venerdì 28 dicembre 2012
Baleniere giapponesi – scoppia la “guerra” con il Regno Unito
Duro comunicato del Ministro dell'Ambiente e degli Affari Rurali: caccia alla balene inutile e crudele.
28 dicembre 2012
GEAPRESS – E’ di poche ore addietro la notizia diffusa da Sea Shepherd relativa alla partenza delle baleniere giapponesi. La destinazione, come è noto, è il santuario dei cetacei dell’oceano antartide. Una “battaglia” in vista, con le navi di Sea Shepherd che attendono i giapponesi e questi ultimi che hanno comunicato la presenza a bordo di personale di vigilanza. Nella vicenda si inserisce ora un duro comunicato appena emesso dal Ministero dell’Ambiente e degli Affari Rurali del Regno unito.
Secondo il Ministro della Pesca Richard Benyon la “strage di balene del Giappone è crudele e scientificamente inutile“. Per questo, il Ministro ha esortato il Giappone a fermare le baleniere. Imbarcazioni, queste ultime, che utilizzano di fatto il pretesto della ricerca scientifica per aggirare la moratoria esistente in tema di caccia alle balene.
Il Ministro inglese è apparso molto duro nei toni. Benyon, infatti, ha aggiunto come non ci sia “assolutamente alcuna giustificazione per la caccia alle balene“. L’intento dichiarato del Ministro è dunque quello di continuare ad opporsi in ogni occasione possibile. La quota prestabilita dal Giappone per l’attuale stagione di caccia è di 935 balenottere minori e 50 balenottere comuni. E dire che, sempre secondo i dati del Ministero inglese, il 75% circa delle 1.200 tonnellate di carne ricavate nelle precedente stagione non sono stato vendute. Questo nonostante i ripetuti tentativi di metterle all’asta.
Il Regno Unito, però, è andato molto oltre nella sua contrarietà a queste forme di caccia. Andrebbero bandite tutte, tranne quelle di sussistenza. Secondo il Ministero della Pesca, il Giappone sarebbe responsabile della morte di oltre 20.000 balene da quando, nel 1986, è entrato in vigore il divieto. Per contro, nei trentadue anni antecedenti (quando cioè era ancora in vigore la caccia commerciale) le balene uccise per scopi dichiaramente scientifici sono state appena 840. Una scienza particolarmente sanguinaria, dunque, quella ora chiamata a sostegno del prelievo giapponese.
© Copyright GeaPress
Duro comunicato del Ministro dell'Ambiente e degli Affari Rurali: caccia alla balene inutile e crudele.
28 dicembre 2012
GEAPRESS – E’ di poche ore addietro la notizia diffusa da Sea Shepherd relativa alla partenza delle baleniere giapponesi. La destinazione, come è noto, è il santuario dei cetacei dell’oceano antartide. Una “battaglia” in vista, con le navi di Sea Shepherd che attendono i giapponesi e questi ultimi che hanno comunicato la presenza a bordo di personale di vigilanza. Nella vicenda si inserisce ora un duro comunicato appena emesso dal Ministero dell’Ambiente e degli Affari Rurali del Regno unito.
Secondo il Ministro della Pesca Richard Benyon la “strage di balene del Giappone è crudele e scientificamente inutile“. Per questo, il Ministro ha esortato il Giappone a fermare le baleniere. Imbarcazioni, queste ultime, che utilizzano di fatto il pretesto della ricerca scientifica per aggirare la moratoria esistente in tema di caccia alle balene.
Il Ministro inglese è apparso molto duro nei toni. Benyon, infatti, ha aggiunto come non ci sia “assolutamente alcuna giustificazione per la caccia alle balene“. L’intento dichiarato del Ministro è dunque quello di continuare ad opporsi in ogni occasione possibile. La quota prestabilita dal Giappone per l’attuale stagione di caccia è di 935 balenottere minori e 50 balenottere comuni. E dire che, sempre secondo i dati del Ministero inglese, il 75% circa delle 1.200 tonnellate di carne ricavate nelle precedente stagione non sono stato vendute. Questo nonostante i ripetuti tentativi di metterle all’asta.
Il Regno Unito, però, è andato molto oltre nella sua contrarietà a queste forme di caccia. Andrebbero bandite tutte, tranne quelle di sussistenza. Secondo il Ministero della Pesca, il Giappone sarebbe responsabile della morte di oltre 20.000 balene da quando, nel 1986, è entrato in vigore il divieto. Per contro, nei trentadue anni antecedenti (quando cioè era ancora in vigore la caccia commerciale) le balene uccise per scopi dichiaramente scientifici sono state appena 840. Una scienza particolarmente sanguinaria, dunque, quella ora chiamata a sostegno del prelievo giapponese.
© Copyright GeaPress
giovedì 20 dicembre 2012
Record di rinoceronti uccisi in Sudafrica
Johannesburg, 20 dicembre 2012 - Il ritmo del massacro dei rinoceronti in Sudafrica per il commercio delle corna ha subito una forte accelerazione nel 2012, con un numero record di almeno 633 animali uccisi dal 1mo gennaio, a fronte di 448 nel 2011. Lo riferisce il ministero dell'Ambiente. Più del 60% dei rinoceronti uccisi dai bracconieri si trovano nel famoso Kruger National Park, al confine con il Mozambico. Le autorità sudafricane sostengono che i bracconieri sono basati proprio in Mozambico e attraversano il confine per uccidere o rinoceronti, le cui corna sono vendute a prezzi esorbitanti sul mercato nero della medicina tradizionale asiatica, soprattutto in Vietnam. In Africa vive quasi l'80% di tutti i rinoceronti nel mondo e la metà di loro si trovano nel Kruger National Park, prima destinazione del Paese per gli amanti della fauna selvatica.
ANSA-AFP
Johannesburg, 20 dicembre 2012 - Il ritmo del massacro dei rinoceronti in Sudafrica per il commercio delle corna ha subito una forte accelerazione nel 2012, con un numero record di almeno 633 animali uccisi dal 1mo gennaio, a fronte di 448 nel 2011. Lo riferisce il ministero dell'Ambiente. Più del 60% dei rinoceronti uccisi dai bracconieri si trovano nel famoso Kruger National Park, al confine con il Mozambico. Le autorità sudafricane sostengono che i bracconieri sono basati proprio in Mozambico e attraversano il confine per uccidere o rinoceronti, le cui corna sono vendute a prezzi esorbitanti sul mercato nero della medicina tradizionale asiatica, soprattutto in Vietnam. In Africa vive quasi l'80% di tutti i rinoceronti nel mondo e la metà di loro si trovano nel Kruger National Park, prima destinazione del Paese per gli amanti della fauna selvatica.
ANSA-AFP
mercoledì 19 dicembre 2012
prospettive
«La clonazione umana entro 50 anni»
Secondo Gurdon, Nobel per la medicina, una tecnica sicura sarebbe accettata dall’umanità. Soprattutto se servisse per chi ha perso un figlio o a curare patologie serie
MILANO - Agli inizi degli anni Sessanta il bioetico Leon Kass,
rispondendo all’entusiasmo del genetista Joshua Lederberg sull’ipotesi
di clonazione umana, scriveva «la riproduzione programmata dell'uomo, in
effetti, finirà per disumanizzarlo». Il dibattito non si è mai placato e
vari film e libri hanno delineato, talvolta anche in modo ironico, il
ritratto di un mondo dove sia possibile creare una coppia geneticamente
identica di un essere umano. Ora lo scienziato John Gurdon, tra i pionieri dell’umanità in fatto di clonazione, aggiunge una voce autorevole al dibattito, spingendosi a previsioni imminenti quanto azzardate, ma anche decisamente semplificate dalla stampa straniera, che enfatizza le previsioni dello scienziato entro 50 anni estrapolandole dal contesto di un’intervista molto approfondita.
DUPLICARE, CREARE - Clonare gli esseri umani: cosa c’è di più vicino a Dio nel decidere le fattezze di nuova creatura, magari facendo rivivere un figlio perso prematuramente e donandogli le stesse sembianze del compianto figlioletto? Una cosa meravigliosa secondo alcuni, inquietante secondo altri, ma in tutti i casi per nulla fantascientifica a sentir parlare Sir John Gurdon, vincitore quest'anno del Nobel per la medicina grazie ai suoi studi sulle staminali pluripotenti indotte, che in una lunga intervista alla Bbc si è soffermato a lungo sulle varie ipotesi di clonazione umana, osservando che la clonazione riproduttiva comporta soprattutto problemi riguardo alla probabilità di anomalie, mentre quella terapeutica sarebbe un grande vantaggio per l’umanità, offrendo una sorta di clone a servizio dell’individuo originale.
LE PREVISIONI DI JOHN GURDON - Se la tecnica fosse messa a punto con raffinata precisione, cosa assolutamente possibile, secondo Sir John Gurdon la clonazione dell’essere umano sarebbe eticamente accettata tra non molto. Il Nobel sostiene che entro cinquant’anni potrebbe trattarsi di uno scenario reale e fa riferimento anche al decesso tragico di un figlio per giustificarlo e addirittura spingerlo. Basterebbero un ovocita della madre e alcune cellule epiteliali del bambino defunto per creare un clone. Parlando alla radio della Bbclo scienziato dell’Università di Cambridge, che in passato ha lavorato sui primi progetti di clonazione riguardanti gli anfibi (molto prima della pecora Dolly), ha dichiarato che di per sé il meccanismo della clonazione è molto semplice: «Si tratta semplicemente di copiare ciò che la natura ha già prodotto».
PRO E CONTRO - Certo le questioni calde riguardanti la bioetica non sono poche né riguardano argomenti lievi, ma secondo Gurdon questo progresso scientifico verrà accettato dalla gente perché consentirà di alleviare le sofferenze umane e migliorare la qualità di vita. Lo scienziato, grande sostenitore e studioso della clonazione, fa poi notare di interpellare regolarmente a questo proposito i partecipanti alle sue letture pubbliche presso l’Università di Cambridge, rilevando che una media del 60 per cento tra gli uditori è favorevole a clonare l’essere umano. «Le ragioni del no - fa notare ancora il Nobel per la medicina - riguardano i sentimenti del nuovo bambino, che sentirebbe chiaramente di essere venuto al mondo per rimpiazzare qualcuno, ma non si può impedire a un padre e una madre colpiti da un dolore così atroce di seguire questa strada». In fin dei conti, come nota Gurdon, le innovazioni vengono sempre guardate con un certo sospetto: basta pensare alla fecondazione in vitro, che scatenò al tempo un’ondata di proteste e di lettere intimidatorie. Ma dopo la nascita di Louise Brown, la prima test tube baby, anche questa rivoluzione diventò largamente accettata.
50 ANNI, A METÀ STRADA TRA 10 E 100 - Ma perché proprio tra cinquant'anni? Gurdon specifica di aver dato la stessa risposta che diede quando, al tempo in cui lavorava sulla clonazione degli anfibi (nel 1958), gli furono chieste previsioni riguardo a un’ipotesi di clonazione sui mammiferi o gli esseri umani: «In realtà è possibile che la clonazione umana si verifichi tra dieci come cento anni. Facciamo cinquanta?».
SIR JOHN GURDON – Gurdon ha vinto il premio Nobel per la medicina nel 2012, con il collega giapponese Shinya Yamanaka, per il lavoro sulle cellule staminali pluripotenti indotte. Nel 1958 fece uso di tecniche di trapianto nucleare per clonare un anfibio del genere Xenopus, realizzando la prima clonazione di un vertebrato tramite l'utilizzo di un nucleo proveniente da una cellula adulta completamente differenziata. L’ipotesi di una clonazione umana attualmente potrebbe avere molti tipi di applicazione: da quella terapeutica, rivolta alla medicina rigenerativa, al prelievo di cellule staminali da individui clonati, dalla clonazione come rimedio al processo di senescenza per finire con quella di “rimpiazzamento” (termine suggerito da Preston Epstep). In tutti i casi John Gurdon nell’intervista colloquiale esplora vari scenari, correndo anche il rischio di essere male interpretato. E del resto il giornalista cita la testimonianza dell’insegnante di biologia, che lo ricorda come uno «che faceva le cose a modo suo».
LA LEGISLAZIONE - Attualmente in Australia è consentita la clonazione a fini terapeutici e la creazione di embrioni umani per la ricerca sulle cellule staminali. In Europa invece la convenzione europea sui diritti umani e la biomedicina ("European Convention on Human Rights and Biomedicine") proibisce la clonazione umana in uno dei suoi protocolli aggiuntivi, che però è stato ratificato solo dalla Grecia, dalla Spagna e dal Portogallo. La carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proibisce esplicitamente la clonazione umana riproduttiva, ma il capitolo non è vincolante giuridicamente. In America le legislazioni dei vari Stati sono disomogenee e si va dagli Stati che la proibiscono a quelli che vietano solo la clonazione riproduttiva. Tutto può essere dunque nel futuro imminente e lo scetticismo e l’ostilità che colpirono più di cinquanta anni fa le intuizioni del giovanissimo Gurdon dimostrano che la scienza va avanti, che le resistenze culturali si attenuano e che il primo clone umano potrebbe arrivare tra non molto. Ma anche i Nobel possono sbagliare.
