggio verso la Harlan (Monza), è indispensabile far seguire azioni concrete: il Senato approvi al più presto l’articolo 14 del Disegno di Legge Comunitaria 2011, attualmente in seconda lettura, che prevede anche il divieto di allevamento di cani, gatti e primati su suolo nazionale. Si tratta di un articolo che colpisce duramente gli interessi di stabilimenti come Green Hill e Harlan, che potrebbero aver anticipato “gli ordini” di questi animali per paura dei vincoli legali che stanno per essere introdotti”. Questo l’appello che la LAV rivolge al Senato della Repubblica, forte dell’interesse e della manifesta contrarietà alla sperimentazione animale avanzata da un’opinione pubblica sempre più ampia.

“Per garantire maggiore trasparenza, al Ministro della Salute Balduzzi chiediamo che non sia più l’Istituto Superiore di Sanità, in quanto ente controllore e controllato, ad autorizzare questi esperimenti in deroga – precisa la LAV – Al Ministro dell’Ambiente Clini chiediamo che le domande di importazione di specie animali rientranti nella convenzione Cites non siano più decise al chiuso di commissioni del suo Ministero”.


“Ciò che lascia amaramente stupiti è la portata del carico, 900 animali in viaggio verso la Harlan. Un numero che andrebbe letto prendendo in considerazione anche il cambiamento legislativo che stiamo vivendo e attendendo - afferma la biologa Michela Kuan, responsabile nazionale LAV settore vivisezione - Un segnale importante che sottolinea come l’articolo 14 del Disegno di Legge Comunitaria 2011 mini fortemente la lobby vivisettoria, azione che sta proseguendo parallelamente al progetto di legge della Lombardia che condivide le stesse finalità dell’art.14 e la cui approvazione è calendarizzata nei prossimi giorni in Consiglio regionale.”


Intanto il Ministro della Salute Renato Balduzzi "ha disposto una verifica immediata del rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa per quanto riguarda l'ingresso in Italia di primati destinati alla sperimentazione scientifica. Ciò in relazione sia alle condizioni di viaggio sia al trattamento degli animali in Italia".

“Una volontà importante quella espressa dal Ministro, che auspichiamo venga ribadita durante recepimento della Direttiva europea 2010/63UE sulla vivisezione, al fine di ottenere un nuovo testo di legge nazionale che limiti e vincoli il più possibile il ricorso ai primati non umani e agli animali in generale, posizione già presente nel decreto legiferante, ma purtroppo totalmente inascoltata”, prosegue la LAV.

I 900 primati arrivano direttamente dalla Cina anche se l'origine di molti di questi animali pare sia da ricondurre alle isole Seychelles e Mauritius, dove sono stati prelevati in natura e, costretti in anguste scatole, a voli interminabili, al termine dei quali arrivano in fin di vita e sotto shock continuando il viaggio verso la loro destinazione finale dalla quale usciranno solo come carcasse e catalogati come rifiuti speciali.

Un commercio noto per l’Italia e l’Europa che utilizzano, purtroppo, da sempre scimmie nei laboratori, anzi in Italia il ricorso ai primati è addirittura in aumento (come segnalano le statistiche del Ministero della Salute per il biennio 2008-2009).
La LAV da anni denuncia questo inaccettabile traffico di vite (vedi il filmato Buav-LAV “Cattura di primati destinati alla vivisezione” http://www.lav.it/index.php?id=1423) dove centinaia di migliaia di scimmie vengono prelevate e caricate in piccole scatole nelle stive di aerei e spedite ai laboratori di tutto il mondo. Un traffico ignobile che impoverisce la fauna già fortemente a rischio di Stati economicamente deboli e sovvenziona spesso fenomeni di caccia illegale e cruenta. Le madri vengono catturate per diventare fattrici di cuccioli prodotti “in serie” e i piccoli spediti direttamente ai laboratori, soprattutto in Europa e negli U.S.A. La sperimentazione su queste specie, di cui è stata riconosciuta la stretta vicinanza genetica e comportamentale con l’uomo, è particolarmente invasiva, vengono spesso usate per investigazioni neurologiche, procedure sul dolore e studi di malattie come l’AIDS, nonostante non ci siano evidenze scientifiche che ne dimostrino l’utilità. 

www.lav.it
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giovedì 23 febbraio 2012

Vivono nei mari antartici: Il 90% è a rischio 
I pesci con l'antigelo rischiano l'estinzione  
 Il particolare sangue che consente loro di resistere a temperature sotto lo zero diventerebbe dannoso
 
Un nototenioide antartico
MILANO - Mari più caldi, pesci a rischio. Il 90% dei pesci nell’oceano Meridionale, quello che circonda l’Antartide, appartengono a un gruppo così ben adattato alle sue acque gelide, che se la temperatura del mare salisse solo di pochi gradi, rischierebbero l’estinzione. Vale a dire che la quasi totalità dell’ittiofauna antartica rischia di sparire. Con conseguenze che si ripercuoterebbero su tutta la catena alimentare visto che questi pesci rappresentano la principale fonte di cibo per i predatori quali pinguini, foche e balene. 
 
ANTIGELO - Sono i nototenioidei e il loro sangue scorre fluido perché possiedono una proteina che funziona da antigelo. «Questi pesci si sono adattati così bene a vivere in acque con temperature costantemente al di sotto dello zero, comprese tra -2 e -1 °C, nel corso degli ultimi 30-40 milioni di anni, che non sopporterebbero variazioni di temperatura», spiega Tomaso Patarnello, del dipartimento di biomedicina comparata e alimentazione dell’Università di Padova, a capo della ricerca. «E, dato che è stato appurato che le acque di alcune regioni dell’Antartide sono quelle che si stanno riscaldando più rapidamente, in proiezione se si continua a questo ritmo questi pesci si potrebbero estinguerebbero in 100-200 anni».
Patarnello ha condotto uno studio sui nototenioidei insieme a Lorenzo Zane, del dipartimento di biologia dell’ateneo patavino, e in collaborazione con ricercatori dell’Università di Yale (Stati Uniti). In un articolo appena uscito su Pnas, rivista dell’Accademia delle scienze Usa, si analizza la storia evolutiva dei pesci antartici e delle loro proteine antigelo. «Sono pesci di tutte le dimensioni», continua Patarnello, «da pochi centimetri a oltre un metro, e appartengono a un centinaio di specie, che noi abbiamo studiato nella quasi totalità». 

