giovedì 1 marzo 2012

Ma gli scienziati sono divisi se questi cnidari stanno effettivamente aumentando 
Troppe meduse fanno «ammalare» i mari  
Divorano i batteri mangia-CO2 che evitano l'acidificazione dell'acqua e il rilascio di anidride carbonica in atmosfera
 
MILANO - Mentre si lamenta la crescita della popolazione di meduse nei mari dell'intero pianeta, prende forma l'ipotesi di un loro ruolo attivo nell'acidificazione degli oceani. Secondo lo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences da un team di ricerca del Virginia Institute of Marine Science, le meduse sarebbero infatti corresponsabili del rallentamento di un processo fondamentale: quello che vede i batteri marini digerire e trasformare i resti animali.
BATTERI - I batteri marini deputati alla decomposizione gestiscono bene i vertebrati, da cui riescono ad assorbire carbonio, fosforo, azoto e altri elementi chimici. Al termine del loro lavoro, questi batteri reimmettono nella catena alimentare una serie di nutrienti preziosi per l'intero ciclo della vita acquatica. Con invertebrati come le meduse, le cose cambiano. La quantità di carbonio prodotta dai batteri per trasformare le carcasse degli invertebrati in biomassa è troppo alta per essere completamente assorbita: non gli rimane che restituirla sotto forma di anidride carbonica. Che finisce nell'atmosfera.
  Le meduse del mondo    Le meduse del mondo    Le meduse del mondo    Le meduse del mondo    Le meduse del mondo

VELOCITÀ MAI VISTA - «Gli oceani», spiega Carol Turley, ricercatrice presso il laboratorio marino della Plymouth University, «sono riusciti sinora a tamponare l'effetto dei cambiamenti climatici, raccogliendo e rielaborando, nel corso degli ultimi duecento anni, il 25% dell'anidride carbonica prodotta dall'uomo. Se però la CO2 aumenta, aumenta anche l'acidità dell'acqua. Questo è quello che sta succedendo oggi, a una velocità mai vista in 600 milioni di anni». E non è finita.
VORACITÀ - Le meduse potrebbero contribuire al peggioramento del problema anche a causa della loro voracità. Questi animali divorano enormi quantità di plancton (privando in tal modo i pesci più piccoli del nutrimento necessario), ma non vengono a loro volta divorati con uguale rapidità: squali e tonni, loro abituali predatori, sono sempre di meno. Nel trasferimento di energia all'interno della catena alimentare si inserisce così un impaccio ulteriore.
FALSI PRESUPPOSTI - Ma nel panorama scientifico globale c'è anche chi considera l'intero problema fondato su falsi presupposti. Secondo Carlos Duarte, scienziato presso il Consiglio superiore di ricerca scientifica spagnolo e tra i fondatori del Global Jellyfish Group, non esistono prove certe che dimostrino l'eccezionalità del numero attuale di meduse. La loro popolazione, afferma Duarte, nel corso dei decenni è effettivamente cresciuta in alcune regioni, mentre è diminuita o ha fluttuato in altre aree. Per comprendere la situazione, sostiene, è necessario «condividere i dati e fornire prove scientifiche, non speculazioni». Nelle speranze di Duarte, la creazione di un apposito database permetterà agli scienziati di capire se le meduse sono realmente cresciute di numero; se ciò è successo per effetto dell'uomo; oppure, se si tratta semplicemente di una maggiore attenzione alla loro presenza dovuta all'impatto di questi animali su settori economicamente strategici come pesca e turismo. 

Elisabetta Curzel 

29 febbraio 2012 
 (modifica il 1 marzo 2012)
www.corriere.it

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