Emanuela Di Pasqua
19 dicembre 2012
www.corriere.it
«La clonazione umana entro 50 anni»
Secondo Gurdon, Nobel per la medicina, una tecnica sicura sarebbe accettata dall’umanità. Soprattutto se servisse per chi ha perso un figlio o a curare patologie serie
DUPLICARE, CREARE - Clonare gli esseri umani: cosa c’è di più vicino a Dio nel decidere le fattezze di nuova creatura, magari facendo rivivere un figlio perso prematuramente e donandogli le stesse sembianze del compianto figlioletto? Una cosa meravigliosa secondo alcuni, inquietante secondo altri, ma in tutti i casi per nulla fantascientifica a sentir parlare Sir John Gurdon, vincitore quest'anno del Nobel per la medicina grazie ai suoi studi sulle staminali pluripotenti indotte, che in una lunga intervista alla Bbc si è soffermato a lungo sulle varie ipotesi di clonazione umana, osservando che la clonazione riproduttiva comporta soprattutto problemi riguardo alla probabilità di anomalie, mentre quella terapeutica sarebbe un grande vantaggio per l’umanità, offrendo una sorta di clone a servizio dell’individuo originale.
LE PREVISIONI DI JOHN GURDON - Se la tecnica fosse messa a punto con raffinata precisione, cosa assolutamente possibile, secondo Sir John Gurdon la clonazione dell’essere umano sarebbe eticamente accettata tra non molto. Il Nobel sostiene che entro cinquant’anni potrebbe trattarsi di uno scenario reale e fa riferimento anche al decesso tragico di un figlio per giustificarlo e addirittura spingerlo. Basterebbero un ovocita della madre e alcune cellule epiteliali del bambino defunto per creare un clone. Parlando alla radio della Bbclo scienziato dell’Università di Cambridge, che in passato ha lavorato sui primi progetti di clonazione riguardanti gli anfibi (molto prima della pecora Dolly), ha dichiarato che di per sé il meccanismo della clonazione è molto semplice: «Si tratta semplicemente di copiare ciò che la natura ha già prodotto».
PRO E CONTRO - Certo le questioni calde riguardanti la bioetica non sono poche né riguardano argomenti lievi, ma secondo Gurdon questo progresso scientifico verrà accettato dalla gente perché consentirà di alleviare le sofferenze umane e migliorare la qualità di vita. Lo scienziato, grande sostenitore e studioso della clonazione, fa poi notare di interpellare regolarmente a questo proposito i partecipanti alle sue letture pubbliche presso l’Università di Cambridge, rilevando che una media del 60 per cento tra gli uditori è favorevole a clonare l’essere umano. «Le ragioni del no - fa notare ancora il Nobel per la medicina - riguardano i sentimenti del nuovo bambino, che sentirebbe chiaramente di essere venuto al mondo per rimpiazzare qualcuno, ma non si può impedire a un padre e una madre colpiti da un dolore così atroce di seguire questa strada». In fin dei conti, come nota Gurdon, le innovazioni vengono sempre guardate con un certo sospetto: basta pensare alla fecondazione in vitro, che scatenò al tempo un’ondata di proteste e di lettere intimidatorie. Ma dopo la nascita di Louise Brown, la prima test tube baby, anche questa rivoluzione diventò largamente accettata.
50 ANNI, A METÀ STRADA TRA 10 E 100 - Ma perché proprio tra cinquant'anni? Gurdon specifica di aver dato la stessa risposta che diede quando, al tempo in cui lavorava sulla clonazione degli anfibi (nel 1958), gli furono chieste previsioni riguardo a un’ipotesi di clonazione sui mammiferi o gli esseri umani: «In realtà è possibile che la clonazione umana si verifichi tra dieci come cento anni. Facciamo cinquanta?».
SIR JOHN GURDON – Gurdon ha vinto il premio Nobel per la medicina nel 2012, con il collega giapponese Shinya Yamanaka, per il lavoro sulle cellule staminali pluripotenti indotte. Nel 1958 fece uso di tecniche di trapianto nucleare per clonare un anfibio del genere Xenopus, realizzando la prima clonazione di un vertebrato tramite l'utilizzo di un nucleo proveniente da una cellula adulta completamente differenziata. L’ipotesi di una clonazione umana attualmente potrebbe avere molti tipi di applicazione: da quella terapeutica, rivolta alla medicina rigenerativa, al prelievo di cellule staminali da individui clonati, dalla clonazione come rimedio al processo di senescenza per finire con quella di “rimpiazzamento” (termine suggerito da Preston Epstep). In tutti i casi John Gurdon nell’intervista colloquiale esplora vari scenari, correndo anche il rischio di essere male interpretato. E del resto il giornalista cita la testimonianza dell’insegnante di biologia, che lo ricorda come uno «che faceva le cose a modo suo».
LA LEGISLAZIONE - Attualmente in Australia è consentita la clonazione a fini terapeutici e la creazione di embrioni umani per la ricerca sulle cellule staminali. In Europa invece la convenzione europea sui diritti umani e la biomedicina ("European Convention on Human Rights and Biomedicine") proibisce la clonazione umana in uno dei suoi protocolli aggiuntivi, che però è stato ratificato solo dalla Grecia, dalla Spagna e dal Portogallo. La carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proibisce esplicitamente la clonazione umana riproduttiva, ma il capitolo non è vincolante giuridicamente. In America le legislazioni dei vari Stati sono disomogenee e si va dagli Stati che la proibiscono a quelli che vietano solo la clonazione riproduttiva. Tutto può essere dunque nel futuro imminente e lo scetticismo e l’ostilità che colpirono più di cinquanta anni fa le intuizioni del giovanissimo Gurdon dimostrano che la scienza va avanti, che le resistenze culturali si attenuano e che il primo clone umano potrebbe arrivare tra non molto. Ma anche i Nobel possono sbagliare.
Emanuela Di Pasqua
19 dicembre 2012
www.corriere.it
martedì 18 dicembre 2012
Maxi sequestro di avorio in Malaysia
Kuala Lumpur, 18 dicembre 2012 - Le autorita' di dogana malaysiane hanno scoperto non piu' tardi di una settimana fa un traffico clandestino di zanne di elefante nascoste all'interno di cavita' ricavate in cataste di legname di mogano destinato all'esportazione. Alimentato dalla crescente domanda cinese, il prezzo dell'avorio e' arrivato a oltre 2000 dollari al chilo, di conseguenza decine di miglia di elefanti vengono uccisi ogni anno in Africa per alimentare il commercio clandestino dell'avorio. Un massacro che ha avuto un'impennata in questi ultimi anni e che ha messo in pericolo la sopravvivenza della specie.
(Adnkronos)
Kuala Lumpur, 18 dicembre 2012 - Le autorita' di dogana malaysiane hanno scoperto non piu' tardi di una settimana fa un traffico clandestino di zanne di elefante nascoste all'interno di cavita' ricavate in cataste di legname di mogano destinato all'esportazione. Alimentato dalla crescente domanda cinese, il prezzo dell'avorio e' arrivato a oltre 2000 dollari al chilo, di conseguenza decine di miglia di elefanti vengono uccisi ogni anno in Africa per alimentare il commercio clandestino dell'avorio. Un massacro che ha avuto un'impennata in questi ultimi anni e che ha messo in pericolo la sopravvivenza della specie.
(Adnkronos)
giovedì 13 dicembre 2012
OBBLIGO SOCCORSO STRADALE DEGLI ANIMALI, PUBBLICATO IL DECRETO ATTUATIVO
Soddisfazione di Lav ed Enpa
13 dic 12 - Da oggi si è rafforzato il cambiamento del Codice della Strada che ha fissato dall’estate 2010 l’obbligo di fermarsi in caso di incidente con un animale, l’equiparazione dello stato di necessità di trasporto di un animale ferito come per una persona, l’utilizzo di sirena e lampeggiante per ambulanze veterinarie e mezzi di vigilanza zoofila. E’ stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.289 il Decreto attuativo del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
“La norma ha preso atto del cambiamento del sentire comune sul dovere di prestare soccorso anche agli animali e le sanzioni irrogate fino ad oggi per le violazioni sono state un esempio positivo per automobilisti e Polizie locali - hanno detto Gianluca Felicetti, presidente LAV e Carla Rocchi, presidente nazionale dell’ENPA - nel Decreto siamo riusciti a far inserire il pieno riconoscimento del privato cittadino che porta per dovere civico un animale incidentato in un ambulatorio veterinario, la necessità di intervento anche ai fini della tutela dell’incolumità pubblica e il pieno riconoscimento dell’attività delle Guardie zoofile. Ora le Regioni e i Comuni devono rafforzare i propri compiti di intervento già previsti da altre normative“.
Il Decreto ministeriale fissa, fra l’altro, le caratteristiche delle autoambulanze veterinarie le cui attrezzature specifiche saranno individuate dal Ministero della Salute, la certificazione anche successiva dello stato di necessità di intervento sull’animale da parte di un veterinario e gli stati patologici che fanno scattare questo riconoscimento cioè trauma grave, ferite aperte, emorragie, alterazioni e convulsioni.
Il Decreto Ministeriale 9 ottobre 2012 n.217 Regolamento di attuazione dell'articolo 177, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come modificato dall'articolo 31, comma 1, della legge 29 luglio 2010, n. 120, in materia di trasporto e soccorso di animali in stato di necessità, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.289 del 12.12.2012, è consultabile qui http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=1&datagu=2012-12-12&task=dettaglio&numgu=289&redaz=012G0238&tmstp=1355396450138 Entra in vigore il 27 dicembre 2012
Per saperne di più su obblighi, diritti e doveri http://www.lav.it/index.php?id=1631
Soddisfazione di Lav ed Enpa
13 dic 12 - Da oggi si è rafforzato il cambiamento del Codice della Strada che ha fissato dall’estate 2010 l’obbligo di fermarsi in caso di incidente con un animale, l’equiparazione dello stato di necessità di trasporto di un animale ferito come per una persona, l’utilizzo di sirena e lampeggiante per ambulanze veterinarie e mezzi di vigilanza zoofila. E’ stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.289 il Decreto attuativo del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
“La norma ha preso atto del cambiamento del sentire comune sul dovere di prestare soccorso anche agli animali e le sanzioni irrogate fino ad oggi per le violazioni sono state un esempio positivo per automobilisti e Polizie locali - hanno detto Gianluca Felicetti, presidente LAV e Carla Rocchi, presidente nazionale dell’ENPA - nel Decreto siamo riusciti a far inserire il pieno riconoscimento del privato cittadino che porta per dovere civico un animale incidentato in un ambulatorio veterinario, la necessità di intervento anche ai fini della tutela dell’incolumità pubblica e il pieno riconoscimento dell’attività delle Guardie zoofile. Ora le Regioni e i Comuni devono rafforzare i propri compiti di intervento già previsti da altre normative“.
Il Decreto ministeriale fissa, fra l’altro, le caratteristiche delle autoambulanze veterinarie le cui attrezzature specifiche saranno individuate dal Ministero della Salute, la certificazione anche successiva dello stato di necessità di intervento sull’animale da parte di un veterinario e gli stati patologici che fanno scattare questo riconoscimento cioè trauma grave, ferite aperte, emorragie, alterazioni e convulsioni.
Il Decreto Ministeriale 9 ottobre 2012 n.217 Regolamento di attuazione dell'articolo 177, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come modificato dall'articolo 31, comma 1, della legge 29 luglio 2010, n. 120, in materia di trasporto e soccorso di animali in stato di necessità, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.289 del 12.12.2012, è consultabile qui http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=1&datagu=2012-12-12&task=dettaglio&numgu=289&redaz=012G0238&tmstp=1355396450138 Entra in vigore il 27 dicembre 2012
Per saperne di più su obblighi, diritti e doveri http://www.lav.it/index.php?id=1631
EUROPARLAMENTO DICE SI' A PETIZIONE MASSIMO 8 ORE TRASPORTI ANIMALI
Zanoni (IdV): “Un altro passo avanti verso una maggior tutela di milioni di animali oggi sballottati sulle strade europee per diversi giorni e per migliaia di chilometri”.
13 dic 12 - “Il Parlamento europeo ha approvato la relazione sul trasporto degli animali contenente una precisa indicazione delle 8 ore massime di trasporto verso i macelli”. Lo fa sapere Andrea Zanoni, eurodeputato IdV e vice presidente dell’Intergruppo Benessere degli Animali al Parlamento europeo. “Si tratta di un passo importante che, sommato agli altri segnali dati dal Parlamento e dai cittadini europei, chiede alla Commissione europea di introdurre questo limite nella legislazione comunitaria rendendolo così obbligatorio per tutti gli allevatori e trasportatori del continente” (VIDEO).
Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza (645 presenti, 555 favorevoli pari a ben l’86 % dei votanti, 34 astenuti e 56 contrari) la relazione d’iniziativa dell’eurodeputato Janusz Wojciechowski (polacco, conservatore) “sulla protezione degli animali durante il trasporto”. Il punto 13 della relazione “riconosce la dichiarazione scritta 49/2001 del Parlamento europeo che sostiene la limitazione della durata del trasporto degli animali destinati alla macellazione, che non deve superare le 8 ore” e il punto 14 “insiste che sia nuovamente presa in considerazione la limitazione della durata del trasporto a 8 ore”. Zanoni: “Nonostante la lobby della carne, siamo riusciti a far valere il diritto degli animali europei ad essere trasportati in condizioni diverse da quelle terribili di oggi che infliggono loro inutili e atroci sofferenze. E’ vero, il testo avrebbe potuto essere più forte, tuttavia ci troviamo di fronte a negoziati molto difficili con chi, soprattutto in commissione agricoltura, è più sensibile agli interessi degli allevatori che a quelli degli animali”.
Secondo l’eurodeputato si tratta di “una tappa molto importante verso l’adozione definitiva delle 8 ore come legge europea”. Zanoni ricorda la dichiarazione scritta 49/2011 approvata lo scorso marzo (di cui è stato uno dei quattro promotori), la relazione di parere della commissione ENVI Ambiente (di cui è stato relatore ombra) destinata alla commissione AGRI Agricoltura “sulla protezione degli animali durante il trasporto”, e la consegna di un milione di firme per 8hours all’ex Commissario Ue John Dalli.
