Se il clima cambia, qualcuno è contento: gli albatros
L'aumento dell'intensità dei venti occidentali ha determinato un incremento del 10-20% del loro peso. Così volano meglioZAVORRA - «Un chilo in più, in aggiunta ai loro 8-10 chili di peso, fa l’effetto di una zavorra: li rende più pesanti e capaci di contrastare meglio un vento più forte», aggiunge Saino. Quindi turni più corti al nido. Questi uccelli molto longevi e monogami, che riscelgono anno dopo anno lo stesso partner per riprodursi, hanno dunque migliorato la loro già enorme capacità di spostarsi. Potendo contare su di un’apertura alare di circa 3 metri e sul loro tipico volo radente sull’acqua, sono capaci di veleggiare per molte ore con il minimo sforzo. All’effetto delle loro possenti e lunghissime ali e all’«effetto suolo», che dipende dalla compressione dell’aria verso la superficie del mare e si traduce in un aumento di pressione che garantisce un’ulteriore spinta verso l’alto, si aggiunge ora anche il favorevole adeguamento del loro volo al cambiamento dei venti. «Questo nuovo comportamento consente anche di procacciarsi il cibo con più efficienza e di allevare la propria prole con maggiore successo», sottolinea Nicola Saino.
VOLI CORTI - I voli di foraggiamento sono diventati più corti e associati a un minor dispendio di energia: se nel 1970 duravano circa dodici giorni, nel 2008 coprivano già un lasso di tempo inferiore, dell’ordine di 9,7 giorni. I genitori possono pertanto allontanarsi dal nido meno frequentemente favorendo la sopravvivenza dei piccoli. Se nel 1970 nascevano pulcini vivi dal 66 per cento delle uova, già nel 2008 questa percentuale è salita al 77 %.
ORNITOLOGI - Lunga vita dunque a questi uccelli viaggiatori che contano grosse colonie riproduttive nell’arcipelago della Crozet, nel cosiddetto oltremare francese, a sud-est del capo di Buona speranza. Proprio qui gli ornitologi che appartengono al francese Centre d’Etude Biologiques de Chizé (Cnrs) e al tedesco Helmholtz Centre for Environmental Research hanno potuto monitorare dagli anni Sessanta a oggi l’effetto che i cambiamenti climatici hanno avuto su questa specie. «Ricerche come questa, svolte cioè con studi a lungo termine e sostenute da una politica di sovvenzioni continue per periodi di molti anni, andrebbero incentivate, soprattutto in Italia, dove l’incertezza e la discontinuità dei finanziamenti le rendono spesso impraticabili», ribadisce Saino. «Solo progetti che abbraccino un lungo lasso di tempo possono mettere in evidenza abitudini di vita mutate di una comunità di esseri viventi a fronte, ad esempio, dei cambiamenti climatici».
PROTEZIONE - I risultati ottenuti permettono anche di fare una proiezione futura di queste colonie che negli anni hanno subìto un declino provocato dai palamiti, strutture per la pesca ai tonni e ai pesci spada che hanno ucciso non pochi albatros richiamati dai pesci usati come esca. Se l’incremento attuale dei venti nella zona meridionale del polo Sud dà a questi uccelli innegabili vantaggi tra cui quello di andare a nutrirsi dove il mare è più pescoso, un ulteriore rafforzamento della loro intensità potrebbe incrinare irrimediabilmente il loro equilibrio. Venti più forti e con una decorso ancora più meridionale potrebbero infatti compromettere l’efficienza di volo dei grandi albatros urlatori.
31 gennaio 2012
www.corriere.it