L’ORIGINE - «L’origine e diversificazione dei pesci antartici forniscono un modello esemplare di come l’evoluzione opera. Circa 40 milioni di anni fa si verificò un periodo di rapido raffreddamento che portò all’estinzione di massa della fauna ittica dell’oceano Meridionale adattata ad acque temperate. Ma l’acquisizione di proteine antigelo permise ai nototenioidei di sopravvivere in mari con temperature sottozero, adattandosi alle nicchie ecologiche lasciate vacanti». L’acquisizione delle proteine antigelo data tra 42 e 22 milioni di anni fa, e fu determinante ma il numero delle specie dei nototenioidei antartici crebbe negli ultimi 15 milioni di anni, per cui i ricercatori ritengono che altri fattori ecologici contribuirono poi al loro straordinario successo. 

CONSEGUENZE DEVASTANTI - «Ci sono voluti tanti milioni di anni per giungere alla loro grande affermazione», continua Patarnello, «che è avvenuta in un ambiente a temperature costanti - mentre invece questi pesci potrebbero trovarsi ad affrontare in tempi relativamente rapidi temperature sopra lo zero che non hanno mai sperimentato. Le stesse caratteristiche che hanno consentito loro di sopravvivere e prosperare durante il periodo di raffreddamento terrestre li rendono ora estremamente vulnerabili a un futuro surriscaldamento che potrebbe essere devastante e portare all’estinzione di organismi che sono il frutto di una storia evolutiva irripetibile».
 
Massimo Spampani 

23 febbraio 2012
www.corriere.it
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martedì 21 febbraio 2012


È il nuovo record: il precedente era di una palma da dattero di 2 mila anni

Fatta fiorire una pianta con un seme di 32 mila anni fa

Recuperato in una tana fossilizzata di scoiattoli a 38 metri di profondità nella tundra siberiana
 
La pianta di Silene stenophylla «resuscitata» (da Pnas)MILANO - Per 32 mila anni quel seme era stato conservato a 38 metri di profondità nel permafrost - il terreno perennemente gelato della tundra siberiana nord-orientale - contenuto in una tana fossilizzata di scoiattoli a Duvanny Yar, sulle rive del corso inferiore del fiume Kolyma. Un gruppo di scienziati russi del Centro di ricerche di Pushkino l'ha riportato in vita e l'ha fatto germogliare. Il fiore, al di là delle più rosee aspettative degli stessi ricercatori, è sbocciato e, al posto di mammut giganteschi che se lo sarebbero ingollato in un attimo, si è trovato accudito meglio di un figlio, bersagliato di fotografie e pubblicato sul numero odierno dell'autorevole rivista scientifica americana Pnas.
 
SILENE - La piantina di Silene stenophylla, una specie tipica di quelle zone della Siberia, è diventata un caso unico: è la pianta che è germogliata dal seme più vecchio. Il record precedente era posseduto da una palma da dattero, il cui seme - datato 2 mila anni - era stato recuperato nelle rovine della cittadella fortificata di Masada, nel deserto del mar Morto in Israele. L'unica differenza è che la piantina di Silene ricavata dal seme che è stato datato con il metodo del carbonio-14 tra 31.500 e 32.100 anni fa, è un po' più piccola rispetto alle piante attuali che crescono in Siberia e con i petali di forma leggermente diversa. Secondo Svetlana Yashina e David Gilichinsky (il quale purtroppo è deceduto alcuni giorni fa per un attacco cardiaco dopo una crisi di asma), alla guida del gruppo di scienziati che hanno reso possibile il successo, il seme è stato conservato per oltre 30 mila anni a una temperatura di 7 gradi sottozero in un terreno che non è mai sgelato. Questo ha consentito al suo Dna di conservarsi intatto e soprattutto di mantenere la capacità di germogliare, fatto che però è avvenuto dopo l'impiego di tecniche molto sofisticate per evitare di rovinare un seme così fragile.
RECORD - Al di là del record, ciò che stupisce i botanici è la capacità germinativa della Silene. Infatti i normali semi di papavero, portati a una temperatura di -7 °C, dopo 160 anni solo il 2% conserva la forza di germogliare. I russi hanno fatto germogliare 36 piantine di Silene, con un successo del 100% mentre i campioni attuali della stessa pianta hanno un successo germinativo che non supera il 90%.
PROSPETTIVE - Il successo del gruppo di scienziati russi apre nuove prospettive sulla possibilità di riportare in vita piante o addirittura animali estinti - si pensi ai mammut - conservati congelati per millenni nel permafrost siberiano. Possibilità che apre però anche numerosi interrogativi di carattere etico.
21 febbraio 2012 | 18:10

www.corriere.it
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lunedì 20 febbraio 2012

LO SOSTIENE UNO STUDIO DELLA QUEEN MARY UNIVERSITY DI LONDRA  
Anche le capre hanno un loro accento  
I cuccioli imparentati hanno una voce simile, ancor di più se i consanguinei crescono nello stesso gruppo sociale 
 
(Reuters)
MILANO – Anche le capre parlano in dialetto e, con la frequentazione e a prescindere dal ruolo dei geni, tendono a emettere una tipologia di suoni simile ai membri del gruppo con i quali crescono e vivono. Lo sostiene una ricerca pubblicata sull’Animal Behaviour journal che non fa che confermare che l’ambiente, anche negli animali, ha un fortissimo impatto e spesso non ha nulla da invidiare ai geni in fatto di importanza. 
 
QUESTIONE DI DIALETTO – Genovese o napoletano, milanese o torinese: l’essere umano a seconda della provenienza geografica parla diversamente. Ma è pur vero che talvolta da bambini è sufficiente una vacanza per acquisire, per condizionamento e imitazione inconscia, l’accento di un altro posto. E per le capre non è così diverso. Proprio come gli esseri umani questi animali sono infatti in grado di sviluppare un accento nel proprio verso che differisce profondamente dall’intonazione di altri gruppi, come fa notare Bbc nel dare la notizia, proponendo una registrazione di tre differenti versi caprini a seconda del gruppo sociale registrato. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori della Queen Mary University di Londra che hanno riscontrato accenti differenti in differenti gruppi di capre. «Nonostante il ridotto repertorio vocale, i richiami dei capretti fratellastri sono diventati più simili se allevati insieme nell'ambito dello stesso gruppo sociale», notano gli studiosi. 
LA PLASTICITÀ DELLE CAPRE - Elodie Briefer e Alan McElligott, della School of biological and chemical sciences della Queen Mary, hanno condotto lo studio osservando gli effetti genetici e sociali dei piccoli di capra riguardo alla plasticità della voce. Ovvero quella capacità, di solito tutta umana (ma riconosciuta anche agli elefanti e ai delfini), di modificare il suono della voce a seconda dell’ambiente. I ricercatori hanno infatti registrato e monitorato il timbro sonoro di alcuni piccoli di capra all’età di una settimana e all’età di cinque settimane. 