Zanoni è stato relatore ombra della relazione di parere della commissione ENVI Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare (relatrice l’olandese della Sinistra unita Kartika Tamara Liotard), destinata alla commissione AGRI Agricoltura “sulla protezione degli animali durante il trasporto”, relazione approvata (51 favorevoli, 1 contrari, 2 astenuti) l’8 maggio 2012 in commissione ENVI. La relazione chiedeva l’introduzione di un limite massimo di 8 ore nel trasporto degli animali vivi, condizioni migliori di quelle attuali durante il trasporto (per quanto riguarda abbeveraggio, spazio minimo e areazione) e formazione professionale degli addetti al settore.
Il 15 marzo 2012, il Parlamento europeo ha approvato la dichiarazione scritta 49/2011 sul limite delle 8 ore per il trasporto in Europa di animali vivi. La dichiarazione, promossa da Andrea Zanoni, Dan Jørgensen (danese socialista), Esther de Lange (olandese popolare), Pavel Poc (ceco socialista), Carl Schlyter (svedese verde), costituisce l’approdo legislativo della campagna internazionale 8hours lanciata dall’associazione animalista Animals’ Angels che ha raccolto nei mesi scorsi ben 1 milione di firme in tutta Europa per chiedere all’Ue le 8 ore massime di trasporto per gli animali vivi.
Il 7 giugno 2012 Zanoni e gli altri promotori della campagna 8hours hanno consegnato 1milione e 100mila firme Commissario Ue John Dalli (dimessosi a metà ottobre scorso) per chiedere il limite di 8 ore per il trasporto di animali vivi.
Zanoni (IdV): “Un altro passo avanti verso una maggior tutela di milioni di animali oggi sballottati sulle strade europee per diversi giorni e per migliaia di chilometri”.
13 dic 12 - “Il Parlamento europeo ha approvato la relazione sul trasporto degli animali contenente una precisa indicazione delle 8 ore massime di trasporto verso i macelli”. Lo fa sapere Andrea Zanoni, eurodeputato IdV e vice presidente dell’Intergruppo Benessere degli Animali al Parlamento europeo. “Si tratta di un passo importante che, sommato agli altri segnali dati dal Parlamento e dai cittadini europei, chiede alla Commissione europea di introdurre questo limite nella legislazione comunitaria rendendolo così obbligatorio per tutti gli allevatori e trasportatori del continente” (VIDEO).
Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza (645 presenti, 555 favorevoli pari a ben l’86 % dei votanti, 34 astenuti e 56 contrari) la relazione d’iniziativa dell’eurodeputato Janusz Wojciechowski (polacco, conservatore) “sulla protezione degli animali durante il trasporto”. Il punto 13 della relazione “riconosce la dichiarazione scritta 49/2001 del Parlamento europeo che sostiene la limitazione della durata del trasporto degli animali destinati alla macellazione, che non deve superare le 8 ore” e il punto 14 “insiste che sia nuovamente presa in considerazione la limitazione della durata del trasporto a 8 ore”. Zanoni: “Nonostante la lobby della carne, siamo riusciti a far valere il diritto degli animali europei ad essere trasportati in condizioni diverse da quelle terribili di oggi che infliggono loro inutili e atroci sofferenze. E’ vero, il testo avrebbe potuto essere più forte, tuttavia ci troviamo di fronte a negoziati molto difficili con chi, soprattutto in commissione agricoltura, è più sensibile agli interessi degli allevatori che a quelli degli animali”.
Secondo l’eurodeputato si tratta di “una tappa molto importante verso l’adozione definitiva delle 8 ore come legge europea”. Zanoni ricorda la dichiarazione scritta 49/2011 approvata lo scorso marzo (di cui è stato uno dei quattro promotori), la relazione di parere della commissione ENVI Ambiente (di cui è stato relatore ombra) destinata alla commissione AGRI Agricoltura “sulla protezione degli animali durante il trasporto”, e la consegna di un milione di firme per 8hours all’ex Commissario Ue John Dalli.
Zanoni è stato relatore ombra della relazione di parere della commissione ENVI Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare (relatrice l’olandese della Sinistra unita Kartika Tamara Liotard), destinata alla commissione AGRI Agricoltura “sulla protezione degli animali durante il trasporto”, relazione approvata (51 favorevoli, 1 contrari, 2 astenuti) l’8 maggio 2012 in commissione ENVI. La relazione chiedeva l’introduzione di un limite massimo di 8 ore nel trasporto degli animali vivi, condizioni migliori di quelle attuali durante il trasporto (per quanto riguarda abbeveraggio, spazio minimo e areazione) e formazione professionale degli addetti al settore.
Il 15 marzo 2012, il Parlamento europeo ha approvato la dichiarazione scritta 49/2011 sul limite delle 8 ore per il trasporto in Europa di animali vivi. La dichiarazione, promossa da Andrea Zanoni, Dan Jørgensen (danese socialista), Esther de Lange (olandese popolare), Pavel Poc (ceco socialista), Carl Schlyter (svedese verde), costituisce l’approdo legislativo della campagna internazionale 8hours lanciata dall’associazione animalista Animals’ Angels che ha raccolto nei mesi scorsi ben 1 milione di firme in tutta Europa per chiedere all’Ue le 8 ore massime di trasporto per gli animali vivi.
Il 7 giugno 2012 Zanoni e gli altri promotori della campagna 8hours hanno consegnato 1milione e 100mila firme Commissario Ue John Dalli (dimessosi a metà ottobre scorso) per chiedere il limite di 8 ore per il trasporto di animali vivi.
mercoledì 12 dicembre 2012
TROVATE LE LORO FOTO MENTRE OSTENTAVANO LE PREDE
Arrestati 5 bracconieri che avvelenavano lupi
Questo il loro modus operandi: spargevano per i boschi dell’alta Val Parma micidiali bocconi avvelenati realizzati con carcasse di animali selvatici, anche questi oggetto di bracconaggio, e imbottiti di veleno. Questo tipo di esca è un sistema subdolo e distruttivo in quanto tutti i predatori che se ne nutrono sono destinati ad una morte atroce, che colpisce indistintamente svariate specie di animali, in particolare carnivori. Infatti oltre al lupo, specie particolarmente protetta, vengono abbattute volpi, faine, tassi, martore, aquile, poiane ed altri uccelli rapaci, ma anche cani e gatti che si allontanano dalle abitazioni. Successiva all’arresto è stata la perquisizione domiciliare che ha permesso al personale del Corpo forestale dello Stato di rinvenire alcune foto dove compaiono alcuni bracconieri mentre impugnano il fucile e ostentano con orgoglio un giovane esemplare di lupo appenninico abbattuto.
I presunti responsabili degli atti di bracconaggio esercitano o hanno esercitato l’attività venatoria illegale, si ipotizza dunque che le motivazioni alla base dei reati commessi siano quelle di contrastare l’attività di predazione del lupo sulla selvaggina, in particolare su ungulati come il capriolo e il cinghiale, specie oggetto di caccia.
I bracconieri sono stati indagati per i reati di uccisione e maltrattamento di animali, appartenenti a specie particolarmente protette, e per gli illeciti relativi alla normativa sull’attività venatoria. Il lupo è tornato da pochi anni sulle nostre montagne, è una specie particolarmente protetta ma non ha vita facile. L’uomo, in passato, lo ha considerato come un concorrente nella predazione della selvaggina ed un pericolo per l’allevamento brado, sterminandolo fino al limite dell’estinzione. L’azione del lupo, in realtà, ha effetti benefici di selezione sulle popolazioni delle prede, infatti vengono eliminati gli esemplari malati e deboli e questo contribuisce a mantenere in ottima salute le popolazioni, anche quelle delle specie oggetto di caccia. Nonostante dagli anni settanta il lupo sia una specie protetta, sono in aumento i casi di bracconaggio.
http://www.ilmattinodiparma.it
martedì 11 dicembre 2012
Prima pelle artificiale sensibile al tatto
Realizzata dall'università di Stanford, si autoripara
11 dicembre 2012 - E' sensibile al tatto e può 'auto-guarire' quando subisce un taglio o uno strappo: è la prima 'pelle artificiale' che combina entrambe le caratteristiche. E' fatta di plastica ed è descritta sulla rivista Nature Nanotechnology da un gruppo di ricerca coordinato da Zhenan Bao dell'università americana di Stanford. Il materiale, secondo gli esperti, in futuro potrebbe essere usato nelle protesi oppure nei dispositivi elettronici o negli schermi che si auto-riparano.
Negli ultimi dieci anni, ci sono stati importanti progressi nella realizzazione della pelle artificiale, osserva Bao, ma anche i più efficaci materiali capaci di auto-ripararsi hanno avuto gravi inconvenienti. Alcuni devono essere esposti a temperature elevate, che li rende poco pratici per un uso quotidiano. Altri possono guarire a temperatura ambiente, ma solo una volta, perché riparare un taglio modifica la loro struttura meccanica o chimica. Il segreto del materiale è nelle lunghe catene di molecole unite da legami di idrogeno, le cui attrazioni, tra la regione di carica positiva di un atomo e la regione di carica negativa del successivo, sono relativamente deboli. "Questi legami dinamici consentono al materiale di auto-guarire a temperatura ambiente" rileva uno degli autori, Wang Chao. Le molecole si rompono facilmente, quando vengono danneggiate ma poi, quando si riconnettono, i legami si riorganizzano e ripristinano la struttura del materiale.
ANSA
Realizzata dall'università di Stanford, si autoripara
11 dicembre 2012 - E' sensibile al tatto e può 'auto-guarire' quando subisce un taglio o uno strappo: è la prima 'pelle artificiale' che combina entrambe le caratteristiche. E' fatta di plastica ed è descritta sulla rivista Nature Nanotechnology da un gruppo di ricerca coordinato da Zhenan Bao dell'università americana di Stanford. Il materiale, secondo gli esperti, in futuro potrebbe essere usato nelle protesi oppure nei dispositivi elettronici o negli schermi che si auto-riparano.
Negli ultimi dieci anni, ci sono stati importanti progressi nella realizzazione della pelle artificiale, osserva Bao, ma anche i più efficaci materiali capaci di auto-ripararsi hanno avuto gravi inconvenienti. Alcuni devono essere esposti a temperature elevate, che li rende poco pratici per un uso quotidiano. Altri possono guarire a temperatura ambiente, ma solo una volta, perché riparare un taglio modifica la loro struttura meccanica o chimica. Il segreto del materiale è nelle lunghe catene di molecole unite da legami di idrogeno, le cui attrazioni, tra la regione di carica positiva di un atomo e la regione di carica negativa del successivo, sono relativamente deboli. "Questi legami dinamici consentono al materiale di auto-guarire a temperatura ambiente" rileva uno degli autori, Wang Chao. Le molecole si rompono facilmente, quando vengono danneggiate ma poi, quando si riconnettono, i legami si riorganizzano e ripristinano la struttura del materiale.
ANSA
lunedì 10 dicembre 2012
Il cacao può curare la tosse
Il cacao non finisce di stupire e ai suoi innumerevoli pregi aggiunge ora quello di rimedio naturale per la tosse.
A dirlo è una ricerca inglese della Hull Cough Clinic che ha coinvolto un totale di 300 soggetti per verificare i benefici derivanti dall'utilizzo del cacao in caso di tosse, sia acuta che cronica.
I volontari hanno assunto due volte al giorno per due settimane capsule di teobromina, un alcaloide naturale presente nelle piante di cacao. Stando ai risultati, il 60 per cento dei pazienti ha dichiarato di aver provato sollievo grazie all'assunzione della capsula. Secondo i ricercatori, il contenuto della sostanza all'interno delle compresse è corrispondente a quello garantito da una barretta di cioccolato fondente al giorno.
Si tratta in ogni caso di un rimedio momentaneo perché non appena terminato lo speciale trattamento il disturbo ritorna. In una precedente ricerca condotta dal National Heart and Lung Institute si era evidenziato il meccanismo attraverso il quale la teobromina agisce, bloccando l'azione dei nervi sensoriali e arrestando in tal modo il riflesso condizionato della tosse.
Il coordinatore della ricerca, Alyn Morice, spiega: “questa nuova capsula in uso sembra molto efficace. Mangiare una barretta di cioccolato fondente al giorno potrebbe essere utile per le persone a cui è stata diagnosticata una tosse persistente, sebbene assumerla su base quotidiana potrebbe avere altri effetti indesiderati come l'aumento di peso”.
Andrea Piccoli
Fonte: italiasalute.it
A dirlo è una ricerca inglese della Hull Cough Clinic che ha coinvolto un totale di 300 soggetti per verificare i benefici derivanti dall'utilizzo del cacao in caso di tosse, sia acuta che cronica.
I volontari hanno assunto due volte al giorno per due settimane capsule di teobromina, un alcaloide naturale presente nelle piante di cacao. Stando ai risultati, il 60 per cento dei pazienti ha dichiarato di aver provato sollievo grazie all'assunzione della capsula. Secondo i ricercatori, il contenuto della sostanza all'interno delle compresse è corrispondente a quello garantito da una barretta di cioccolato fondente al giorno.
Si tratta in ogni caso di un rimedio momentaneo perché non appena terminato lo speciale trattamento il disturbo ritorna. In una precedente ricerca condotta dal National Heart and Lung Institute si era evidenziato il meccanismo attraverso il quale la teobromina agisce, bloccando l'azione dei nervi sensoriali e arrestando in tal modo il riflesso condizionato della tosse.
Il coordinatore della ricerca, Alyn Morice, spiega: “questa nuova capsula in uso sembra molto efficace. Mangiare una barretta di cioccolato fondente al giorno potrebbe essere utile per le persone a cui è stata diagnosticata una tosse persistente, sebbene assumerla su base quotidiana potrebbe avere altri effetti indesiderati come l'aumento di peso”.
