giovedì 30 gennaio 2014

New York dichiara guerra ai cigni: saranno sterminati

Oltre 2200 esemplari verranno uccisi entro il 2025: secondo il Dipartimento di Stato per la Conservazione Ambientale sarebbero troppo invasivi e pericolosi




30 gennaio 2014 - Per molti sono uno dei simboli dell’amore. In molti vengono fotografati l’uno di fronte all’altro perché con il loro lungo collo e la testa viene a crearsi la forma di un cuore. Ma non tutti la pensano così, soprattutto a New York dove presto i cigni verranno sterminati perché considerati una specie troppo invasiva. 
Il Dipartimento dello Stato di New York per la Conservazione Ambientale ha dichiarato guerra a questi volatili: la loro presenza metterebbe a rischio l’habitat delle anatre e oche native, sarebbero colpevoli di frequenti attacchi alle persone e sarebbero una minaccia per i voli aerei.  
Eppure erano stati introdotti dall’Europa alla fine dell’Ottocento in virtù del loro «appeal» estetico sono diventati una minaccia per l’ambiente. Ora li aspetta un triste destino: verranno gassati e presi di mira da tiratori scelti, mentre le loro uova coperte di grasso per non farle dischiudere. Il tutto con l’obiettivo di eliminare tutti i circa 2.200 esemplari entro il 2025.  
Lo sterminio non si fermerà solo ai volatili presenti nelle acque demaniali, ma lo Stato chiederà anche il permesso a privati e governi locali di fare altrettanto sui loro terreni. Ovviamente c’è già chi non è d’accordo con il progetto: «Se sono nati qui dovrebbero esser considerati specie locali», ha detto al New York Times, Michael Vangi, uno dei tanti appassionati di questi animali. 
«Sappiamo che ci sono molti “difensori” dei cigni, ma non possiamo basare le nostre decisioni sull’aspetto estetico di un uccello quando questo comporta così tanti problemi» ha commentato Bryan Swift, esperto di uccelli acquatici del Dipartimento Ambientale.  
La drastica decisione ha convinto anche molti biologi che invece puntano il dito nei confronti dei cittadini e turisti che per anni hanno nutrito questi animali provocando un aumento incontrollato della popolazione che negli ultimi anni è triplicata. Proprio per questo motivo già nel 1993 si tentò un’iniziativa, meno drastica: ma la copertura delle uova con il grasso e la rimozione degli uccelli solo dai parchi naturali ma non riuscì a risolvere il problema. 

FULVIO CERUTTI (AGB)
twitter@fulviocerutti 

lunedì 27 gennaio 2014

Nuova specie di delfini in Brasile

Brasile, scoperta nuova specie di delfini

Ma sono una specie già in estinzione


Brasile, scoperta nuova specie di delfini 
 

Si crede che gli Inia araguaiensis, questo il nome scientifico dei mammiferi, derivino da antenati che si sono spostati dal Rio delle Amazzoni due milioni di anni fa. Ma sono già a rischio di estinzione.

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domenica 26 gennaio 2014

Il ponte Blackfrias a Londra con 4400 pannelli fotovoltaici

Dopo quasi cinque anni di lavoro Network Rail ha inaugurato il più grande impianto fotovoltaico al mondo sul ponte Blackfriars Bridge che attraversa il Tamigi

Il tetto del ponte Blackfriars Bridge, nell’ambito di un progetto con la società Solarcentury, è stato coperto con 4.400 pannelli fotovoltaici per fornire oltre la metà dell’energia elettrica necessaria alla stazione Blackfriars di Londra. L’impianto solare di circa 6000 mq è di fatto il più grande al mondo. 



First Capital Connect che gestisce Blackfriars punta con i pannelli fotovoltaici a tagliare le emissioni di CO2 delle stazioni da circa 511 tonnellate l’anno, riducendo ulteriormente l’impronta delle sue linee ferroviarie a sud-est dell’Inghilterra. 

Ha detto David Statham amministratore delegato di First Capital Connect:
Questo tetto offre ai nostri passeggeri un viaggio ancora più sostenibile trasformando la nostra stazione in un punto di riferimento iconico e visibile per chilometri lungo il Tamigi.
Il progetto è stato uno dei più complessi fino ad oggi per la Solarcentury che ha installato i pannelli a fasi nel corso degli ultimi due anni fermandosi per minimizzare l’impatto sulla stazione durante i Giochi Olimpici del 2012. Il ponte perciò fungerà anche da una pubblicità importante per gli sforzi di Londra nel diventare una città sostenibile.