Il campione di ovini studiato comprendeva sia fratelli che fratellastri e se è stato notato un timbro di voce più simile al crescere del legame genetico, è stato altresì rilevato che i fratellastri allevati nello stesso gruppo sociale tendevano ad acquisire un repertorio vocale molto più simile. Il contributo dei geni è insomma fondamentale, ma se la capra emigra e perde di vista i parenti tenderà ad assumere un accento omologato alle nuove frequentazioni, così come fratelli e sorelle stando molto insieme avranno un’intonazione del verso quasi identica. Perché il Dna non è tutto e l’ambiente è l’altra variabile assolutamente fondamentale. Un po’ come quando da piccoli si va in vacanza e si torna con un altro accento. 

Emanuela Di Pasqua 

20 febbraio 2012
www.corriere.it
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giovedì 16 febbraio 2012

campagne di abbattimento e Gare a premi per chi ne uccide di più a fucilate
Ecologia agli antipodi, la caccia all'opossum  
Importati nell'800 dall'Australia i marsupiali non hanno antagonisti. Ora sono milioni e minacciano l'ambiente
 
Un esemplare di opossum dalla coda a pennello australiano (Afp) WELLINGTON - Nella verde Nuova Zelanda, paradiso naturalistico in prima linea a livello internazionale per la salvaguardia delle specie in via d’estinzione, il nemico numero uno è un piccolo marsupiale peloso, cacciato, perseguitato, sterminato in tutti i modi possibili. Ossessione nazionale, l’opossum, introdotto dalla vicina Australia nel 1837 con la malaugurata idea di avviare un’industria delle pellicce, si è moltiplicato fuori controllo fino a raggiungere l’impressionante cifra di 30 milioni di esemplari (equivalente a sette marsupiali per ogni abitante neozelandese). 
 
UN ESERCITO INARRESTABILE – E’ un vero e proprio esercito che divora otto milioni di tonnellate di vegetazione ogni anno e che fa scempio di uova di uccelli nativi, il venerato kiwi in primis. Portatore sano di tubercolosi bovina, l’infido animaletto, il cui nome scientifico è trichosurus vulpecula, è anche capace di sterminare allevamenti interi. Niente riesce a fermare la corsa dell’opossum verso l’approvvigionamento: a differenza dell’Australia, spiegano al Dipartimento della Conservazione (Doc), in Nuova Zelanda non esistono animali predatori in grado di contrastarlo, né piante velenose o provviste di spine che lo facciano desistere da un pranzetto prelibato. 

CACCIA SERRATA - Da qui l’odio feroce dei neozelandesi che contano su allevamento e agricoltura per sbarcare il lunario. E’ dagli anni 40 che il Doc neozelandese ha avviato una crociata contro l’odiato batuffolo di pelo. Cento milioni di dollari all’anno sono spesi in veleno e trappole e sono state addirittura messe delle «taglie» sulle teste degli opossum, con ricchi premi a chi fa fuori a fucilate intere famiglie di marsupiali. La lotta ha avuto alcuni effetti: dal picco storico di 70 milioni di esemplari, il Doc ha annunciato nel 2009 che la popolazione dell’ospite indesiderato si è dimezzata. Restano comunque tanti, tantissimi, gli esemplari presenti sul territorio, una vera e propria «pest» che, ammette il Dipartimento, non potrà mai essere veramente debellata. 

Prodotti realizzati con pelo di opossum e lana merino in vendita a Wellington (Foto: E. Kay)
 
BUSINESS PROPIZIO - Ma, a far buon viso a cattiva sorte, il proverbiale senso pratico dei kiwi ha permesso di trarre vantaggio da questa calamità: nel 1996 gli inventivi neozelandesi hanno prodotto un nuovo filato, chiamato supreme possum merino, un mix di lana merino e di pelo di opossum da utilizzare per la fabbricazione di maglioni, sciarpe e guanti particolarmente morbidi e dalla caratteristica anti-perspirante. Al grido di «Buy a possum and save a forest» (compra opossum e salvi una foresta) anche la pelliccia dell’inviso animale è ora utilizzata per la confezione di coperte, cappelli, colli di pelliccia, manicotti e interni di stivali e pantofole. L’opossum, insomma, la fa da padrone sugli scaffali dei negozi di abbigliamento e di souvenir: capi di abbigliamento, eleganti, come le linee Untouched World (che annova fra i suoi clienti anche l’ex presidente Usa Bill Clinton) e Possum Trendnz, o sportive, quali New Zealand Nature Company o l’iconico marchio neozelandese Icebreaker, sono venduti su siti specializzati e spediti in tutto il mondo.
MACABRA IRONIA - I neozelandesi sono anche riusciti, con macabra ironia, a ridere sulla loro ossessione: in commercio ci sono T-shirt che invitano a investire con la macchina il malaugurato animaletto che attraversa ignaro una strada di campagna e biscotti di cioccolato dalla forma di opossum schiacciato dalle ruote di un autoveicolo. In forma di delizioso pasticcino, insomma, l’impeto distruttivo nei confronti dello sgraditissimo ospite si sublima, ma la guerra nei boschi e nei viottoli di montagna è tutt’altro che conclusa. 

Emma Kay 

16 febbraio 2012
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Bologna: il lupo che mangiò dalle mani di una donna (video)
15 febbraio 2012
 