Andrea Piccoli
Fonte: italiasalute.it
In piazza con carcasse animali, contro i maltrattamenti
Madrid, 10 dicembre 2012 - Centinaia di carcasse di animali tra gatti, cani, uccellini, scoiattoli, pesci e maialini sono state esibite in piazza a Madrid da un'associazione di difesa degli animali per denunciare i continui maltrattamenti loro inflitti.
La clamorosa protesta a Puerta del Sol ha radunato centinaia di militanti di vari paesi della Ong 'Uguaglianza per gli animali, ciascuno in maglietta scura e con i resti di un animale. I resti sono stati recuperati ''tra i rifiuti degli allevamenti e delle fattorie.
(ANSA)
Madrid, 10 dicembre 2012 - Centinaia di carcasse di animali tra gatti, cani, uccellini, scoiattoli, pesci e maialini sono state esibite in piazza a Madrid da un'associazione di difesa degli animali per denunciare i continui maltrattamenti loro inflitti.
La clamorosa protesta a Puerta del Sol ha radunato centinaia di militanti di vari paesi della Ong 'Uguaglianza per gli animali, ciascuno in maglietta scura e con i resti di un animale. I resti sono stati recuperati ''tra i rifiuti degli allevamenti e delle fattorie.
(ANSA)
venerdì 7 dicembre 2012
Bassi livelli di folati e di vitamina B12 nel sangue possono causare stati depressivi
Dietro alla depressione, in particolare quella cosiddetta melanconica potrebbero anche esserci insufficienti quantità di folati e vitamina B12 nel sangue, secondo uno studio.
I ricercatori hanno voluto indagare, per la prima volta, come agiscono queste sostanze in queste due forme di depressione che, ricordano i ricercatori, hanno eziologie diverse e sono considerate due sottotipi diversi di depressione.
Lo studio, condotto dai ricercatori del Dipartimento di Psichiatria dell’Etela Savo Sud Hospital District in Finlandia ha coinvolto circa 3.000 adulti ambosessi al fine di osservare quali fossero gli effetti dei due diversi sottotipi di depressione e quale l’influenza su questi dei livelli di sostanze naturali come i folati e la vitamina B12.
«I risultati hanno implicazioni pratiche nella cura dei pazienti con sintomi depressivi – spiega il dottor Jussi Sepp-l- nel comunicato dell’University of Eastern Finland – Per esempio, può essere saggio evitare trattamenti farmacologici che causino un aumento di peso tra i pazienti con depressione non-melanconica, mentre i sintomi depressivo-melanconici possono richiamare uno sguardo ravvicinato circa la qualità della dieta del paziente».
Le due forme di depressione si caratterizzano in genere da differenti tipi di sintomi: per esempio la depressione melanconica è più simile alla depressione maggiore che si manifesta con un umore e stati d’animo afflitti; la depressione non-melanconica invece è contraddistinta da sentimenti quali una scarsa autostima, preoccupazione, ansia.
Nelle due forme, i livelli di acido folico e vitamina B12 potevano fare la differenza. I ricercatori hanno infatti scoperto che nei soggetti che assumevano maggiori quantità di folati il rischio di sintomi depressivi da depressione melanconica era ridotto del 50%, rispetto a coloro che avevano bassi livelli di queste sostanze. Il rischio poi scendeva di tre volte nei soggetti che avevano più alti livelli di vitamina B12, rispetto a coloro che li avevano più bassi.
Infine, associato al rischio di depressione, scarsi livelli di folati e vitamina B12 sono stati trovati aumentare il rischio di sviluppare la sindrome metabolica – un insieme di fattori di rischio metabolici che aumentano le probabilità di sviluppare malattie quali diabete, patologie cardiovascolari e ictus: un problema in più che si aggiunge a quello della depressione. Teniamo dunque sotto controllo i livelli di queste sostanze nel sangue e, nel caso, rivolgiamoci a un medico nutrizionista per eventualmente modificare la nostra dieta o assumere degli integratori.
Fonte: lastampa.it
06 dicembre 2012
Scarsi
livelli di vitamina B12 e folati nel sangue possono aumentare il
rischio di sviluppare sintomi di depressione melanconica, e anche la
sindrome metabolica.Dietro alla depressione, in particolare quella cosiddetta melanconica potrebbero anche esserci insufficienti quantità di folati e vitamina B12 nel sangue, secondo uno studio.
I ricercatori hanno voluto indagare, per la prima volta, come agiscono queste sostanze in queste due forme di depressione che, ricordano i ricercatori, hanno eziologie diverse e sono considerate due sottotipi diversi di depressione.
Lo studio, condotto dai ricercatori del Dipartimento di Psichiatria dell’Etela Savo Sud Hospital District in Finlandia ha coinvolto circa 3.000 adulti ambosessi al fine di osservare quali fossero gli effetti dei due diversi sottotipi di depressione e quale l’influenza su questi dei livelli di sostanze naturali come i folati e la vitamina B12.
«I risultati hanno implicazioni pratiche nella cura dei pazienti con sintomi depressivi – spiega il dottor Jussi Sepp-l- nel comunicato dell’University of Eastern Finland – Per esempio, può essere saggio evitare trattamenti farmacologici che causino un aumento di peso tra i pazienti con depressione non-melanconica, mentre i sintomi depressivo-melanconici possono richiamare uno sguardo ravvicinato circa la qualità della dieta del paziente».
Le due forme di depressione si caratterizzano in genere da differenti tipi di sintomi: per esempio la depressione melanconica è più simile alla depressione maggiore che si manifesta con un umore e stati d’animo afflitti; la depressione non-melanconica invece è contraddistinta da sentimenti quali una scarsa autostima, preoccupazione, ansia.
Nelle due forme, i livelli di acido folico e vitamina B12 potevano fare la differenza. I ricercatori hanno infatti scoperto che nei soggetti che assumevano maggiori quantità di folati il rischio di sintomi depressivi da depressione melanconica era ridotto del 50%, rispetto a coloro che avevano bassi livelli di queste sostanze. Il rischio poi scendeva di tre volte nei soggetti che avevano più alti livelli di vitamina B12, rispetto a coloro che li avevano più bassi.
Infine, associato al rischio di depressione, scarsi livelli di folati e vitamina B12 sono stati trovati aumentare il rischio di sviluppare la sindrome metabolica – un insieme di fattori di rischio metabolici che aumentano le probabilità di sviluppare malattie quali diabete, patologie cardiovascolari e ictus: un problema in più che si aggiunge a quello della depressione. Teniamo dunque sotto controllo i livelli di queste sostanze nel sangue e, nel caso, rivolgiamoci a un medico nutrizionista per eventualmente modificare la nostra dieta o assumere degli integratori.
Fonte: lastampa.it
giovedì 6 dicembre 2012
COREA DEL SUD: STOP CACCIA BALENE, AMBIENTALISTI ESULTANO
Scongiurata ripresa delle attività
6 dic 2012 - Moby Dick può nuotare tranquilla: nelle acque della Corea del Sud, non ci sarà più nessun Capitan Achab con gli occhi a mandorla a minacciarla. Seul ha deciso formalmente di rinunciare ai suoi piani per la ripresa della caccia alle balene, anche se solo per fini scientifici e di osservazione di questi grossi mammiferi. La notizia è stata accolta con grande soddisfazione dalle associazioni animaliste, in particolare da Greenpeace. Il testa a testa è andato avanti mesi: dallo scorso mese di luglio quando Seoul fece sapere di stare pianificando la ripresa di questo tipo di attività. Da allora oltre 100.000 persone da tutto il mondo hanno mandato messaggi alle autorità coreane, al primo ministro soprattutto, per chiedergli di recedere.
Secondo gli animalisti, infatti, dietro a presunti fini scientifici si nascondono scopi di natura commerciale, che vanno contro l'esigenza primaria di proteggere questa specie. "La voce della gente della Corea e del mondo intero è stata ascoltata dal governo di Seoul", ha dichiarato Jeonghee Han di Greenpeace per l'Asia orientale. "Il mondo intero è contro la caccia alle balene – ha aggiunto l'attivista di Greepeace John Frizzell – anche quando è travestita da ricerca scientifica. La decisione della Corea del sud di ascoltare il popolo e la comunità internazionale rappresenta una grande vittoria per la sopravvivenza di questi animali".
In base alle regole della Commissione internazionale per la caccia alle balene (IWC, International Whaling Commission) la Corea del Sud, se realmente avesse avuto intenzione di riprendere la caccia, avrebbe dovuto presentare una proposta formale entro il 3 dicembre, cosa che non è avvenuta.
Funzionari coreani hanno poi confermato che la decisione di non andare avanti con il piano è stata presa alcuni giorni fa. Dal 1986 esiste una moratoria internazionale per la caccia alle balene ma paesi come la Corea, ma anche il Giappone e la Russia hanno proseguito a cacciarle, uccidendo ogni anno migliaia di esemplari di questi animali per scopi scientifici, spesso motivando la caccia con la spiegazione che il numero delle balene inficia la pesca. Questi paesi, tra l'altro, consentono il consumo di carne di balena, che viene venduta normalmente nei mercati e ai ristoranti, dopo che l'animale è stato ucciso, ufficialmente per motivi "di studio". La Corea del Sud ha una lunga tradizione legata alle balene, avendo in Ulsan, nel sud est del paese, la capitale di questa mattanza che va avanti da secoli.
(ANSA)
Scongiurata ripresa delle attività
6 dic 2012 - Moby Dick può nuotare tranquilla: nelle acque della Corea del Sud, non ci sarà più nessun Capitan Achab con gli occhi a mandorla a minacciarla. Seul ha deciso formalmente di rinunciare ai suoi piani per la ripresa della caccia alle balene, anche se solo per fini scientifici e di osservazione di questi grossi mammiferi. La notizia è stata accolta con grande soddisfazione dalle associazioni animaliste, in particolare da Greenpeace. Il testa a testa è andato avanti mesi: dallo scorso mese di luglio quando Seoul fece sapere di stare pianificando la ripresa di questo tipo di attività. Da allora oltre 100.000 persone da tutto il mondo hanno mandato messaggi alle autorità coreane, al primo ministro soprattutto, per chiedergli di recedere.
Secondo gli animalisti, infatti, dietro a presunti fini scientifici si nascondono scopi di natura commerciale, che vanno contro l'esigenza primaria di proteggere questa specie. "La voce della gente della Corea e del mondo intero è stata ascoltata dal governo di Seoul", ha dichiarato Jeonghee Han di Greenpeace per l'Asia orientale. "Il mondo intero è contro la caccia alle balene – ha aggiunto l'attivista di Greepeace John Frizzell – anche quando è travestita da ricerca scientifica. La decisione della Corea del sud di ascoltare il popolo e la comunità internazionale rappresenta una grande vittoria per la sopravvivenza di questi animali".
In base alle regole della Commissione internazionale per la caccia alle balene (IWC, International Whaling Commission) la Corea del Sud, se realmente avesse avuto intenzione di riprendere la caccia, avrebbe dovuto presentare una proposta formale entro il 3 dicembre, cosa che non è avvenuta.
Funzionari coreani hanno poi confermato che la decisione di non andare avanti con il piano è stata presa alcuni giorni fa. Dal 1986 esiste una moratoria internazionale per la caccia alle balene ma paesi come la Corea, ma anche il Giappone e la Russia hanno proseguito a cacciarle, uccidendo ogni anno migliaia di esemplari di questi animali per scopi scientifici, spesso motivando la caccia con la spiegazione che il numero delle balene inficia la pesca. Questi paesi, tra l'altro, consentono il consumo di carne di balena, che viene venduta normalmente nei mercati e ai ristoranti, dopo che l'animale è stato ucciso, ufficialmente per motivi "di studio". La Corea del Sud ha una lunga tradizione legata alle balene, avendo in Ulsan, nel sud est del paese, la capitale di questa mattanza che va avanti da secoli.
(ANSA)
lunedì 3 dicembre 2012
CAVALLINI GIARA, PRONTO PIANO SOCCORSO
Il caldo e la mancanza di pioggia ne hanno messo a rischio la sopravvivenza
3 dicembre 2012 - E` pronta la proposta di convenzione che, una volta ratificata, servirà per tutelare l`esistenza del Cavallino della Giara, quest'anno più volte al centro dell`attenzione delle cronache di fine estate.
Per esaminare il contenuto del progetto di tutela e per dare inizio con i diretti interessati alle interlocuzioni sulla possibile istituzione del Parco, l`assessore dell`Agricoltura della Regione Sardegna, Oscar Cherchi, ha convocato per il pomeriggio di martedì 4 dicembre, i sindaci del territorio ricadente sulla Giara dove vivono i cavallini, il commissario straordinario dell`Agris Efisio Floris, il presidente e il direttore dell`Ente Foreste, il comandante del corpo forestale, il direttore del dipartimento di veterinaria dell'Università di Sassari e la Asl di Sanluri.
.
Da qui la necessità di stabilire un piano di interventi per prevenire eventuali emergenze visto che i cambiamenti climatici globali in atto potrebbero favorire l`insorgere di situazioni di difficoltà con sempre maggiore frequenza. La convenzione che sarà esaminata martedì 4 dicembre in assessorato dell`agricoltura conterrà il programma di interventi che ricalca quelli già in vigore per la protezione del Cavallino del Sarcidano.
da quotidiano.net
Il caldo e la mancanza di pioggia ne hanno messo a rischio la sopravvivenza
Per esaminare il contenuto del progetto di tutela e per dare inizio con i diretti interessati alle interlocuzioni sulla possibile istituzione del Parco, l`assessore dell`Agricoltura della Regione Sardegna, Oscar Cherchi, ha convocato per il pomeriggio di martedì 4 dicembre, i sindaci del territorio ricadente sulla Giara dove vivono i cavallini, il commissario straordinario dell`Agris Efisio Floris, il presidente e il direttore dell`Ente Foreste, il comandante del corpo forestale, il direttore del dipartimento di veterinaria dell'Università di Sassari e la Asl di Sanluri.