Frans van den Heuvel amministratore delegato di Solarcentury ha detto:
Il nostro lavoro a Blackfriars dimostra i due principali vantaggi di energia solare: in primo luogo può essere integrato per creare una splendida aggiunta al profilo di Londra; secondo: può essere integrato nel più complesso progetto di ingegneria. Siamo fiduciosi nel fatto che i futuri grandi progetti infrastrutturali possono e potranno beneficiare di solare.
Via | The Guardian

sabato 25 gennaio 2014

Sea Shepherd lancia ‘Operazione Sunu Gaal’

Sea Shepherd lancia ‘Operazione Sunu Gaal’


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Sea Shepherd Lancia “Operazione Sunu Gaal”, una Campagna anti-bracconaggio per assistere la Repubblica del Senegal nei pattugliamenti contro la pesca Illegale, Non Dichiarata e Non Regolamentata.

L’Africa Occidentale è la regione del mondo più soggetta alla pesca Illegale, Non Dichiarata e Non Regolamentata (IUU), con una caccia illegale che ha un costo stimato per i Paesi dell’Africa Occidentale tra i 608 milioni di Euro e 1,3 miliardi di Euro all’anno; Questo tipo di pesca in Africa Occidentale rappresenta il 37% della pesca illegale mondiale. Il Senegal, con i suoi oltre settecento chilometri di costa e le sue acque brulicanti di biodiversità, che vanno dagli squali ai tonni e ai pesce spada, è tra i Paesi Africani maggiormente presi di mira dalle flotte di bracconieri provenienti da Europa, Asia e Russia.
In una recente conferenza stampa, il Ministro della Pesca e degli Affari Marittimi, Haidar El Ali, ha dichiarato che il Senegal perde circa 230 milioni di Euro ogni anno a causa delle circa cinquanta imbarcazioni pirata che operano illegalmente nelle acque di sovranità nazionale del Senegal. Il bracconaggio mette a repentaglio l’equilibrio ecologico dell’ambiente marino e le specie che lo abitano, così come la sopravvivenza dei pescatori artigianali, la cui sussistenza è minacciata dalla crescente domanda di pesce da parte del mercato Europeo e Asiatico.

In un locale dialetto Senegalese “sunu gaal”, da cui deriva il nome del Paese, significa letteralmente “la nostra canoa” e si riferisce all’offerta di un’imbarcazione da parte di Sea Shepherd Global al Governo del Senegal per difendere i diritti dei pescatori artigianali – la nostra canoa difenderà le loro dalle flotte di pescherecci pirata stranieri.
“Voglio che attraverso la presenza di Sea Shepherd qui in Senegal, il mondo intero diventi consapevole di ciò che sta accadendo nel mio Paese. Le nostre risorse marine sono state saccheggiate dalle flotte di pescatori illegali”, dice Haidar El Ali. “Se ho chiesto l’assistenza di Sea Shepherd è perché vanno oltre la teoria e le chiacchiere, loro agiscono realmente”.
Sea Shepherd Global, fornendo una barca, il carburante e un equipaggio, trascorrerà i prossimi mesi a dirigere le forze dell’ordine nelle acque Senegalesi, sotto la direzione del Governo del Senegal, per assistere il Ministero della Pesca, guidato dall’Onorevole Haidar El Ali, per combattere questo tipo di pesca. L’Onorevole Presidente Macky Sall ha dato disposizioni per la Campagna.

Sea Shepherd Global, con l’Operazione Sunu Gaal, ha l’opportunità di svelare l’aggiunta di una quinta imbarcazione alla flotta di Sea Shepherd – la Jairo Mora Sandoval, in onore del 26enne attivista Costaricano brutalmente assassinato in Costa Rica nel Maggio 2013, perché proteggeva le tartarughe marine dai bracconieri.

Per il Fondatore di Sea Shepherd, il Capitano Paul Watson, il nome della barca possiede uno speciale significato: “Apprendere dell’omicidio del conservazionista Costaricano di tartarughe marine, Jairo Mora Sandoval, mi ha rattristato oltre misura. E mi ha fatto arrabbiare. Arrabbiare perché è successo, nonostante Jairo avesse espresso preoccupazione per la propria sicurezza alla polizia e al governo. Mi ha fatto arrabbiare perché il governo non ha reagito, mi ha fatto arrabbiare perché dobbiamo fare pressione sul governo perché agisca e mi ha fatto arrabbiare perché i bracconieri continuano a profanare e a saccheggiare i nidi delle tartarughe. Ho anche giurato che il nome di Jairo Mora Sandoval non sarebbe stato dimenticato e a questo scopo ho deciso che avremmo dato il nome di Jairo ad un’imbarcazione. Lo abbiamo fatto e quindi ora la Jairo Mora Sandoval inizierà le sue operazioni anti-bracconaggio a largo delle coste dell’Africa Occidentale, sotto la direzione del Governo Senegalese”.