GEAPRESS – Un filmato breve ma intenso. Ricco di attenzioni. Tutte per il povero lupo prelevato, con 35 pallini di piombo in corpo, nelle gelide acque del fiume Limentra, nell’Appennino bolognese. Attenzioni, però, che fanno pensare non solo al lupo in questione, ma a tutti quelli che in questi giorni di grande freddo sembra siano diventati (senza aver mosso un … pelo) il capro espiatorio delle nostre frustrazioni e di chissà quali interessi armati. Lupi che assediano paesi, hanno titolato alcuni giornali. Lupi che assediano paesi e che aggrediscono l’uomo. Poi, però, l’indagine del Corpo Forestale dello Stato ha rilevato che trattavasi di un cane. Se i lupi, ha detto sempre la Forestale, arrivano nei pressi dei centri abitati, non è perché sono affamati. Seguono semplicemente le loro prede che giungono a valle. Quelle debilitate o ferite. L’inverno, per il lupo, è un periodo felice. Ha tanto da mangiare e di sicuro di sgranocchiarsi un uomo non può importargliene di meno.
Eppure, il lupo soccorso dalla Polizia Provinciale di Bologna e dagli esperti del Centro Tutela e Ricerca Fauna Esotica e Selvatica di Sasso Marconi, ai quali deve la vita, ha mangiato un uovo dalle mani di Elisa Berti. Non ha morso nessuno. Non ha aggredito nessuno. Questo non significa che in determinate condizioni non possa farlo, ma, come aveva comunicato lo stesso Corpo Forestale, sono eventi altamente improbabili. Non date da mangiare ai lupi, dunque. Quello dell’uovo, leggerete a breve, è un fatto eccezionale ben motivato dalle uniche circostanze, ma è pur vero che di cercare uno scontro con i poveri lupi in questi giorni ce la stiamo mettendo tutta.
Il Lupo Navarre, così è stato chiamato dal Centro di Sasso Marconi, non ha mai fatto del male a nessuno anche se qualche ragione, a volerlo giudicare con il nostro carattere, potrebbe anche averla. 35 pallini di piombo devono avergli bruciato parecchio. E’ un dolore insopportabile. Inizia come una scossa, poi il bruciore sempre più forte e insopportabile. Il povero Navarre lo ha avuto ripetuto ben 35 volte.
Non gli sta mancando niente. L’assistenza del Centro di Sasso Marconi, l’ausilio di un ottimo centro veterinario a Lodi, diretto dal dott. Offer Zeira. Per Navarre anche la risonanza magnetica che ha permesso di individuare esattamente l’infiammazione che lo aveva quasi immobilizzato (vedi articolo GeaPress). Fa tenerezza Navarre, vederlo ora nel recinto fornito di telecamere nascoste, sia per monitorarlo costantemente che per non farlo abituare alla presenza dell’uomo. E’ un po’ spelacchiato, ma dopo tutto quello che ha passato è decisamente il male minore.
Un filmato da vedere tutto, dicevamo. A Navarre si era fermato il cuore e non respirava più. Come non pensare alla povera volpe di Venezia trappolata dall’uomo, divenuta oggetto di chiamata di soccorso e incredibilmente uccisa con una assurda giustificazione di legge in realtà esistente solo nelle errate righe rilasciate dalla Provincia ( vedi articolo GeaPress).
A Bologna la Polizia Provinciale ha soccorso il lupo. Gli esperti del Centro di Sasso Marconi, per riportarlo in vita, gli hanno fatto il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. Poi Navarre ha ripreso a respirare. Nel frattempo veniva scaldato, la corsa al Centro di Sasso Marconi e da qui fino a Lodi.
Navarre è vivo, alla faccia di chi lo voleva morto. Da ammazzare lui come tutti gli altri lupi italiani finiti sotto la falcidia dell’ignoranza e dell’arroganza dell’uomo. Vittima della pessima gestione del territorio che da anni va gridando al lupo. Un po’ come gridare in ogni circostanza “vergogna vergogna” per non farsi guardare in tasca.
“Navarre va migliorando ed ha dato ormai ottimi segnali di ripresa – riferisce a GeaPress Elisa Berti, Responsabile del Centro di Sasso Marconi – E’ un sorvegliato speciale, ma un po’ come lo sono tutti i nostri animali, recuperati dalle storie più incredibili“.
Chiediamo ad Elisa Berti come si è sentita nel dare da mangiare a un lupo con le sue mani. “Vorrei precisare che l’ho fatto per invogliarlo. E’ avvenuto in maniera graduale. Un contatto molto limitato alle cure – riferisce la Responsabile del Centro – Il lupo è un animale molto intelligente. Poi Navarre è selvatico, da cinque anni, nato in natura e vissuto in natura. Diciamo che Navarre risponde bene alle cure“.
Insistiamo con la domanda, in fin dei conti dare da mangiare a un lupo impone qualche riflessione. Elisa insiste nella sua impostazione, ovvero è servito alla cura di un lupo gravemente debilitato, anche se, quando lo ha prelevato assieme ad altri due operatori dal Centro, Elisa (ci dice qualcuno) piangeva. Il lupo era morto, o almeno così sembrava.
“Forse non riesco a dirlo. Indubbiamente Navarre è un concentrato di emozioni. Dovere intervenire per invitarlo a mangiare, in quelle condizioni, l’ho sentito quasi come un privilegio. Si chiude tutto in quel momento. Navarre è selvatico e deve tornare tale. Ora a monitorarlo ci pensano le telecamere“.
Giorni duri per il lupo, sembra quasi che tutti l’abbiano preso di mira. Anche se su questo Elisa Berti ha pochi dubbi. “Credo che dietro gli articoli allarmistici di questi giorni si nasconda una poca conoscenza del lupo. E’ troppo comodo dare la colpa al lupo e Navarre ne è un esempio. Quei 35 pallini se li porta dentro. L’uomo non lo ama. Occorrerebbe più informazione“.
© Copyright GeaPress
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martedì 14 febbraio 2012

CENTINAIA DI LEPRI DESTINATE AL MASSACRO
Denuncia del Wwf a Taranto
 
14 febbraio 2012 - Centinaia di lepri allevate “destinate al massacro”: è questo il destino di 1000 esemplari che verranno immessi in natura nella provincia di Taranto e le avverse condizioni atmosferiche – denuncia il Wwf Puglia – “potrebbero compromettere seriamente la sopravvivenza degli animali”.
http://www.animalieanimali.it/Images//Img1-52271.jpgQuesta “strage – denuncia il Wwf Puglia – è annunciata dalle delibere che il Comitato Tecnico di Gestione dell’Ambito territoriale di Caccia (Atc) di Taranto ha approvato ai sensi della legge regionale n.27/98 e dal piano di immissione, che individua con precisione chirurgica le zone destinate al 'ripopolamentò e il numero di capi, per una spesa di circa 180 mila euro”.
E qualche giorno prima, “è stata l’Atc di Lecce ad annunciare un intervento simile di circa 90 mila euro”. “In nome della legge – denuncia il Wwf – sono stati spesi regolarmente centinaia di migliaia di euro per immolare tanti esseri che zampettando nelle verdi praterie dovrebbero, secondo le stesse delibere, ripopolare il territorio”.
In una lettera indirizzata al presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido e al presidente dell’Atc Taranto Pietro Binetti il Wwf chiede di sospendere urgentemente l’operazione di immissione delle lepri in quanto effettuata “ai soli fini venatori” e “inopportuna anche dal punto di vista economico e finanziario”.
“Siamo sconcertati dalla decisione assunta dalla Provincia di Taranto – afferma il presidente del Wwf Puglia, Antonio De Feo – che in dispregio a qualsiasi aspettativa di buonsenso ha deciso di effettuare un’operazione ambientalmente insostenibile ed economicamente opinabile”.
“Riteniamo – conclude De Feo - che molto più utili ed efficaci risultano altre tipologie di interventi di miglioramenti ambientali tesi al mantenimento e allo sviluppo naturale delle popolazioni di fauna selvatica".
“Oggi invece – conclude la nota – siamo costretti a denunciare ulteriori ricadute ambientali negative sul territorio provinciale a causa della immissione di lepri allevate, destinate a morte sicura in quanto rischiano di essere immessi in aree inospitali in condizioni meteorologicamente proibitive”.


da lagazzettadelmezzogiorno.it
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Dolcificante tossico

NEOTAME: IL DOLCIFICANTE MONSANTO, SCONOSCIUTO AI PIU' MA PUR SEMPRE TOSSICO
 
Commercializzato spesso come Equal e Nutrasweet, l'aspartame è molto noto come dolcificante neurotossico usato in molti prodotti alimentari. Questo dolcificante artificiale ( artificial sweetener ) che causa il cancro, sta minacciando la salute della popolazione  di tutto il mondo e si è persino scoperto che è stato creato usando batteri geneticamente modificati (genetically modified bacteria).