.
Da qui la necessità di stabilire un piano di interventi per prevenire eventuali emergenze visto che i cambiamenti climatici globali in atto potrebbero favorire l`insorgere di situazioni di difficoltà con sempre maggiore frequenza. La convenzione che sarà esaminata martedì 4 dicembre in assessorato dell`agricoltura conterrà il programma di interventi che ricalca quelli già in vigore per la protezione del Cavallino del Sarcidano.
da quotidiano.net
venerdì 30 novembre 2012
Le mille proprietà della spirulina, un integratore alimentare naturale
30 novembre 2012 - La spirulina è un’alga dalle spiccate proprietà salutari e nutrizionali. Ne esistono diverse specie, usate in omeopatia per curare alcuni disturbi o come integratori alimentari. La spirulina è molto utilizzata perché ha dei valori nutrizionali straordinari: proteine ad alto valore biologico (65%), carboidrati, fibre, vitamine B1, B2, B3, B6, B9, B12, biotina, acido pantotenico, inositolo, A, D, alfa-tocoferolo e K, amminoacidi essenziali e non essenziali, acidi grassi essenziali, sali minerali e pigmenti.
Insomma, un vero e proprio contenitore di nutrienti. La si può acquistare, sotto diverse forme (compresse, tavolette o in polvere), in erboristeria. Ma andiamo a vedere nel dettaglio a chi e a cosa può servire.
Se acquistata per uso nutrizionale, la spirulina è ottima nelle diete ipocaloriche. Integra alcune vitamine o altri nutrienti che normalmente non troviamo in grandi quantitativi nei cibi comuni e favorisce il processo di dimagrimento perché riduce in modo lieve lo stimolo della fame. Inoltre è particolarmente consigliabile nelle diete vegetariane o vegane in quanto fornisce dei nutrienti normalmente presenti nella carne.
Ma sono le sue proprietà salutari a fornire all’organismo i maggiori benefici. La spirulina combatte infatti l’anemia, tonifica i muscoli (è per questo spesso consigliata agli sportivi), disintossica, ha una funzione protettiva per il fegato, stimola il sistema immunitario, combatte i virus, i radicali liberi e le infiammazioni. Inoltre ha una funzione vasodilatatrice e anticoagulante. È molto utile alle persone che conducono una vita sedentaria, con un alto tasso di stress psico-fisico che porta le difese immunitarie ad indebolirsi, ma è indicata anche per contrastare l’artrite negli anziani. Il suo costo inoltre è relativamente contenuto. A seconda della quantità e della tipologia di prodotto acquistato, il prezzo può variare dai 15 ai 40 euro.
Via | Inerboristeria
Foto | Flickr
30 novembre 2012 - La spirulina è un’alga dalle spiccate proprietà salutari e nutrizionali. Ne esistono diverse specie, usate in omeopatia per curare alcuni disturbi o come integratori alimentari. La spirulina è molto utilizzata perché ha dei valori nutrizionali straordinari: proteine ad alto valore biologico (65%), carboidrati, fibre, vitamine B1, B2, B3, B6, B9, B12, biotina, acido pantotenico, inositolo, A, D, alfa-tocoferolo e K, amminoacidi essenziali e non essenziali, acidi grassi essenziali, sali minerali e pigmenti.
Insomma, un vero e proprio contenitore di nutrienti. La si può acquistare, sotto diverse forme (compresse, tavolette o in polvere), in erboristeria. Ma andiamo a vedere nel dettaglio a chi e a cosa può servire.
Se acquistata per uso nutrizionale, la spirulina è ottima nelle diete ipocaloriche. Integra alcune vitamine o altri nutrienti che normalmente non troviamo in grandi quantitativi nei cibi comuni e favorisce il processo di dimagrimento perché riduce in modo lieve lo stimolo della fame. Inoltre è particolarmente consigliabile nelle diete vegetariane o vegane in quanto fornisce dei nutrienti normalmente presenti nella carne.
Ma sono le sue proprietà salutari a fornire all’organismo i maggiori benefici. La spirulina combatte infatti l’anemia, tonifica i muscoli (è per questo spesso consigliata agli sportivi), disintossica, ha una funzione protettiva per il fegato, stimola il sistema immunitario, combatte i virus, i radicali liberi e le infiammazioni. Inoltre ha una funzione vasodilatatrice e anticoagulante. È molto utile alle persone che conducono una vita sedentaria, con un alto tasso di stress psico-fisico che porta le difese immunitarie ad indebolirsi, ma è indicata anche per contrastare l’artrite negli anziani. Il suo costo inoltre è relativamente contenuto. A seconda della quantità e della tipologia di prodotto acquistato, il prezzo può variare dai 15 ai 40 euro.
Via | Inerboristeria
Foto | Flickr
giovedì 29 novembre 2012
FORUM BARILLA E NUOVE SFIDE ALIMENTARI, LA PROPOSTA DEL MERCOLEDI' VEG
Sabato e domenica la mobilitazione Lav
29 nov 12 - "Il problema della sostenibilità della nostra alimentazione, tema di grande attualità e al centro dei lavori della quarta edizione del Forum Internazionale Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN) in corso a Milano, richiede soluzioni concrete e immediate: la proposta della LAV è l'istituzione del Mercoledì Veg, ovvero almeno un giorno a settimana di pasti interamente vegetali, come buona pratica ambientale e stile alimentare salutare - afferma Paola Segurini, responsabile del settore Veg della LAV (www.lav.it) - Porteremo questa proposta nelle piazze delle principali città italiane sabato 1 e domenica 2 dicembre, invitando i cittadini ad aderire al Mercoledì Veg, a casa come in mensa, e regaleremo loro l'esclusivo ricettario di alta cucina vegan firmato dallo Chef Simone Salvini".
“Il Pianeta non usa mezzi termini, ci mette faccia a faccia con il problema della sostenibilità della nostra alimentazione, e se anche i big dell'industria alimentare si interrogano sul futuro dei nostri menu è evidente che qualcosa sta cambiando a livello globale - prosegue Paola Segurini - Non c'è dubbio che la soluzione dei 'paradossi del cibo' è complessa perché dipende dal comportamento di moltissimi attori, ma noi crediamo che se ciascuno si comportasse più responsabilmente si potrebbero fare dei grandi progressi: l'impegno di tutti - dei singoli, delle famiglie, ma anche delle istituzioni - è importante per adottare uno stile alimentare che non uccida più né gli animali né l'ambiente. Basta infatti un giorno verde a settimana per risparmiare tonnellate di emissioni di anidride carbonica, risparmiare grandi quantità di preziosa acqua, salvare milioni di animali da una vita di sofferenze e da una morte spesso impietosa, rendere disponibili risorse alimentari per chi soffre la fame".
Tutti i dettagli sul Mercoldì Veg saranno illustrati dalla LAV sabato 1 dicembre, alle ore 11, a Roma, nel corso della conferenza stampa organizzata in Piazza del Popolo, presso lo stand dell'associazione.
Per scoprire le altre città e piazze d'Italia dove l'1 e 2 dicembre sarà possibile trovare i tavoli della LAV dedicati al Mercoledì veg, basta visitare www.lav.it, www.cambiamenu.it o telefonare alla LAV (tel. 06 4461325)
Sabato e domenica la mobilitazione Lav
29 nov 12 - "Il problema della sostenibilità della nostra alimentazione, tema di grande attualità e al centro dei lavori della quarta edizione del Forum Internazionale Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN) in corso a Milano, richiede soluzioni concrete e immediate: la proposta della LAV è l'istituzione del Mercoledì Veg, ovvero almeno un giorno a settimana di pasti interamente vegetali, come buona pratica ambientale e stile alimentare salutare - afferma Paola Segurini, responsabile del settore Veg della LAV (www.lav.it) - Porteremo questa proposta nelle piazze delle principali città italiane sabato 1 e domenica 2 dicembre, invitando i cittadini ad aderire al Mercoledì Veg, a casa come in mensa, e regaleremo loro l'esclusivo ricettario di alta cucina vegan firmato dallo Chef Simone Salvini".
“Il Pianeta non usa mezzi termini, ci mette faccia a faccia con il problema della sostenibilità della nostra alimentazione, e se anche i big dell'industria alimentare si interrogano sul futuro dei nostri menu è evidente che qualcosa sta cambiando a livello globale - prosegue Paola Segurini - Non c'è dubbio che la soluzione dei 'paradossi del cibo' è complessa perché dipende dal comportamento di moltissimi attori, ma noi crediamo che se ciascuno si comportasse più responsabilmente si potrebbero fare dei grandi progressi: l'impegno di tutti - dei singoli, delle famiglie, ma anche delle istituzioni - è importante per adottare uno stile alimentare che non uccida più né gli animali né l'ambiente. Basta infatti un giorno verde a settimana per risparmiare tonnellate di emissioni di anidride carbonica, risparmiare grandi quantità di preziosa acqua, salvare milioni di animali da una vita di sofferenze e da una morte spesso impietosa, rendere disponibili risorse alimentari per chi soffre la fame".
Tutti i dettagli sul Mercoldì Veg saranno illustrati dalla LAV sabato 1 dicembre, alle ore 11, a Roma, nel corso della conferenza stampa organizzata in Piazza del Popolo, presso lo stand dell'associazione.
Per scoprire le altre città e piazze d'Italia dove l'1 e 2 dicembre sarà possibile trovare i tavoli della LAV dedicati al Mercoledì veg, basta visitare www.lav.it, www.cambiamenu.it o telefonare alla LAV (tel. 06 4461325)
martedì 20 novembre 2012
Da anni '60, 44 milioni di uccelli nidificanti in meno
Londra, 20 novembre 2012 - In Inghilterra la popolazione nidificante di uccelli si e’ ridotta di oltre 44 milioni negli ultimi 50 anni. Uno spaventoso declino da attribuire secondo i ricercatori ai cambiamenti causati dallo sfruttamento del suolo, dalla gestione delle coste e dalle condizioni meteorologiche. I risultati del rapporto “State of the UK's Birds 2012” mettono in evidenza come il numero di uccelli sia crollato dai 210 milioni nel 1966 ai 166 milioni di oggi. In particolare le popolazioni di uccelli dei terreni agricoli e’ risultata essere attualmente meno della meta’ rispetto alle stime degli anni ’70, che si basano su dati provenienti da organizzazioni come la British Trust for Ornithology (BTO), il Wildfowl and Wetlands Trust (WWT) e il Birdlife International.
Come riporta il Guardian inolte dalla analisi e’ emerso come uno dei piu’ colpito sia stato il passero domestico con una popolazione tagliata del 50% dall’inizio delle analisi. Sorte altrettanto negativa anche per la Cincia bigia alpestre (parus montanus) scomparsa dalla maggior parte del Regno Unito e per il picchio rosso minore (Dendrocopos minor) di cui esistono ormai pochi esemplari. Dal rapporto tuttavia affiorano anche buone notizie: secondo i ricercatori, il fringuello e’ aumentato ad un ritmo di 150 esemplari al giorno per tutto il periodo di analisi.
(ANSA)
Londra, 20 novembre 2012 - In Inghilterra la popolazione nidificante di uccelli si e’ ridotta di oltre 44 milioni negli ultimi 50 anni. Uno spaventoso declino da attribuire secondo i ricercatori ai cambiamenti causati dallo sfruttamento del suolo, dalla gestione delle coste e dalle condizioni meteorologiche. I risultati del rapporto “State of the UK's Birds 2012” mettono in evidenza come il numero di uccelli sia crollato dai 210 milioni nel 1966 ai 166 milioni di oggi. In particolare le popolazioni di uccelli dei terreni agricoli e’ risultata essere attualmente meno della meta’ rispetto alle stime degli anni ’70, che si basano su dati provenienti da organizzazioni come la British Trust for Ornithology (BTO), il Wildfowl and Wetlands Trust (WWT) e il Birdlife International.
Come riporta il Guardian inolte dalla analisi e’ emerso come uno dei piu’ colpito sia stato il passero domestico con una popolazione tagliata del 50% dall’inizio delle analisi. Sorte altrettanto negativa anche per la Cincia bigia alpestre (parus montanus) scomparsa dalla maggior parte del Regno Unito e per il picchio rosso minore (Dendrocopos minor) di cui esistono ormai pochi esemplari. Dal rapporto tuttavia affiorano anche buone notizie: secondo i ricercatori, il fringuello e’ aumentato ad un ritmo di 150 esemplari al giorno per tutto il periodo di analisi.
(ANSA)
venerdì 26 ottobre 2012
CREATO SOFTWARE PER STUDIARE ALLOCCHI DI YOSEMITE PARK
In California.
25 ott 12 - Un metodo poco invasivo per acquisire dati sulla sottospecie unica di allocco di Lapponia denominato Strix nebulosa Yosemitensis, stimato a meno di duecento "presenze" nello Yosemite National Park in California.
Il metodo utilizzato da un team di ricercatori dell'Universita' della California a Davis consiste nell'installazione di quaranta registratori di dati audio digitali in alternativa ai tradizionali metodi. "Anche se breve, la pratica convenzionale nel tempo si e' rivelata dannosa e stressante sul lungo periodo per il benessere degli uccelli", ha spiegato al sito Phys.org Joe Medley, docente di Ecologia all'ateneo di Davis. "Abbiamo quindi pensato ad una strategia alternativa: la creazione di un software che ci permettesse di registrare, rintracciare e riconoscere attraverso i suoni specifici la presenza di uno dei piu' grandi gufi del Nord America che non esiste in altre parti del mondo. Con una popolazione cosi' piccola e' bene ridurre al minimo le conseguenze delle attivita' umane seppur poco invasive. I suoni captati ci permettono di acquisire informazioni anche sugli accoppiamenti e l'alimentazione.
