ORSO MARSICANO, PARCO CONTRO RIPRODUZIONE IN CATTIVITA'
Parte un appello per sottoporre l'orso marsicano, di cui restano circa 40 esemplari, a un programma di captive breeding.
15 feb 13 - Una definizione di specie ombrello è: "specie che occupa un grande areale e la cui protezione garantisce quella di altre specie che ne condividono l'habitat". Insomma, proteggi uno per salvarne cento.
Questa definizione si adatta magistralmente al più grande carnivoro presente in Europa, l'orso bruno, presente addirittura con due sottospecie in Italia: l'orso bruno europeo (Ursus arctos arctos), sulle Alpi del Nord-Est in un'area compresa tra il Trentino la Carinzia e la Slovenia e l'orso marsicano (Ursus arctos marsicanus) in Centro Italia, in Abruzzo, Lazio e Molise. La popolazione del nord-est, grazie ad un sapiente programma di reintroduzione a opera del Parco dell'Adamello-Brenta, è oggi in ripresa e mostra un marcato aumento demografico, al punto di sollevare qualche perplessità tra i residenti della zona; la popolazione dell'Italia centrale invece è in stasi, con un numero di individui stimato intorno alla quarantina di individui che non varia da alcune decadi.
Nel tentativo di scuotere questo status quo, all'inizio di gennaio 2013 Corradino Guacci, presidente della Società di Storia della Fauna "Giuseppe Altobello", ha lanciato un appello in rete per spingere le autorità del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) ad iniziare un programma di "captive breeding", ossia riproduzione in cattività: "Riteniamo siano maturi i tempi per valutare e porre concretamente in essere un progetto di allevamento, in condizioni controllate, dell'orso marsicano", recita il comunicato della Società. "Avvalendosi anche della rete internazionale dei giardini zoologici, e delle specifiche competenze lì esistenti, si potrà costituire uno stock genetico utile sia per favorire la diffusione della specie che per interventi di reintroduzione nel caso si verificasse un crollo attuale della popolazione".
Il captive breeding è un intervento molto diffuso negli zoo di tutto il mondo per salvare specie sull'orlo dell'estinzione: basti ricordare il salvataggio di specie quali l'orice del deserto o il cavallo di Przewalski, solo per citare due tra i grandi mammiferi salvati in questo modo e attualmente in ripresa nel loro ambiente naturale, dopo interventi di risanamento sull'habitat e sulla popolazione per garantire che gli animali non vengano più cacciati. "Con tutti gli orsi che sono passati in questi anni per il giardino zoologico del Parco a Pescasseroli, perché non si è provato a farli riprodurre?", si chiede Guacci. "Mi risulta che la riproduzione degli orsi in cattività non presenta alcun tipo di problema. Ma, ripeto, sono domande che rivolgo agli esperti e dai quali mi piacerebbe avere delle risposte".
La risposta degli esperti, ovvero delle autorità del PNALM, arriva qualche giorno dopo tramite un comunicato stampa, ed è negativa: "L'Ente Parco, prendendo atto dello spirito positivo che anima l'iniziativa e ringraziando la Società Altobello per l'attenzione che dimostra per l'orso marsicano e i suoi problemi, ritiene per ora non praticabile quanto proposto, per ragioni di carattere logistico e per ragioni etiche e di conservazione".
"Se è vero, come è vero", riporta ancora il comunicato, "che l'esigua popolazione di orso marsicano, di 40-50 esemplari, è la stessa degli anni Ottanta del secolo scorso, ciò significa che comunque per un certo numero di anni è stata assicurata la vita ad almeno un numero minimo di esemplari, grazie all'opera, seppure parziale, del Parco Nazionale. Non si comprende pertanto per quale motivo si debba o si possa ritenere ormai praticamente perduta la battaglia per l'orso marsicano. È evidente comunque che qualcosa non va, se il rischio di estinzione resta immutato e il numero di individui non aumenta, anzi si teme possa diminuire. Si tratta, forse, di ricorrere alla adozione di adeguati e a volte più decisi provvedimenti di conservazione, che non sempre è facile individuare e soprattutto fare accettare agli umani destinatari".
Infine, conclude il comunicato, "meglio lasciare il maschio e la femmina liberi di accoppiarsi e riprodursi nelle foreste del Parco, considerato che a oggi la popolazione ha femmine fertili", e ancora: "Prima di pensare a riproduzioni in cattività, qualora ve ne fosse bisogno, è opportuno e necessario operare con il massimo impegno per eliminare gli attuali problemi dell'orso marsicano [...] Andrebbero ad esempio considerate il maggior il controllo delle riserve integrali [sic], evitandone qualsiasi tipo di utilizzo economico per assicurare quiete e tranquillità all'orso e il miglioramento dell'accesso alle risorse alimentari anche sperimentando o tornando a sperimentare qualche intervento di allevamento e coltivazione tradizionali. Sarebbe poi necessario regolamentare in modo più deciso il pascolo del bestiame domestico per favorire l'antico allevamento ovino e scoraggiare il pascolo brado".
Dato che non era chiaro come mai il Parco non abbia già messo in atto queste semplici misure negli ultimi 30 anni, visto che si trattava della salvaguardia della loro specie ombrello, abbiamo rivolto qualche domanda direttamente alle autorità del PNALM.
Dopo un lungo periodo di riflessione, Dario Febbo, direttore del parco, ha così illuminato la natura del problema: "Attualmente i fondi per la protezione dell'orso sono quelli provenienti dal bilancio dell'Ente Parco e quelli derivanti dall'attuazione del progetto Life-Arctos finanziato dall'Unione Europea. [I fattori demografici limitanti sono] una piccola popolazione [...] vivente in un ambito naturale limitato [...], un ridotto numero di femmine riproduttrici e una bassa variabilità genetica con problematiche legati all'imbreeding, [...] lunghe cure parentali, [...] alta mortalità dei cuccioli nel primo anno di vita, superiore al 50%, [...] elevata mortalità dovuta a cause antropiche, [...] problematiche sanitarie legate alla compresenza di animali domestici. Il progetto Life-Arctos in atto sta intervenendo per rimuovere i fattori derivanti da cause antropiche [...]; i fattori su cui non si può intervenire, almeno direttamente, sono quelli legati alla biologia propria del plantigrado. I progetti relativi sono quelli contenuti nel progetto Life-Arctos dell'Unione Europea, mentre altre azioni, come per es. la sorveglianza sono attuati con fondi dell'Ente Parco. Il Parco non ritiene che per ora sia necessario un programma di captive-breeding per l'orso bruno marsicano, sia perché questo presenta degli aspetti tecnici di difficile soluzione, se non insormontabili (infatti non ci risulta che ad oggi sia stato mai attuato per il genere Ursus), ma, soprattutto, perché prima di questo è necessario rimuovere tutti i fattori limitanti che condizionano la crescita della popolazione. [...] Il Patom è al momento l'unico Piano di Gestione a lungo termine e a larga scala e il progetto ARCTOS garantirà la realizzazione di molte delle azioni previste dal Piano".
Ci si chiede: come mai è possibile il captive breeding del panda, specie che notoriamente ha serie difficoltà a riprodursi, ma non quello dell'orso bruno? È il caso di aspettare di avere un ambiente naturale perfetto prima di cominciare a considerare strade alternative? Siamo sicuri che il PNALM stia facendo il massimo per assicurare la sopravvivenza della sua specie ombrello?
Lisa Signorile - nationalgeographic.it
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