Mentre molti conoscono l'aspartame e i suoi pericoli, c'è un altro dolcificante meno noto nel mondo degli alimentari di cui in molti non sanno nulla.
Introdotto dal gigante biotech Monsanto, il Neotame fu creato come nuovo dolcificante e esaltatore di sapidità per essere usato nei prodotti alimentari.

Il 9 luglio 2002, la statunitense
FDA  decise che la funzionalità e la sicurezza del Neotame lo rendevano pronto per il consumo (available for consumption) , quindi questo significo' approvarlo.

Quel che preoccupa è che, mentre il Neotame ha una struttura simile all'aspartame, le sostanze chimiche usate per produrlo sembra che lo rendano 
persino piu' tossico dell'aspartame.
Entrambi, sia l'aspartame che il Neotame, sono fatti di sostanze che metabolizzano in un veleno altamente tossico: la formaldeide
.
In aggiunta, contengono un aminoacido
eccitotossinico  che agita, ovvero danneggia i nervi.  Sebbene molto simile all'aspartame nella struttura chimica , il Neotame ha l'aggiunta di una sostanza chimica che l'aspartame non ha:  il 3-dimethylbutyl, che guarda caso è sulla lista dei pericoli chimici della americana Environmental Protection Agency ( hazardous chemical list).

HolisticMed riporta:

Il Neotame ha una struttura simile all'aspartame, ad eccezione del fatto che , per sua struttura, appare persino piu' tossico dell'aspartame. Il potenziale aumento nella tossicità, farà la differenza, poichè ne verrà usato meno nelle bevande dietetiche. Come l'aspartame, alcune delle preoccupazioni a suo carico includono il danno graduale neurotossico ed immunotossico, che deriva dalla combinazione dei metaboliti della formaldeide (tossica in dosi estremamente basse) con l'amminoacido eccitotossico.
Quale la parte peggiore? Anche se voleste evitare il dolcificante, trovereste che è impossibile : non solo NON ci sono regole per le etichette del Neotame, ma è persino incluso nel cibo biologico certificato dalla USDA .

Dunque, quale la soluzione? Se state cercando di evitare il Neotame, la miglior cosa da fare è comprare prodotti bio che hanno pochissimi ingredienti oppure niente del tutto. Tanto meno sono gli ingredienti, tanto minore la possibilità che si nasconda il Neotame tra essi.


Considerata la storia dietro la Monsanto e le sue altre creazioni - L'
Agent Orange, IL Roundup,e i raccolti OGM – sembra piuttosto chiaro che il loro Neotame non farà una eccezione per chi lo consuma.

da http://saluteolistica.blogspot.com
 
FONTE:: http://naturalsociety.com/toxic-artificial-sweetener-neotame-may-be-lurking-in-your-organic-food/#ixzz1mIDRmt2A
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lunedì 13 febbraio 2012

MISTERI DEL MONDO ANIMALE

La spiegazione scientifica del colore del mantello

Le strisce delle zebre? Allontanano gli insetti

Grazie a forma e colore esercitano una funzione repellente. I risultati di uno studio ungherese
 
Un branco di zebre
MILANO - Le strisce delle zebre non sono più un mistero. A svelare l'arcano è uno studio ungherese, pubblicato sul Journal of Experimental Biology, che ha spiegato come i segni bianchi e neri abbiano la funzione di proteggere questi animali dagli insetti e dai parassiti della savana. 
 
DIBATTITO NELLA COMUNITA' SCIENTIFICA - Il mantello a strisce è da tempo oggetto di dispute all’interno della comunità scientifica. Nel corso degli anni sono state avanzate diverse ipotesi: alcuni pensavano che i segni fossero utili alla mimetizzazione - «i leoni non distinguono i colori e potrebbero confondere le strisce con i fili d'erba» - altri hanno pensato invece che aiutassero le zebre a riconoscersi tra loro. Ma nessuna di queste teorie aveva mai soddisfatto del tutto gli studiosi. Fino a quando un gruppo internazionale di ricercatori svedesi e ungheresi ha scoperto come la geometria e l'accostamento di colori delle strisce sia poco attraente per tafani, zanzare e mosche cavalline. Ad attirare questi insetti è, infatti, il riflesso della luce dell'acqua sulla pelle degli animali. Il riverbero di solito è orizzontale e serve agli insetti per individuare i bacini in cui possano deporre le uova. Quindi la disposizione verticale delle zebre disorienta i parassiti. 

LUCE RIFLESSA E COLORE - Ma non solo. A fungere da repellente naturale sono anche i colori. Studiando un'infestazione di mosche in un allevamento di cavalli in Ungheria, i ricercatori hanno osservato infatti che il manto bianco e nero non piace agli insetti succhia-sangue. Nel caso del nero e del marrone, la luce viene riflessa in forma polarizzata lungo un piano orizzontale. Questo effetto attira molto alcuni insetti, come quelli volanti che si nutrono con il sangue dei cavalli. A differenza dei mantelli scuri, quelli bianchi , invece, riflettono la luce in forma non polarizzata: le onde elettromagnetiche viaggiano su ogni piano e per questo non sono appetibili per i tafani. Ed ecco spiegato perché i cavalli con il mantello bianco sono di solito molto meno infastiditi da simili insetti rispetto agli altri equini con colorazioni più scure. Le zebre però presentano entrambi i colori, bianco e scuro, caratteristica che lasciava perplessi gli studiosi. Poi, la scoperta: «Più sono sottili le strisce, meno i tafani vengono attirati», ha spiegato alla Bbc una delle autrici della ricerca, Susanne Akesson dell'Università di Lund, in Svezia. 