L'algoritmo creato apposta per il programma ci permette di selezionare le chiamate e le frequenze specifiche dell'allocco, ripulendole dai tanti rumori di contorno come le rane che gracidano o gli aerei che volano nel cielo". Le principali minacce alla sopravvivenza della rara specie di uccelli sono gli esseri umani e la zanzara che trasmette il virus del Nilo Occidentale.
(AGI)
In California.
Il metodo utilizzato da un team di ricercatori dell'Universita' della California a Davis consiste nell'installazione di quaranta registratori di dati audio digitali in alternativa ai tradizionali metodi. "Anche se breve, la pratica convenzionale nel tempo si e' rivelata dannosa e stressante sul lungo periodo per il benessere degli uccelli", ha spiegato al sito Phys.org Joe Medley, docente di Ecologia all'ateneo di Davis. "Abbiamo quindi pensato ad una strategia alternativa: la creazione di un software che ci permettesse di registrare, rintracciare e riconoscere attraverso i suoni specifici la presenza di uno dei piu' grandi gufi del Nord America che non esiste in altre parti del mondo. Con una popolazione cosi' piccola e' bene ridurre al minimo le conseguenze delle attivita' umane seppur poco invasive. I suoni captati ci permettono di acquisire informazioni anche sugli accoppiamenti e l'alimentazione.
L'algoritmo creato apposta per il programma ci permette di selezionare le chiamate e le frequenze specifiche dell'allocco, ripulendole dai tanti rumori di contorno come le rane che gracidano o gli aerei che volano nel cielo". Le principali minacce alla sopravvivenza della rara specie di uccelli sono gli esseri umani e la zanzara che trasmette il virus del Nilo Occidentale.
(AGI)
giovedì 25 ottobre 2012
Studio, balene più "silenziose" perché disturbate dall'uomo
Kansas City, 25 ottobre 2012 - Cresce la preoccupazione che il rumore generato negli oceani dall'uomo possa danneggiare gli animali marini che si basano sul suono per comunicare e navigare. A segnalarlo è la ricerca condotta da Michael Stocker e Tom Reuterdahl, dell'istituto Ricerca e conservazione dell'oceano di Lagunitas, in California, e presentata a Kansas City, nel convegno dell'Acoustical Society of America (Asa).
Secondo lo studio il rumore di fondo degli oceani sia diventato fino a dieci volte più forte rispetto a 50 anni fa.
Un nuovo modello scientifico suggerisce che 200 anni fa, prima dell'era industriale della caccia alle balene, il rumore marino era ancora più forte di quello attuale a causa dei suoni emessi dalle balene.
Utilizzando le stime della popolazione storica, gli studiosi hanno assegnato dei "valori di generazione sonora" alle specie di cui disponevano dati utili sulla vocalizzazione. "Ad esempio, 350.000 balenottere nel Nord Atlantico potrebbero aver contribuito a generare 126 decibel nel livello del suono dell'ambiente oceanico agli inizi del 19 secolo, come un moderno concerto rock", osserva Stocker. Rumore che sarebbe stato emesso ad una di frequenza di 18-22 hertz.
Secondo i ricercatori, l'uso dei documenti di caccia per determinare la quantità di balene pescate durante l'epoca della caccia alla balena a livello industriale risulta difficile, perché "i capitani venivano tassati sulle loro catture e questo era un incentivo a 'truccare' i numeri", spiega Stocker.
Ad esempio, per quanto riguarda i territori russi, solo in seguito al crollo dell'Unione Sovietica cominciarono ad emergere i dati reali su questa pratica. "Verso la metà degli anni '60 le balene cacciate erano 48.000 invece che le 2.710 indicate in precedenza''.
Secondo lo studioso "si può supporre che gli animali si siano adattati al rumore biologico nel corso degli eoni, ma non può essere il caso del rumore di origine umana, che è spesso più ampia banda e diversamente strutturato dal rumore naturale e con effetti probabilmente differenti sugli animali".
(ANSA)
Kansas City, 25 ottobre 2012 - Cresce la preoccupazione che il rumore generato negli oceani dall'uomo possa danneggiare gli animali marini che si basano sul suono per comunicare e navigare. A segnalarlo è la ricerca condotta da Michael Stocker e Tom Reuterdahl, dell'istituto Ricerca e conservazione dell'oceano di Lagunitas, in California, e presentata a Kansas City, nel convegno dell'Acoustical Society of America (Asa).
Secondo lo studio il rumore di fondo degli oceani sia diventato fino a dieci volte più forte rispetto a 50 anni fa.
Un nuovo modello scientifico suggerisce che 200 anni fa, prima dell'era industriale della caccia alle balene, il rumore marino era ancora più forte di quello attuale a causa dei suoni emessi dalle balene.
Utilizzando le stime della popolazione storica, gli studiosi hanno assegnato dei "valori di generazione sonora" alle specie di cui disponevano dati utili sulla vocalizzazione. "Ad esempio, 350.000 balenottere nel Nord Atlantico potrebbero aver contribuito a generare 126 decibel nel livello del suono dell'ambiente oceanico agli inizi del 19 secolo, come un moderno concerto rock", osserva Stocker. Rumore che sarebbe stato emesso ad una di frequenza di 18-22 hertz.
Secondo i ricercatori, l'uso dei documenti di caccia per determinare la quantità di balene pescate durante l'epoca della caccia alla balena a livello industriale risulta difficile, perché "i capitani venivano tassati sulle loro catture e questo era un incentivo a 'truccare' i numeri", spiega Stocker.
Ad esempio, per quanto riguarda i territori russi, solo in seguito al crollo dell'Unione Sovietica cominciarono ad emergere i dati reali su questa pratica. "Verso la metà degli anni '60 le balene cacciate erano 48.000 invece che le 2.710 indicate in precedenza''.
Secondo lo studioso "si può supporre che gli animali si siano adattati al rumore biologico nel corso degli eoni, ma non può essere il caso del rumore di origine umana, che è spesso più ampia banda e diversamente strutturato dal rumore naturale e con effetti probabilmente differenti sugli animali".
(ANSA)
mercoledì 24 ottobre 2012
APRE ALLEVAMENTO CON 7000 VISONI PER PELLICCE. E' PROTESTA
In provincia di Parma
24 ott 2012 - Un allevamento di visoni da pelliccia a Noceto? In un'interrogazione al Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna la consigliera dei Verdi Gabriella Meo afferma che sarebbe stato aperto un allevamento di animali da pelliccia che comprenderebbe 7.000 animali. L'azienda si sarebbe insediata in una zona agricola, in via Gabbiano. La consigliera chiede alla Regione se l'allevamento rispetta tutte le norme previste, dal regolamento urbanistico del Comune di Noceto alle norme sul benessere animale emanate dalla Regione Emilia-Romagna e se ci sono stati i controlli veterinari da parte dell'Ausl di Parma.
"L'allevamento di animali per la produzione di pellicce -sottolinea Gabriella Meo- quasi esclusivamente visoni, non è mai stato un'attività di particolare rilevanza economica e negli ultimi quarant'anni ha registrato fortunatamente un continuo e inesorabile trend negativo; nel 1988 erano attivi 170 allevamenti con circa 500.000 animali; nel 2003 si sono ridotti a 50, con circa 200.000 animali; nel 2011 sono 10 con una produzione di 100.000-150.000 animali."
La consigliera si è detta contraria alle pratiche di uccisione di animali per la realizzazione di pellicce. "In un contesto nazionale e internazionale che vede l'affermarsi di una sempre maggiore coscienza di amore e di rispetto per gli animali e per i loro diritti, nonché dell'estensione del concetto di tutela per tutte le specie animali, appare certamente offensiva del sentimento collettivo qualunque pratica di maltrattamento e di uccisione di animali, in particolare per appropriarsi della loro pelliccia".
"I visoni, le cui dimensioni sono quelle di un piccolo gatto domestico sopravvivono in gabbie che hanno una superficie appena più grande di un foglio da fotocopie. Nella realtà dei fatti, i visoni allevati in Italia continuano a stare richiusi in allevamenti intensivi e dentro gabbie delle dimensioni di 2.550 centimetri quadrati, ossia di circa 35 centimetri per 70 centimetri, se va bene".
Christian Donelli – Parma Today
In provincia di Parma
24 ott 2012 - Un allevamento di visoni da pelliccia a Noceto? In un'interrogazione al Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna la consigliera dei Verdi Gabriella Meo afferma che sarebbe stato aperto un allevamento di animali da pelliccia che comprenderebbe 7.000 animali. L'azienda si sarebbe insediata in una zona agricola, in via Gabbiano. La consigliera chiede alla Regione se l'allevamento rispetta tutte le norme previste, dal regolamento urbanistico del Comune di Noceto alle norme sul benessere animale emanate dalla Regione Emilia-Romagna e se ci sono stati i controlli veterinari da parte dell'Ausl di Parma.
"L'allevamento di animali per la produzione di pellicce -sottolinea Gabriella Meo- quasi esclusivamente visoni, non è mai stato un'attività di particolare rilevanza economica e negli ultimi quarant'anni ha registrato fortunatamente un continuo e inesorabile trend negativo; nel 1988 erano attivi 170 allevamenti con circa 500.000 animali; nel 2003 si sono ridotti a 50, con circa 200.000 animali; nel 2011 sono 10 con una produzione di 100.000-150.000 animali."
La consigliera si è detta contraria alle pratiche di uccisione di animali per la realizzazione di pellicce. "In un contesto nazionale e internazionale che vede l'affermarsi di una sempre maggiore coscienza di amore e di rispetto per gli animali e per i loro diritti, nonché dell'estensione del concetto di tutela per tutte le specie animali, appare certamente offensiva del sentimento collettivo qualunque pratica di maltrattamento e di uccisione di animali, in particolare per appropriarsi della loro pelliccia".
"I visoni, le cui dimensioni sono quelle di un piccolo gatto domestico sopravvivono in gabbie che hanno una superficie appena più grande di un foglio da fotocopie. Nella realtà dei fatti, i visoni allevati in Italia continuano a stare richiusi in allevamenti intensivi e dentro gabbie delle dimensioni di 2.550 centimetri quadrati, ossia di circa 35 centimetri per 70 centimetri, se va bene".
Christian Donelli – Parma Today
lunedì 22 ottobre 2012
Cresce il commercio illegale dall'Africa verso l'Asia
Seicento elefanti uccisi per l'avorio
Scoperte 3.8 tonnellate del prezioso materiale in due container spediti dal Kenya e dalla Tanzania
Milleduecentonove zanne, che significa oltre 600 elefanti uccisi
per l’avorio. Intere o a pezzi (la più grande pesa 40.6 chili). È stata
una delle retate d’avorio più grandi mai effettuate nella storia,
quella messa in atto questa settimana dalla polizia di Hong Kong in
un’operazione transfrontaliera con gli agenti di dogana della provincia
cinese di Guangdong.
FAGIOLI A FORMA DI ZANNA - L’avorio è arrivato al porto di Kwai Chung in due container spediti dal Kenya e dalla Tanzania, etichettati come contenenti plastica e fagioli borlotti. Avevano fatto giri tortuosi per depistare le dogane, via Emirati Arabi Uniti e Malesia. Il peso totale dell’avorio sequestrato è di 3.8 tonnellate (1.6 tonnellate in più dell’avorio sequestrato in tutto il mondo nel 2007). Avrebbero reso oltre due milioni e mezzo di euro nel ricco mercato asiatico del commercio illegale d’avorio.
«Pensiamo che una piccola porzione dell’avorio sequestrato sarebbe finito in Cina continentale, mentre il resto in altri Paesi della regione, come il Giappone e Taiwan», ha dichiarato Lam Tak-fai, capo del comando marittimo e portuale della dogana di Hong Kong. Secondo gli investigatori, i turisti asiatici importano illegalmente sempre più prodotti in avorio direttamente dall’Africa, o li spediscono via posta dalla Cina continentale per poi rivenderli nel territorio di Hong Kong.
ORO BIANCO INSANGUINATO - Il commercio internazionale di avorio è stato bandito nel 1989 grazie a una risoluzione del CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, approvata dopo che nel decennio precedente più della metà degli elefanti africani erano stati sterminati.
Con 38.8 tonnellate di avorio sequestrato (più di 4.000 elefanti morti), l’anno scorso è stato l’anno di picco del bracconaggio di elefanti, per lo meno da quando si è iniziato un sistema di monitoraggio internazionale nel 2002. E quest’anno per i pachidermi le cose sembrano andare ancora peggio. Il traffico illegale di «oro bianco» non è mai stato così fiorente come negli ultimi anni. La richiesta d’avorio ha decimato la popolazione di elefanti africani, che è passata da circa cinque milioni d’individui nel 1940 a circa mezzo milione oggi. Il continente fa strage di elefanti: secondo le associazioni conservazioniste, il bracconaggio illegale è più attivo che in ogni altro momento nell’arco degli ultimi due decenni. E adesso è militarizzato. L’avorio è diventato come i diamanti, una delle risorse che finanziano i conflitti attraverso il continente. Noti gruppi ribelli come il Lord’s Resistance Army e i janjaweed in Darfur cacciano gli elefanti per ottenere denaro facile e comprare armi. Una caccia effettuata in territori politicamente instabili da killer professionisti – con mezzi sofisticati come gli elicotteri – a cui i pachidermi non possono sfuggire.
