mercoledì 19 dicembre 2012

prospettive
«La clonazione umana entro 50 anni»
Secondo Gurdon, Nobel per la medicina, una tecnica sicura sarebbe accettata dall’umanità. Soprattutto se servisse per chi ha perso un figlio o a curare patologie serie
 
«Golconde» di René Magritte
MILANO - Agli inizi degli anni Sessanta il bioetico Leon Kass, rispondendo all’entusiasmo del genetista Joshua Lederberg sull’ipotesi di clonazione umana, scriveva «la riproduzione programmata dell'uomo, in effetti, finirà per disumanizzarlo». Il dibattito non si è mai placato e vari film e libri hanno delineato, talvolta anche in modo ironico, il ritratto di un mondo dove sia possibile creare una coppia geneticamente identica di un essere umano. Ora lo scienziato John Gurdon, tra i pionieri dell’umanità in fatto di clonazione, aggiunge una voce autorevole al dibattito, spingendosi a previsioni imminenti quanto azzardate, ma anche decisamente semplificate dalla stampa straniera, che enfatizza le previsioni dello scienziato entro 50 anni estrapolandole dal contesto di un’intervista molto approfondita.

DUPLICARE, CREARE - Clonare gli esseri umani: cosa c’è di più vicino a Dio nel decidere le fattezze di nuova creatura, magari facendo rivivere un figlio perso prematuramente e donandogli le stesse sembianze del compianto figlioletto? Una cosa meravigliosa secondo alcuni, inquietante secondo altri, ma in tutti i casi per nulla fantascientifica a sentir parlare Sir John Gurdon, vincitore quest'anno del Nobel per la medicina grazie ai suoi studi sulle staminali pluripotenti indotte, che in una lunga intervista alla Bbc si è soffermato a lungo sulle varie ipotesi di clonazione umana, osservando che la clonazione riproduttiva comporta soprattutto problemi riguardo alla probabilità di anomalie, mentre quella terapeutica sarebbe un grande vantaggio per l’umanità, offrendo una sorta di clone a servizio dell’individuo originale.

LE PREVISIONI DI JOHN GURDON - Se la tecnica fosse messa a punto con raffinata precisione, cosa assolutamente possibile, secondo Sir John Gurdon la clonazione dell’essere umano sarebbe eticamente accettata tra non molto. Il Nobel sostiene che entro cinquant’anni potrebbe trattarsi di uno scenario reale e fa riferimento anche al decesso tragico di un figlio per giustificarlo e addirittura spingerlo. Basterebbero un ovocita della madre e alcune cellule epiteliali del bambino defunto per creare un clone. Parlando alla radio della Bbclo scienziato dell’Università di Cambridge, che in passato ha lavorato sui primi progetti di clonazione riguardanti gli anfibi (molto prima della pecora Dolly), ha dichiarato che di per sé il meccanismo della clonazione è molto semplice: «Si tratta semplicemente di copiare ciò che la natura ha già prodotto».

PRO E CONTRO - Certo le questioni calde riguardanti la bioetica non sono poche né riguardano argomenti lievi, ma secondo Gurdon questo progresso scientifico verrà accettato dalla gente perché consentirà di alleviare le sofferenze umane e migliorare la qualità di vita. Lo scienziato, grande sostenitore e studioso della clonazione, fa poi notare di interpellare regolarmente a questo proposito i partecipanti alle sue letture pubbliche presso l’Università di Cambridge, rilevando che una media del 60 per cento tra gli uditori è favorevole a clonare l’essere umano. «Le ragioni del no - fa notare ancora il Nobel per la medicina - riguardano i sentimenti del nuovo bambino, che sentirebbe chiaramente di essere venuto al mondo per rimpiazzare qualcuno, ma non si può impedire a un padre e una madre colpiti da un dolore così atroce di seguire questa strada». In fin dei conti, come nota Gurdon, le innovazioni vengono sempre guardate con un certo sospetto: basta pensare alla fecondazione in vitro, che scatenò al tempo un’ondata di proteste e di lettere intimidatorie. Ma dopo la nascita di Louise Brown, la prima test tube baby, anche questa rivoluzione diventò largamente accettata.

50 ANNI, A METÀ STRADA TRA 10 E 100 - Ma perché proprio tra cinquant'anni? Gurdon specifica di aver dato la stessa risposta che diede quando, al tempo in cui lavorava sulla clonazione degli anfibi (nel 1958), gli furono chieste previsioni riguardo a un’ipotesi di clonazione sui mammiferi o gli esseri umani: «In realtà è possibile che la clonazione umana si verifichi tra dieci come cento anni. Facciamo cinquanta?».

SIR JOHN GURDON – Gurdon ha vinto il premio Nobel per la medicina nel 2012, con il collega giapponese Shinya Yamanaka, per il lavoro sulle cellule staminali pluripotenti indotte. Nel 1958 fece uso di tecniche di trapianto nucleare per clonare un anfibio del genere Xenopus, realizzando la prima clonazione di un vertebrato tramite l'utilizzo di un nucleo proveniente da una cellula adulta completamente differenziata. L’ipotesi di una clonazione umana attualmente potrebbe avere molti tipi di applicazione: da quella terapeutica, rivolta alla medicina rigenerativa, al prelievo di cellule staminali da individui clonati, dalla clonazione come rimedio al processo di senescenza per finire con quella di “rimpiazzamento” (termine suggerito da Preston Epstep). In tutti i casi John Gurdon nell’intervista colloquiale esplora vari scenari, correndo anche il rischio di essere male interpretato. E del resto il giornalista cita la testimonianza dell’insegnante di biologia, che lo ricorda come uno «che faceva le cose a modo suo».

LA LEGISLAZIONE - Attualmente in Australia è consentita la clonazione a fini terapeutici e la creazione di embrioni umani per la ricerca sulle cellule staminali. In Europa invece la convenzione europea sui diritti umani e la biomedicina ("European Convention on Human Rights and Biomedicine") proibisce la clonazione umana in uno dei suoi protocolli aggiuntivi, che però è stato ratificato solo dalla Grecia, dalla Spagna e dal Portogallo. La carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea proibisce esplicitamente la clonazione umana riproduttiva, ma il capitolo non è vincolante giuridicamente. In America le legislazioni dei vari Stati sono disomogenee e si va dagli Stati che la proibiscono a quelli che vietano solo la clonazione riproduttiva. Tutto può essere dunque nel futuro imminente e lo scetticismo e l’ostilità che colpirono più di cinquanta anni fa le intuizioni del giovanissimo Gurdon dimostrano che la scienza va avanti, che le resistenze culturali si attenuano e che il primo clone umano potrebbe arrivare tra non molto. Ma anche i Nobel possono sbagliare.




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