Marta Serafini
 
twitter: @martaserafini 

13 febbraio 2012 (modifica il 14 febbraio 2012)
www.corriere.it
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IL REGNO DELLE NUTRIE, 1400 ABBATTIMENTI DELLA PROVINCIA DI VENEZIA
I roditori sempre più presenti anche sul Marzenego e a San Giuliano.
   
http://www.animalieanimali.it/Images//Img1-52268.jpg

13 feb 2012 - C’è chi le trova graziose, una presenza che attira risate e stupore quando le si nota in aree verdi e rive di canali. C’è invece chi le teme come possibile veicolo di trasmissione di malattie o danni per il territorio per le buche nei terreni di aziende agricole e corsi d’acqua. Parliamo delle nutrie, una presenza oramai costante anche in pieno centro città. Le rive del Marzenego vicino a piazzale Olimpia la sera si riempiono di esemplari, come testimoniano le foto. Se ne vedono anche sui prati del parco di San Giuliano. Una trentina di esemplari sono stati abbattuti nei giorni scorsi a Mestre dagli uomini della Polizia provinciale che nel corso del 2011 in tutta la provincia, spiega l’assessore provinciale Giuseppe Canali, è intervenuta con campagne mirate abbattendone 1.470 capi.
«E’ un’opera di contenimento che svolgiamo con la Polizia provinciale e d’intesa con l’istituto nazionale Fauna Selvatica. Una alternativa sarebbe le reti lungo le rive dei canali ma nel Veneziano è una impresa difficile visti i chilometri di corsi d’acqua che abbiamo. Al parco di S. Giuliano operiamo in collaborazione con l’ente Parchi. Si tratta di interveniti per contenere i danni provocati da questi animali che scavano buche lungo le rive dei canali».
Il piano provinciale di controllo della nutria (una femmina può partorire fino a 13 piccoli anche 3 volte l’anno) prevede un monitoraggio sulla base degli avvistamenti, il rilascio di autorizzazioni al trappolaggio con distribuzione ai contadini di kit di soppressione eutanasica e di autorizzazioni all’abbattimento con fucile a cacciatori indicati da Comuni e consorzi di bonifica. Per le segnalazioni, spiega Canali, è attivo un numero verde: 800.128.580. La nutria è un roditore arrivato dal Sudamerica negli anni Trenta per la produzione di pellicce di castorino e che qui non ha predatori. Associazioni animaliste come la Lav propongono metodi meno cruenti come la sterilizzazione chirurgica.

(m.ch.) – nuovavenezia.it
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venerdì 10 febbraio 2012

Taranto: i ricci di mare tornano liberi

Taranto: i ricci di mare tornano liberi
L'intervento della Capitaneria di Porto e le nuove norme sulla licenza a punti. 
 
 

 
GEAPRESS, 10 febbraio 2012 – Nuova liberazione di ricci di mare ad opera della Capitaneria di Porto di Taranto. I militari della Guardia Costiera sono intervenuti ieri sera in località “lama” con il Nucleo Difesa Mare istituito dalla stessa Capitaneria. Un subacqueo aveva già catturato, nello specchio di mare antistante, ben 1200 ricci di mare. Tutti gli animali posti sotto sequestro, sono così tornati alla vita libera. Era già successo, ad opera della stessa Capitaneria, nel marzo scorso (vedi articolo GeaPress) Tutta l’attrezzatura è stata posta sotto sequestro mentre al subacqueo sono state commutate 4000 euro di sanzione.La differenza rispetto all’anno scorso, ad avviso della Capitaneria, risiede nel decreto legislativo n. 4 del 9 gennaio 2012, entrato in vigore lo scorso due febbraio. Un nuovo e complesso sistema sanzionatorio che ha mandato in pensione la vecchia legge risalente al 1965. Tra le novità non solo l’inasprimento delle sanzioni sia amministrative che penali, ma anche l’addebito a carico del colpevole, degli onori di custodia e distruzione degli attrezzi sequestrati.
Per i pescatori professionali vi è poi la licenza a punti. Similmente al più famoso meccanismo che regola le patenti di guida, anche in questo caso è stato previsto un meccanismo progressivo con la sospensione della licenza per periodi via via crescenti fino ad arrivare, nei casi estremi, alla revoca della stessa. Un analogo meccanismo a punti è stato altresì previsto anche per i Comandanti dei pescherecci.

© Copyright GeaPress
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martedì 7 febbraio 2012

«Basta schiavitù», le orche fanno causa al parco  
Azione legale contro SeaWorld: gli avvocati dei cinque cetacei si appelleranno in tribunale al tredicesimo emendamento

 
L'orca Kasatka nuota con un suo cucciolo in una vasca del SeaWorld di San Diego (Epa)
MILANO – Cinque maestose orche vivono distribuite in tre famosi parchi americani, costrette in piscine che, paragonate alle loro imponenti dimensioni, ricordano delle vasche da bagno, con l’unico compito di intrattenere gli esseri umani. Trapiantate dal loro ambiente naturale, vivono in condizioni di forte stress e le organizzazioni animaliste parlano di una sorta di tratta delle orche. E per queste moderne schiave d’America la Peta chiede ora la restituzione della libertà e la parificazione all’uomo nei suoi diritti inviolabili. Appellandosi alla Costituzione americana e all’emendamento in cui si abolisce la schiavitù. 
 