Secondo un reportage del New York Times , anche membri degli eserciti regolari di varie nazioni africane, come l’Uganda, il Congo e il Sud Sudan, sono coinvolti nel bracconaggio e nel traffico illegale. A peggiorare il tutto sono gli ufficiali corrotti e la povertà delle popolazioni locali: in Tanzania, per esempio, cittadini di alcuni villaggi ridotti alla miseria avvelenano le zucche che vengono messe in mezzo alla strada come esche per gli elefanti.
DALL’AFRICA VERSO L’ASIA, PER MOTIVI RELIGIOSI – «Sangue e Avorio»: così titola l'inchiesta di copertina del National Geographic di questo mese sul mercato nero dell’avorio, e racconta come sia la religione il motore trainante della domanda di avorio: dai cristiani ai buddisti ai musulmani, sono gli oggetti, le icone e gli amuleti dei devoti a uccidere gli elefanti nel mondo. Secondo gli esperti il 70% dell’avorio trafficato illegalmente finisce in Cina, dove un’economia in crescita ha permesso alla classe media di potersi permettere questo bene di lusso del mercato nero. L’oro bianco ha raggiunto sulle strade di Pechino il prezzo stratosferico di quasi 1.000 euro al chilo, che significa che una singola zanna vale 10 volte tanto il salario medio annuale di molti Paesi africani. L’anno scorso, più di 150 cittadini cinesi sono stati arrestati in Africa per traffico d’avorio, che è particolarmente attivo nelle aree ricche di elefanti e di lavoratori edili cinesi. Prima del 1989, Hong Kong era uno dei maggiori importatori mondiali, con una vigorosa industria di manufatti d’avorio. E mentre da una parte le nazioni africane si sforzano per contrastare il traffico illegale dell’avorio (a luglio scorso i Paesi dell’Africa centrale hanno lanciato un’iniziativa comune per combattere il bracconaggio), dall’altra alcuni Stati chiedono di poter mettere in vendita l’avorio sequestrato (come successe nel 2008) per poter finanziare i programmi di protezione degli elefanti. Uno di loro è la Tanzania, che ha di nuovo chiesto ufficialmente al CITES di poter rivendere le sue cento tonnellate d’avorio in stock a Cina e Giappone.
Carola Traverso Saibante
22 ottobre 2012
www.corriere.it
Seicento elefanti uccisi per l'avorio
Maxi-sequestro ad Hong Kong
Scoperte 3.8 tonnellate del prezioso materiale in due container spediti dal Kenya e dalla TanzaniaFAGIOLI A FORMA DI ZANNA - L’avorio è arrivato al porto di Kwai Chung in due container spediti dal Kenya e dalla Tanzania, etichettati come contenenti plastica e fagioli borlotti. Avevano fatto giri tortuosi per depistare le dogane, via Emirati Arabi Uniti e Malesia. Il peso totale dell’avorio sequestrato è di 3.8 tonnellate (1.6 tonnellate in più dell’avorio sequestrato in tutto il mondo nel 2007). Avrebbero reso oltre due milioni e mezzo di euro nel ricco mercato asiatico del commercio illegale d’avorio.
«Pensiamo che una piccola porzione dell’avorio sequestrato sarebbe finito in Cina continentale, mentre il resto in altri Paesi della regione, come il Giappone e Taiwan», ha dichiarato Lam Tak-fai, capo del comando marittimo e portuale della dogana di Hong Kong. Secondo gli investigatori, i turisti asiatici importano illegalmente sempre più prodotti in avorio direttamente dall’Africa, o li spediscono via posta dalla Cina continentale per poi rivenderli nel territorio di Hong Kong.
ORO BIANCO INSANGUINATO - Il commercio internazionale di avorio è stato bandito nel 1989 grazie a una risoluzione del CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, approvata dopo che nel decennio precedente più della metà degli elefanti africani erano stati sterminati.
Con 38.8 tonnellate di avorio sequestrato (più di 4.000 elefanti morti), l’anno scorso è stato l’anno di picco del bracconaggio di elefanti, per lo meno da quando si è iniziato un sistema di monitoraggio internazionale nel 2002. E quest’anno per i pachidermi le cose sembrano andare ancora peggio. Il traffico illegale di «oro bianco» non è mai stato così fiorente come negli ultimi anni. La richiesta d’avorio ha decimato la popolazione di elefanti africani, che è passata da circa cinque milioni d’individui nel 1940 a circa mezzo milione oggi. Il continente fa strage di elefanti: secondo le associazioni conservazioniste, il bracconaggio illegale è più attivo che in ogni altro momento nell’arco degli ultimi due decenni. E adesso è militarizzato. L’avorio è diventato come i diamanti, una delle risorse che finanziano i conflitti attraverso il continente. Noti gruppi ribelli come il Lord’s Resistance Army e i janjaweed in Darfur cacciano gli elefanti per ottenere denaro facile e comprare armi. Una caccia effettuata in territori politicamente instabili da killer professionisti – con mezzi sofisticati come gli elicotteri – a cui i pachidermi non possono sfuggire.
Secondo un reportage del New York Times , anche membri degli eserciti regolari di varie nazioni africane, come l’Uganda, il Congo e il Sud Sudan, sono coinvolti nel bracconaggio e nel traffico illegale. A peggiorare il tutto sono gli ufficiali corrotti e la povertà delle popolazioni locali: in Tanzania, per esempio, cittadini di alcuni villaggi ridotti alla miseria avvelenano le zucche che vengono messe in mezzo alla strada come esche per gli elefanti.
DALL’AFRICA VERSO L’ASIA, PER MOTIVI RELIGIOSI – «Sangue e Avorio»: così titola l'inchiesta di copertina del National Geographic di questo mese sul mercato nero dell’avorio, e racconta come sia la religione il motore trainante della domanda di avorio: dai cristiani ai buddisti ai musulmani, sono gli oggetti, le icone e gli amuleti dei devoti a uccidere gli elefanti nel mondo. Secondo gli esperti il 70% dell’avorio trafficato illegalmente finisce in Cina, dove un’economia in crescita ha permesso alla classe media di potersi permettere questo bene di lusso del mercato nero. L’oro bianco ha raggiunto sulle strade di Pechino il prezzo stratosferico di quasi 1.000 euro al chilo, che significa che una singola zanna vale 10 volte tanto il salario medio annuale di molti Paesi africani. L’anno scorso, più di 150 cittadini cinesi sono stati arrestati in Africa per traffico d’avorio, che è particolarmente attivo nelle aree ricche di elefanti e di lavoratori edili cinesi. Prima del 1989, Hong Kong era uno dei maggiori importatori mondiali, con una vigorosa industria di manufatti d’avorio. E mentre da una parte le nazioni africane si sforzano per contrastare il traffico illegale dell’avorio (a luglio scorso i Paesi dell’Africa centrale hanno lanciato un’iniziativa comune per combattere il bracconaggio), dall’altra alcuni Stati chiedono di poter mettere in vendita l’avorio sequestrato (come successe nel 2008) per poter finanziare i programmi di protezione degli elefanti. Uno di loro è la Tanzania, che ha di nuovo chiesto ufficialmente al CITES di poter rivendere le sue cento tonnellate d’avorio in stock a Cina e Giappone.
Carola Traverso Saibante
22 ottobre 2012
www.corriere.it
venerdì 19 ottobre 2012
TRACKING SATELLITARE: LE ROTTE DELLE BALENOTTERE DEL MEDITERRANEO
Sette
balenottere, equipaggiate con
un trasmettitore satellitare, possono da oggi essere seguite
nei loro
spostamenti in Mediterraneo dai ricercatori dell'Istituto
Tethys, ma anche dal
pubblico, attraverso internet.
Il
Mediterraneo ospita una popolazione di balenottere
comuni che vengono studiate con regolarità ormai da oltre
due decenni,
soprattutto nel mar Ligure e mar di Corsica, zone che per questi
grossi
misticeti rappresentano i quartieri estivi di alimentazione.
Diversi studi sono
stati compiuti sull'utilizzo dell'habitat, sul comportamento,
sulla
distribuzione e sull'abbondanza delle balenottere comuni (note
ai ricercatori
come Balaenoptera physalus) nel
Mediterraneo settentrionale in estate, mentre ben poco si sa
ancora della loro
destinazione invernale. In altre zone del mondo le balenottere
tendono a
migrare tra i quartieri estivi, in cui si alimentano, e quelli
invernali dove
si dedicano alla riproduzione; in Mediterraneo potrebbe avvenire
qualcosa di
simile, oppure, trattandosi di una popolazione sostanzialmente
isolata, e di un
ambiente differente da quello oceanico, gli animali si
potrebbero comportare in
maniera diversa; finora non è stato chiarito definitivamente se
le balenottere
migrano verso zone ben precise a sud o se invece si disperdono
o, addirittura,
rimangono a nord.
Attraverso
il
tracking satellitare l’Istituto Tethys
sta cercando, per la prima volta, di dare una risposta a questi
interrogativi,
seguendo degli esemplari nei loro spostamenti al termine della
stagione estiva;
sette animali sono stati equipaggiati con uno speciale
trasmettitore in grado
di rivelarne regolarmente la posizione attraverso il sistema
satellitare Argos.
Lo scopo
è di ottenere informazioni di vitale importanza come l'esistenza
di eventuali
siti di riproduzione finora sconosciuti, l'entità degli scambi
con l'Atlantico
(se ve ne sono), e le eventuali rotte migratorie. In questo modo
sarà possibile
individuare aree che necessitano di una protezione speciale
(analogamente al
Santuario Pelagos, istituito per i cetacei nel Mediterraneo
settentrionale).
Inoltre le rotte invernali potranno essere sovrapposte alle
informazioni sul
traffico marittimo - a tutt'oggi le collisioni
con le
imbarcazioni, soprattutto di grande stazza, rappresentano una
gravissima
minaccia per i grandi cetacei e per questa specie in
particolare.
Il
progetto,
che Tethys ha messo in opera per conto della Direzione
Protezione Natura del
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare, si avvale
anche della collaborazione di ricercatori dell'ISPRA (Istituto
Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale), dell'Università di Siena,
dell’Aqualie
Institute brasiliano, dell'IWC (International Whaling
Commission) e del NOAA
(la statunitense National Oceanic and Atmospheric
Administration). La ricerca è compiuta
su specifica autorizzazione
da parte degli uffici competenti di Francia, Italia e Principato
di Monaco, e
viene condotta nel massimo rispetto dei criteri, sia legali che
etici, del
benessere animale. Il sistema Argos, basato su sei satelliti
orbitanti, è il
più frequentemente utilizzato proprio per il tracking degli
animali, e consente
di ottenere dati di posizione per 12 ore al giorno in due
"finestre"
di sei ore ciascuna.
La
spedizione di Tethys, in mare per tutto
il mese di settembre e appena terminata, ha applicato i
trasmettitori tra il
golfo di Genova e il mare di Corsica, seguendo gli
spostamenti degli animali in tempo reale.
Ogni dispositivo è in grado di fornire (a seconda del tipo e
della
programmazione della trasmissione dati) da 25mila a 90mila
trasmissioni,
restando in attività fino a qualche mese.
“Le
balenottere
marcate sino ad oggi sono rimaste nella zona centrale del
Santuario
Pelagos, tra Sanremo e la parte settentrionale della Corsica” -
spiega Simone
Panigada, vice-presidente di Tethys e responsabile della ricerca
– “indice del
fatto che quest’area è, al momento, ancora ricca di cibo".
Il
percorso delle
balenottere potrà essere seguito anche dal pubblico attraverso
un sito
dedicato (http://www.tethys.org/telemetry/it/index_it.htm)
dove la mappa con gli spostamenti verrà aggiornata
settimanalmente.
Fondato
nel
1986, l’Istituto Tethys è una organizzazione non lucrativa di
utilità
sociale specializzata nella ricerca sui cetacei. Basandosi
esclusivamente sull’autofinanziamento,
Tethys ha generato uno dei maggiori dataset sui cetacei del
Mediterraneo e quasi
300 contributi scientifici. L’Istituto Tethys è stato il primo a
concepire e proporre la creazione del Santuario Pelagos in Mar
Ligure, sulla
base di dati scientifici raccolti in mare.
--
_______________________________________________________
Tethys Research Institute
Viale G.B. Gadio 2, 20121 Milano, Italy
tel. +39 0272001947, fax +39 0286995011
tethys@tethys.org
http://www.tethys.org/
http://www.facebook.com/pages/Tethys-Research-Institute/42387346057
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mercoledì 17 ottobre 2012
Le virtù del potassio
17 ottobre 2012 - L’assunzione di potassio permette di ridurre notevolmente il rischio di ictus o di malattie cardiache.
Questa sostanza così importante per l’organismo umano si può trovare
nelle banane ed in altri prodotti ortofrutticoli, nel pesce, nel pollame
e nei latticini. Attualmente le persone tendono ad assumere una
quantità di potassio molto più bassa rispetto alle dosi raccomandate dalle autorità sanitarie.
Aumentare il consumo di questa sostanza, però, permette di evitare gravi problemi di salute come l’ictus ed i disturbi cardiovascolari.
Lo studio con cui è stata dimostrata l’importanza del potassio
per l’uomo è stato condotto su un totale di quasi 250.000 persone.
Coloro che assumevano abitualmente 1,64 grammi o più di potassio al
giorno presentavano una riduzione del rischio di ictus del 21% ed una
sensibile riduzione della possibilità di soffrire di malattie cardiache.Occorre consumare 5 o più porzioni di frutta e verdura al giorno per raggiungere la giusta quantità di potassio necessaria per ottenere questo effetto protettivo.
La spiegazione di quest’ultimo si può ricondurre al fatto che il potassio è in grado di ridurre la pressione sanguigna nei soggetti ipertesi ed in quelli che assumono elevate quantità di sodio.
