In un secolo sono scomparse il 75% delle varietà di frutta
29 aprile 2013 - I frutti del passato per garantire un futuro più sostenibile, per
salvaguardare la cultura italiana e al tempo stesso venire incontro
all’esigenza, sempre più sentita, di mangiare cibi sani, privi di
alterazioni e veleni.
Questo il tema del seminario ‘Frutti del passato per un futuro
sostenibile’ organizzato dall’Ispra, che si è tenuto lo scorso 19 aprile
2013 presso il ministero delle Politiche agricole, in cui i massimi
esperti italiani ed internazionali di salvaguardia della biodiversità
agraria e recupero di varietà in via di estinzione hanno discusso “su
come recuperare le colture perdute in una prospettiva futura, di grande
utilità sia per l’aspetto alimentare e scientifico che per quello
economico e sociale”.
Infatti, “nell’ultimo secolo, in Italia, alcune specie di
frutta come albicocco, ciliegio, pesco, pero, mandorlo e susino hanno
registrato una perdita di varietà pari a circa il 75%, con
punte massime per albicocco e pero, dal tasso di sopravvivenza varietale
di appena il 12%. Nel solo Sud Italia, tra il 1950 e il 1983, è stato
riscontrato che delle 103 varietà locali mappate durante il primo
sopralluogo, solo 28 erano ancora coltivate poco più di trent’anni
dopo.
Perfino una coltura che è orgoglio dell’Italia, come quella della
vite da vino, sembra essersi terribilmente ‘impoverita’ nell’ultimo
secolo”. Questi sono alcuni dei dati che testimoniano l’importanza di
tutelare la frutta e i prodotti agricoli della nostra storia. Per il
made in Italy d’eccellenza, che è il nostro vino, “a partire dalla
ricostituzione dei vigneti conseguente alla diffusione della fillossera
(insetto dannoso per la vite) avvenuta a fine Ottocento, il numero dei
vitigni, coltivati all’epoca in alcune migliaia (400 nella sola
provincia di Torino), è sceso nel 2000 a circa 350, di cui 10 soltanto
occupano il 45% della superficie vitata italiana”, denuncia l’Ispra.
A livello più generale, uno studio della Fao stima che “tra il 1900 e
il 2000 sia andato perduto il 75% della diversità delle colture”.
Inoltre, l’organizzazione delle Nazioni Unite prevede che “entro il
2055, a causa del cambiamento climatico,
scompariranno tra il 16 e il 22% dei parenti selvatici per colture
importanti come arachidi, patate e fagioli”. Per frutti del passato,
‘antichi e dimenticati’, "si intendono quelli che negli ultimi 50 anni
hanno conosciuto un lento e silenzioso abbandono, per l’affermazione
della frutticoltura moderna o industriale”.
Si trattava “di produzioni localizzate, selezionate in numerose
varietà nel corso dei secoli; dovevano resistere a stress biotici
causati da funghi, batteri, nematodi e insetti vari, perché non c’erano
gli anticrittogamici, e a quelli abiotici dipendenti dalla disponibilità
idrica e dalla qualità dell’acqua, dalla qualità della luce, dalla
temperatura”.
La sottoutilizzazione delle colture, infatti, “porta anche un
impoverimento culturale, tanto più in Italia, paese che per i prodotti
di nicchia ha un ruolo importante, con oltre 200 produzioni certificate
che rappresentano più del 20% del totale europeo- sottolinea l’Ispra- Le
indicazioni geografiche sono una dimostrazione del legame tra
territorio, cultura e agricoltura, ma va notato che la maggior parte
della biodiversità coltivata e dei saperi tradizionali ad essa associati
sono custoditi in una categoria di aziende in genere condotte da
persone sopra i 65 anni”.
Finora, le attività di ‘recupero’ delle specie hanno portato a
valorizzarne diverse, in funzione di mercati particolari. “Si va da
varietà di albicocco come la Tonda di Castigliole in Piemonte- conclude
l’Ispra- la Valleggia in Liguria, la Valvenosta in Alto Adige, la Cibo
del Paradiso in Puglia, al ciliegio con la Mora di Cazzano in Veneto, il
Durone Nero I, II e III in Emilia Romagna, la Ravenna nel Lazio, la
Della Recca in Campania, la Ferrovia in Puglia, fino al melo con la
Limoncella nel Lazio e in Campania, la Mela Rosa nell’Italia Centrale,
la Appio in Sicilia e Sardegna, la Campanino in Emilia Romagna, la Decio
in Veneto”.
Fonte: ilcambiamento.it
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