REGIME DI SCHIAVITU’- Gli avvocati di Peta (People for Etichal Treatment of Animals) sostengono che le orche (Orcinus orca) di SeaWorld siano detenute in regime di schiavitù, essendo costrette a vivere in vasche e ad esibirsi quotidianamente nei parchi di proprietà della società. E decidono di trascinare in tribunale l’organizzazione proprietaria dei tre parchi in Florida, Texas e California. Per restituire a Tilikum, Katina, Kasatka, Ulises e Corky, questi i nomi dei cinque animali, la loro dignità e liberarli dall’oppressione. Il team legale dell’organizzazione animalista ritiene infatti che quando un essere vivente viene rimosso forzatamente dal proprio habitat, imprigionato, costretto a lavorare e infine gli viene negata per sempre la libertà, ci si trova davanti a una vera e propria schiavitù. 
PARTE LESA – La causa, presentata nell’ottobre dello scorso anno e sostenuta anche da tre esperti di orche e da due ex addestratori di SeaWorld, individua nei cinque animali la parte lesa e mira a tutelare i loro diritti nel corso del procedimento. Tilikum, Katina, Kasatka, Ulises e Corky sono stati tutti catturati in mare aperto e trasferiti in vasche di cemento dalle quali escono soltanto per esibirsi di fronte agli spettatori dei parchi di Seaworld. La richiesta di Peta è quella di liberare le orche, destinandole a un ambiente che sia loro più congeniale, come i parchi marini costieri, dove ai cetacei verrebbero restituiti gli ampi spazi di movimento dei quali necessitano, la possibilità di incontrare propri simili e tutti quei comportamenti naturali che sono loro stati negati per molto tempo. 
IL TREDICESIMO EMENDAMENTO - Peta invoca per i cinque mammiferi marini l’applicazione del Tredicesimo Emendamento della Costituzione americana, entrato in vigore il 6 dicembre 1865, che sancisce l’abolizione della schiavitù su tutto il territorio statunitense. Jeffrey Kerr, uno dei legali dei cinque mammiferi marini, spiega che la battaglia giuridica crea un precedente e per la prima volta vengono ascoltate le ragioni di un essere che vive, respira e sente e, anche se non si tratta di un essere umano, il giogo della servitù non ha più diritto di esistere. Si è aggiunto infine a rappresentare le cinque orche Phil Hirschkop, l’avvocato che quarant’anni fa vinse la battaglia giuridica che portò all’autorizzazione dei matrimoni interrazziali nella sentenza Loving contro lo stato della Virginia. Ma il legale della controparte, Theodore Shaw, commenta con tono ironico che il preambolo della Costituzione degli Stati Uniti d’America non fa riferimento agli animali: «Nella storica frase We the people (noi, il popolo) nessuno alludeva alle orche». Senza contare, fa notare Shaw, che un’estensione totale dei diritti costituzionali agli animali avrebbe forti ripercussioni sugli zoo e persino sull’addestramento dei cani per la ricerca di droga ed esplosivi. 
PRIMO AVVERTIMENTO - Del resto che i cetacei mal sopportino le condizioni di vita dei parchi di SeaWorld era già stato sospettato: nel 2010 infatti un’orca uccise l’addestratrice del SeaWorld di Orlando, dopo averla aggredita e trascinata sul fondo durante un’esibizione. Due anni fa Tilikum, nota come “Tilly”, causò la morte di Dawn Brancheau, quarantenne sentinel del parco acquatico di Shamo (dopo aver già ucciso nel 1991 un altro dei suoi allenatori). Nel 2010 Peta non risparmiò le critiche, interpretando subito l’accaduto come una risposta di forte stress da parte degli animali e sollecitando SeaWorld a fermare gli spettacoli, nonostante gli attacchi di questi mammiferi marini siano episodi piuttosto rari. «L’attacco da parte di Tilly è una tragedia che non doveva accadere», disse allora l’organizzazione animalista, che però rimarcò già al tempo come non ci fosse da stupirsi delle reazioni violente di questi enormi animali intelligenti se costretti a vivere una vita da schiavi.

Emanuela Di Pasqua

 7 febbraio 2012 | 15:07

www.corriere.it
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lunedì 6 febbraio 2012

Pecore tracciano sentiero, salvi da isolamento
Le pecore di un agriturismo di Anversa degli Abruzzi tracciano nella neve il sentiero che permetter ai proprietari di rompere un isolamento durato tre giorni e raggiungere il paese 

 
 
ANVERSA DEGLI ABRUZZI (L'AQUILA) - E' grazie ad un sentiero tracciato nella neve da alcuni cavalli e oltre 400 pecore che i proprietari di un agriturismo di Anversa degli Abruzzi, isolati da tre giorni a causa del maltempo, sono riusciti a raggiungere il paese. Resta ancora chiusa al traffico per pericolo slavine, infatti, la strada statale 479 che collega Anversa degli Abruzzi a Scanno (L'Aquila). La statale, che collega la Valle del Sagittario con la Valle Peligna, viene percorsa da convogli scortati da pattuglie di carabinieri solo per le emergenze. I militari, ieri, ad esempio, hanno dovuto raggiungere la residenza sanitaria assistita di Villalago (L'Aquila), che ospita una cinquantina di anziani per portare bombole d'ossigeno e medicine. Il passaggio delle pecore ha fatto gioire anche i volatili, che hanno finalmente potuto alimentarsi. "Le greggi con le loro deiezioni - spiega il presidente dell'Arpo, Nunzio Marcelli - consentono agli uccelli di recuperare la parte indigesta dei cereali presenti, alimentandosi così anche in questo momento di grave difficoltà a reperire il cibo, essendo tutto coperto dalla neve".

6 febbraio 2012

ANSA
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sabato 4 febbraio 2012

In Usa caldo record, orsi gia' fuori dal letargo 
Oscillazione Atlantica impedisce a freddo di arrivare in America

ROMA, 3 febbraio 2012 - Se in tutta Europa si gela e si indossano i vestiti pesanti, dall'altra parte dell'Atlantico si gioca a golf e si corre nei parchi. Lo stesso fenomeno atmosferico che ha portato il freddo fino al Mediterraneo, avvertono gli esperti alla tv statunitense Fox News, sta invece causando un inverno cosi' caldo che persino gli orsi stanno uscendo dal letargo con mesi di anticipo.

Il mese di gennaio e' stato il terzo piu' caldo mai registrato negli Usa, e le previsioni sono di altri due mesi di temperature piu' alte della media anche di cinque gradi: "Questo ha fatto si' che invece che rimanere ibernati fino a marzo, come avviene di solito, gli orsi bruni stanno emergendo ora dal sonno - spiega Paul Curtis, della Cornell University - in questi giorni ci sono diverse segnalazioni dalla Florida alla Georgia di esemplari che si avvicinano ai centri urbani a caccia di cibo".

La ragione alla base del caldo inusuale, che ha diminuito anche le precipitazioni nevose di piu' della meta' in certi casi, e' il cambiamento nell'oscillazione Artica, lo stesso che ha portato il freddo in Europa, combinato pero' con una condizione locale: l'oscillazione Atlantica, che nel 90% dei casi e' accoppiata con quella Artica, in questo caso non lo e', e impedisce alle correnti fredde di raggiungere gli Usa. Il caldo sta facendo fiorire gli alberi da frutto precocemente, ammoniscono gli esperti, e fra gli animali ad essersi risvegliati non sono solo gli orsi, ma anche specie piu' piccole ma piu' fastidiose: "Molte persone stanno segnalando problemi con le pulci gia' oggi, nel bel mezzo dell'inverno - conferma Jody Gangloff-Kaufmann, entomologa della New York State university - e ci aspettiamo un boom di zecche e zanzare nei prossimi mesi, dovuto alle miti condizioni invernali".

Non gioiscono neanche i negozianti, scrive l'agenzia Reuters: tutti i principali marchi di abbigliamento registrano cali nelle vendite dei capi invernali, mentre a salvarsi sono solo quelli che sono riusciti a mettere gia' sugli scaffali la collezione primaverile.