Inoltre, l’assunzione di questa sostanza sembrerebbe essere anche in grado di rallentare il processo di aterosclerosi e di prevenire l’ispessimento delle pareti delle arterie, spesso responsabili dell’insorgenza di malattie cardiache.
Fonte: dietainformaebenessere.com
domenica 14 ottobre 2012
Orso marsicano: Tar conferma decreto, sospesa la caccia nell’area orso fino a giugno
Il Tar ha confermato il decreto che sospende la caccia nelle aree critiche per l'orso marsicano. L'assessore Mauro Febbo ha dichiarato che ricorrerà al Consiglio di Stato
Il Tar ha confermato il decreto che sospende la caccia nelle aree critiche per l'orso marsicano. L'assessore Mauro Febbo ha dichiarato che ricorrerà al Consiglio di Stato
La caccia è dunque sospesa nella Zona di Protezione Esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo e nei Siti di Importanza Comunitaria in cui è stata accertata la presenza dell’orso. Il provvedimento del Tar arriva dopo il ricorso del WWF e degli Animalisti Italiani che avevano criticato il Calendario Venatorio di quest’anno.
Il calendario Venatorio quest’anno, per le aree riguardanti l’orso marsicano, era stato redatto in parte anche sulla base dei dati forniti da un apposito tavolo tecnico. Il tavolo tecnico è la prima azione prevista dal PATOM messa in pratica, se si escludono le azioni del progetto europeo Life Arctos dedicato all’orso. Il WWF aveva però criticato sia la procedura per la costituzione del tavolo, affidata dal Ministero dell’Ambiente alla Regione Abruzzo, sia il modo in cui sono stati condotti i lavori dall’ufficio preposto dell’Assessorato alle Politiche agricole e di Sviluppo rurale. L’assessore Mauro Febbo ha già dichiarato al Centro.it che ricorrerà al Consiglio di Stato.
E’ stata accolta la richiesta sul non utilizzo di pallini con piombo così come richiesto dall’associazione ambientalista ed è inoltre è vietata la caccia a Quaglia, Tortora, Allodola, Beccaccia, Marzaiola, Beccaccino, Moriglione e Pavoncella.
E’ stato vietata la caccia a tutte le specie (quindi l’attività venatoria è vietata completamente) nelle decine di Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale presenti nella regione Abruzzo.
Dichiara Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia: “Oggi è un gran bel giorno per la fauna abruzzese. Vengono accolte dalla magistratura amministrativa le nostre tesi. È l’ennesima sconfitta sulla caccia inanellata dalla Regione Abruzzo che su questa materia rimedia continue brutte figure. Speriamo che questa bocciatura faccia riflettere la Giunta regionale ed i partiti che la sostengono sulla necessità di gestire l’attività venatoria in maniera corretta, ritirando, ad esempio, l’atto con il quale è stata recentemente aperta la strada alla caccia di cervi e caprioli nella nostra regione”.
"Redazione di Gaianews.it" il 13.10.2012
Caccia, rarissimi Ibis nel mirino dei bracconieri
Un Ibis ucciso e due gravemente feriti in pochi giorni. E' allarme bracconaggio a Livorno, dove la Lipu ha segnalato tre casi di Ibis eremita neri, animali estinti in Europa e oggetto di un progetto di reintroduzione, bersaglio della caccia illegale. Ieri un esemplare era stato colpito alle zampe e alle ali ed è ancora grave in clinica veterinaria. Oggi altri due casi con un uccello che è stato ucciso e l'altro in gravissime condizioni.
"I nostri amici austriaci che seguivano gli ibis grazie al segnalatore GPS e si occupano di reintrodurre gli Ibis in Italia sembrerebbe siano stati ostacolati durante il recupero degli stessi animali feriti, molto probabilmente dagli stessi bracconieri che li hanno colpiti - dichiara il presidente della LIPU Fulvio Mamone Capria - Un gesto grave che dovrà essere approfondito dagli investigatori al fine di valutare la possibilità di risalire ai responsabili. La LIPU chiede che vengano potenziati i controlli di polizia venatoria da subito e, laddove venissero individuati i colpevoli, ha dato mandato ai propri legali per essere parte civile nel processo"
"C'è un indignazione che sta nascendo a livello internazionaleper questo gesto di incredibile crudeltà - continua Mamone Capria - uccelli rarissimi, testimonial di un progetto internazionale di reintroduzione nel nostro paese, vittime della ferocia di "sparatori" senza anima. "Chiederemo al ministero dell'Interno di attivare azioni specifiche di contrasto al bracconaggio e al Parlamento di occuparsi del tema dell'aumento delle pene per chi viola la legge sulla tutela della fauna. Siamo di fronte ad un'emergenza seria e vanno previste risposte urgenti ed efficaci per difendere la nostra fauna selvatica di fronte alla follia del bracconaggio".
http://firenze.repubblica.it/
Un Ibis ucciso e due gravemente feriti in pochi giorni. E' allarme bracconaggio a Livorno, dove la Lipu ha segnalato tre casi di Ibis eremita neri, animali estinti in Europa e oggetto di un progetto di reintroduzione, bersaglio della caccia illegale. Ieri un esemplare era stato colpito alle zampe e alle ali ed è ancora grave in clinica veterinaria. Oggi altri due casi con un uccello che è stato ucciso e l'altro in gravissime condizioni.
"I nostri amici austriaci che seguivano gli ibis grazie al segnalatore GPS e si occupano di reintrodurre gli Ibis in Italia sembrerebbe siano stati ostacolati durante il recupero degli stessi animali feriti, molto probabilmente dagli stessi bracconieri che li hanno colpiti - dichiara il presidente della LIPU Fulvio Mamone Capria - Un gesto grave che dovrà essere approfondito dagli investigatori al fine di valutare la possibilità di risalire ai responsabili. La LIPU chiede che vengano potenziati i controlli di polizia venatoria da subito e, laddove venissero individuati i colpevoli, ha dato mandato ai propri legali per essere parte civile nel processo"
"C'è un indignazione che sta nascendo a livello internazionaleper questo gesto di incredibile crudeltà - continua Mamone Capria - uccelli rarissimi, testimonial di un progetto internazionale di reintroduzione nel nostro paese, vittime della ferocia di "sparatori" senza anima. "Chiederemo al ministero dell'Interno di attivare azioni specifiche di contrasto al bracconaggio e al Parlamento di occuparsi del tema dell'aumento delle pene per chi viola la legge sulla tutela della fauna. Siamo di fronte ad un'emergenza seria e vanno previste risposte urgenti ed efficaci per difendere la nostra fauna selvatica di fronte alla follia del bracconaggio".
http://firenze.repubblica.it/
domenica 7 ottobre 2012
Lodi L'ex ministro Brambilla: illegittimo, non ci fermeremo
Cani al guinzaglio nei parchi
La rivolta contro i divieti
LODI - I quattro zampe entrano nel teatro antico di Orange, corrono liberi nel leggendario Hyde Park di Londra. Mentre nel Bel Paese, sempre più città vietano loro anche la semplice passeggiata con guinzaglio e museruola. Da Lodi, ieri mattina, è però partita la rivolta animalista contro i sindaci che con ordinanze o regolamenti del verde mettono limiti alla libertà di sgambata degli amici pet, guidata dall'onorevole Michela Vittoria Brambilla, che già da ministro del Turismo aveva firmato con l'Anci un accordo per favorire l'accesso dei cittadini accompagnati da animali d'affezione a tutti i luoghi pubblici e aperti al pubblico, compresi gli uffici e i mezzi di trasporto pubblico. Un incredibile numero di cittadini battaglieri ha sfilato per il centro con i propri animali al seguito lungo le vie della città, attraverso zone proclamate off limits per i quattrozampe dal regolamento di polizia urbana, insieme con Lav e Amici Animali. Zone rosse di Lodi, vietate ai pet, sono il Parco Isola Carolina e i giardini intitolati al Barbarossa, che fondò la cittadina della Bassa, divenuti dopo un importante restauro il luogo simbolo del passeggio in città, e da quel momento resi off limits per i quattro zampe. Pena una sanzione da 25 a 500 euro.
Non che nella cittadina di 45 mila anime manchino verde, parchi, luoghi dove far correre liberi i propri cani. Di parchi ce n'è oltre una trentina. E il sindaco di Lodi, Lorenzo Guerini, difende il divieto «perché è una decisione del consiglio comunale. Non una ordinanza del sindaco. E solo il Consiglio può decidere di tornare indietro». Certo, appare paradossale che i cani siano i benvenuti nelle Grotte di Frasassi o alla Pinacoteca di Jesi, ma trovino cancelli chiusi in un polmone verde di città. «La legge dello Stato e il buon senso sono dalla nostra parte. Non ci fermeremo - annuncia l'onorevole Brambilla -. Questi divieti sono illegittimi». Il mondo degli animalisti è convinto che «l'educazione civica non passi da ordinanze e divieti». A dirlo è Gianluca Felicetti, presidente nazionale Lav, che in tema di divieti su temi analoghi ha vinto più d'una battaglia. Prima di Lodi ha provato il piccolo comune di Crodo a chiudere fuori i cani dai giardini pubblici. Partita persa davanti al Tar del Piemonte.
Paola D'Amico
7 ottobre 2012
www.corriere.it
Cani al guinzaglio nei parchi
La rivolta contro i divieti
LODI - I quattro zampe entrano nel teatro antico di Orange, corrono liberi nel leggendario Hyde Park di Londra. Mentre nel Bel Paese, sempre più città vietano loro anche la semplice passeggiata con guinzaglio e museruola. Da Lodi, ieri mattina, è però partita la rivolta animalista contro i sindaci che con ordinanze o regolamenti del verde mettono limiti alla libertà di sgambata degli amici pet, guidata dall'onorevole Michela Vittoria Brambilla, che già da ministro del Turismo aveva firmato con l'Anci un accordo per favorire l'accesso dei cittadini accompagnati da animali d'affezione a tutti i luoghi pubblici e aperti al pubblico, compresi gli uffici e i mezzi di trasporto pubblico. Un incredibile numero di cittadini battaglieri ha sfilato per il centro con i propri animali al seguito lungo le vie della città, attraverso zone proclamate off limits per i quattrozampe dal regolamento di polizia urbana, insieme con Lav e Amici Animali. Zone rosse di Lodi, vietate ai pet, sono il Parco Isola Carolina e i giardini intitolati al Barbarossa, che fondò la cittadina della Bassa, divenuti dopo un importante restauro il luogo simbolo del passeggio in città, e da quel momento resi off limits per i quattro zampe. Pena una sanzione da 25 a 500 euro.
Non che nella cittadina di 45 mila anime manchino verde, parchi, luoghi dove far correre liberi i propri cani. Di parchi ce n'è oltre una trentina. E il sindaco di Lodi, Lorenzo Guerini, difende il divieto «perché è una decisione del consiglio comunale. Non una ordinanza del sindaco. E solo il Consiglio può decidere di tornare indietro». Certo, appare paradossale che i cani siano i benvenuti nelle Grotte di Frasassi o alla Pinacoteca di Jesi, ma trovino cancelli chiusi in un polmone verde di città. «La legge dello Stato e il buon senso sono dalla nostra parte. Non ci fermeremo - annuncia l'onorevole Brambilla -. Questi divieti sono illegittimi». Il mondo degli animalisti è convinto che «l'educazione civica non passi da ordinanze e divieti». A dirlo è Gianluca Felicetti, presidente nazionale Lav, che in tema di divieti su temi analoghi ha vinto più d'una battaglia. Prima di Lodi ha provato il piccolo comune di Crodo a chiudere fuori i cani dai giardini pubblici. Partita persa davanti al Tar del Piemonte.
Paola D'Amico
7 ottobre 2012
www.corriere.it
giovedì 4 ottobre 2012
"Teste di cuoio" a difesa dei rinoceronti
4 ottobre 2012 - Nuova Delhi - Le autorità indiane hanno deciso di inviare un commando di 100 'teste di cuoio' a protezione dei rinoceronti del parco di Kaziranga, nello Stato nord orientale dell'Assam, dove si è registrato un aumento record del bracconaggio dopo le recenti inondazioni. Lo riferisce l'agenzia Ians.
Il governo locale ha dispiegato una squadra della forza paramilitare di elite dell'Assam Forest Protection Force (Afpf) per sorvegliare i rari animali e impedire gli attacchi dei trafficanti dei preziosi corni molto ricercati in Asia per i presunti poteri afrodisiaci. Si tratta di un reparto addestrato per operare nelle foreste per la tutela della fauna e flora. Nella riserva protetta di Kaziranga vivono 2.505 rinoceronti unicorno ed è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Secondo statistiche ufficiali, dall'inizio dell'anno sono morti 39 pachidermi a causa del bracconaggio e degli allagamenti delle scorse settimane.
(ANSA)
4 ottobre 2012 - Nuova Delhi - Le autorità indiane hanno deciso di inviare un commando di 100 'teste di cuoio' a protezione dei rinoceronti del parco di Kaziranga, nello Stato nord orientale dell'Assam, dove si è registrato un aumento record del bracconaggio dopo le recenti inondazioni. Lo riferisce l'agenzia Ians.
Il governo locale ha dispiegato una squadra della forza paramilitare di elite dell'Assam Forest Protection Force (Afpf) per sorvegliare i rari animali e impedire gli attacchi dei trafficanti dei preziosi corni molto ricercati in Asia per i presunti poteri afrodisiaci. Si tratta di un reparto addestrato per operare nelle foreste per la tutela della fauna e flora. Nella riserva protetta di Kaziranga vivono 2.505 rinoceronti unicorno ed è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Secondo statistiche ufficiali, dall'inizio dell'anno sono morti 39 pachidermi a causa del bracconaggio e degli allagamenti delle scorse settimane.
(ANSA)
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