ANSA
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venerdì 3 febbraio 2012

Il caldo estivo sul polo Nord condiziona l’inverno successivo 
Freddo polare in Europa: colpa dello scioglimento dei ghiacci artici 
Alterati venti e pressione: indebolito l’anticiclone delle Azzorre, l’aria polare si può così espandere sul continente

 
Il Reno ghiacciato a Colonia (Epa)
MILANO – Il grande freddo che in questi giorni ha trasformato l’Europa centro-orientale e anche l’Italia in una sorta di cella frigorifera ha una causa che è il suo esatto opposto: fa troppo caldo. Una battuta (freddura?) scadente, una contraddizione di termini? Secondo i ricercatori tedeschi dell’Istituto Wegener dell’Associazione Helmholtz il freddo gelido sull’Europa dipende dallo scioglimento estivo record della calotta del polo Nord che modifica la circolazione atmosferica artica.
BANCHISA - Nello studio pubblicato sulla rivista Tellus A, viene spiegato che il ghiaccio artico riflette nell’atmosfera gran parte della luce solare che riceve. Se la banchisa si scioglie, il calore del sole riscalda l’oceano che, tra l’altro, è più scuro del ghiaccio e assorbe molto più calore. Inoltre la copertura ghiacciata impedisce che il calore immagazzinato dagli oceani sia poi rilasciato nell’atmosfera riscaldandone gli strati inferiori. Il risultato è che l’aria si riscalda più del normale, specie in autunno e in inverno perché in queste stagioni l’oceano è più caldo dell’atmosfera. L’aria riscaldata tende a salire rendendo instabile la colonna atmosferica, spiega Ralf Jaiser, a capo della ricerca, alterando i meccanismi che regolano la pressione e la circolazione dell’aria.
ANTICICLONE - Uno di questi meccanismi controlla le differenze di pressione tra l’Artico e le medie latitudini: le basse pressioni intorno all’Islanda e l’anticiclone delle Azzorre. Se la differenza di pressione tra le due strutture resta alta, i venti occidentali portano aria più calda e umida dall’Atlantico sull’Europa. Se invece la differenza di pressione è minore, i venti occidentali non arrivano – o arrivano con meno intensità – non riescono a impedire che le masse artiche gelate si possano espandere sul continente come è avvenuto negli ultimi due inverni.
STESSI RISULTATI - Recentemente un'altra ricerca indipendente da quella degli studiosi tedeschi era arrivata alla stessa conclusione. Il raffreddamento invernale, dicono in sostanza i meteorologi americani, è da mettere in relazione con il forte riscaldamento al quale sono state sottoposte le regioni artiche nei mesi di luglio, agosto e settembre.
Paolo Virtuani

 3 febbraio 2012

www.corriere.it
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giovedì 2 febbraio 2012

Erin Brockovich indaga su misteriosa malattia, ma e' polemica 
Colpiti teenager nello Stato di New York, forse colpa dell'acqua

WASHINGTON, 2 febbraio 2012 - Una misteriosa malattia ha colpito piu' di una dozzina di teenager nello Stato di New York. Per indagare e' scesa in campo anche la famosa attivista ambientale, Erin Brockovich. Ma e' polemica. Il caso 'Le Roy' (dal nome della cittadina dove alcuni adolescenti sono improvvisamente caduti preda di manifestazioni violente e debilitanti simili alla sindrome di Tourette) e' da qualche tempo sotto la lente della Brockovich, resa famosa nel film del 2000 'Tutta la verita', dove il suo personaggio venne impersonato da Julia Roberts. Il gruppo di giovanissimi, sino a pochi mesi fa completamente sani e normali, manifesta tic facciali, esplode in attacchi verbali e soffre persino di convulsioni. Ma sinora nessun medico e' riuscito a fornire una spiegazione convincente del fenomeno. Alcuni neurologi hanno parlato di 'sindrome di conversione', ossia una sorta di isteria di massa, ma le famiglie, gli stessi pazienti e la comunita' tutta non ne sono convinti. La Brockovich sta indagando il possibile collegamento con un episodio di inquinamento avvenuto addirittura nel 1970, quando il deragliamento di un treno carico di trielina a soli 4 km dalla scuola frequentata dai giovani avrebbe potuto inquinare le falde acquifere. I tecnici stanno analizzando l'acqua potabile della zona, ma la squadra spedita dalla Brockovich sul terreno della scuola per prelevare campioni si e' vista negare l'accesso dalle autorita'. I rappresentanti della scuola hanno accusato la donna di creare uno spettacolo mediatico. Ma i genitori dei ragazzi continuano a chiedere il coinvolgimento dell'attivista che riusci' a smascherare una contaminazione chimica gravissima in California.

ANSA
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mercoledì 1 febbraio 2012

LA RIVELAZIONE
Il patto di ferro delle Kessler:  «Se una cade in stato vegetativo, l'altra l'aiuta a morire»
Le gemelle Alice ed Ellen, 75enni, svelano in un' intervista al settimanale «Chi» il reciproco impegno per il fine vita
 
MILANO - Dopo tanta vita insieme, non sarà la malattia a rompere l'incantesimo del leggendario sodalizio: «Se una di noi si ridurrà allo stato vegetativo, l'altra l'aiuterà a uscire di scena». A 75 anni Alice e Ellen Kessler sono ancora tanto in forma da poter sostenere una tournée di quasi un mese - dal 7 febbraio al 4 marzo balleranno e canteranno in giro per l'Europa con il musical«Dr Jekyll e Mr Hyde» - e certo abbastanza lucide da stabilire con il dovuto anticipo se e come aiutarsi nel caso una delle due un giorno non fosse più in grado di decidere se e come morire. E' il patto di ferro siglato dalle due gemelle di Monaco di Baviera che in un'intervista al settimanale «Chi» parlano senza reticenze del loro sì all'eutanasia. Se una delle due entrerà in coma irreversbile o sarà comunque ridotta allo stato vegetativo, l'altra l'aiuterà a morire. Una scelta-choc, che le due gemelle vivono invece come l'ennesimo gesto di affetto reciproco.



GLI AMORI, IL LIFTING - Nella lunga intervista, le Kessler fanno il punto su carriera, uomini, gelosie, lifting, denaro, sottolineando le loro profonde differenze: «Con Umberto Orsini ci siamo lasciati dopo vent'anni perchè l'ho sorpreso al telefono con un'altra - confessa Ellen, la più fedele e posata - Provò a sostenere di essere diventato gay. Diceva che in quanto attore aveva diritto a un'amante...». Ribatte Alice, la più spiritosa: «Io invece, nel frattempo, mi sono data da fare! Faccio sempre questa battuta: lei ha avuto un uomo per vent'anni, io venti uomini in un anno». Il tempo che passa? «Non ho l'ossessione, ma ogni tanto guardo Ellen e penso: assomiglio a lei? Terribile! Non mi sono mai pentita del lifting che ho fatto, ma speravo meglio».

31 gennaio 2012

www.corriere.it 
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