“Intervenire contro la pesca illegale in un Paese dell’Africa Occidentale è un lavoro molto importante per Sea Shepherd Global”, ha dichiarato Lamya Essemlali, Coordinatrice della Campagna e Presidente di Sea Shepehrd Francia. “E’ l’area del mondo maggiormente presa di mira dalla pesca illegale. La maggior parte del pesce rubato all’Africa finisce sui piatti dei Paesi più ricchi, gli stessi che si compiacciono per le briciole di carità che gettano ai Paesi Africani. Paesi come il Senegal non hanno bisogno di carità, ma piuttosto del tipo di giustizia possibile soltanto attraverso un efficace pattugliamento per far rispettare la legge”.

Per approfondimenti:
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venerdì 24 gennaio 2014

Cervello, da cosa dipendono i gusti musicali?

Percezione, armonia, dissonanze: ecco cosa determinerebbe il nostro piacere nell'ascoltare una canzone


24.1.2014 - Il protagonista di un vecchio, strepitoso libro di Nick Hornby, giudicava apertamente le persone in base ai gusti musicali: lo faceva senza cattiveria intenzionale ma stroncando in modo veemente certi ascolti, basandosi soltanto sugli acquisti di album che lui, proprietario di un negozio di dischi, li vedeva effettuare. Rob Fleming, questo il nome del protagonista del libro Alta Fedeltà, a quanto pare non aveva tutti i torti: il suo personaggio si basava su una percezione reale del gusto musicale negli ascolti.

Comportamento adolescenziale? Solo in parte. I nostri gusti musicali, a quanto pare, dipendono principalmente alla combinazione di comportamenti sociali con la “natura” vera e propria: quindi, fondamentalmente, non siamo esattamente noi a scegliere la musica che ci piace, ma sono una serie di elementi che ci caratterizzano a determinare quale sia il genere musicale che privilegiamo.

Stando ad una ricerca dell’Università di Melbourne, in Australia, i gusti musicali dipenderebbero dalla quantità di armonia che riusciamo a percepire nella musica che ascoltiamo: il nostro piacere di ascoltare quel determinato brano o disco è proporzionato alla quantità di dissonanze che ascoltiamo, e la dissonanza non dipende interamente solo dalle nostre qualità fisiche di percezione.

La conoscenza dei meccanismi alla base della composizione musicale, quindi uno studio più approfondito della musica che può riguardare gli accordi, le strutture, le melodie, le scale armoniche eccetera, fornisce maggiori strumenti di comprensione per la musica più “difficile”, potremmo dire, come le moderne suite strumentali della dodecafonia o anche, semplicemente, alcuni lavori di rock psichedelico o progressive (esempio sottostante).

Non siamo tutti uguali nei gusti musicali perché semplicemente non usiamo tutti quanti gli stessi mezzi per comprendere la musica; e anche in possesso di queste chiavi di accesso al linguaggio musicale, come ad esempio due musicisti con anni di studi alle spalle, si potrebbe pensarla diversamente su un brano:
I musicisti diplomati sono risultati più sensibili alla dissonanza rispetto a normali ascoltatori; probabile, c’era da aspettarselo. Ma è stato anche scoperto che quando gli ascoltatori non conoscevano un accordo specifico, era impossibile per loro individuare le singole note che lo componevano. Quando questa abilità mancava, gli accordi suonavano per loro dissonanti e quindi sgradevoli.
Insomma, i gusti musicali evolverebbero a seconda della conoscenza intrinseca dei meccanismi di composizione musicale, che tendono ad allargare la comprensione della musica più “difficile”. Per sillogismo aristotelico, chi ascolta determinata musica è quindi un ignorante, nel senso che ignora il linguaggio musicale più profondo?
A voi l’ardua risposta.

Via | Guardian
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martedì 21 gennaio 2014

Il mondo si ribella sulla caccia ai delfini

Enpa, Italia prenda posizione contro la barbarie di Taiji

21 gennaio 2014
 
Il mondo si ribella sulla caccia ai delfini
Si susseguono nel mondo gli appelli contro la mattanza dei delfini in Giappone. L'Ente nazionale protezione animali (Enpa) si appella al ministro degli Esteri, Emma Bonino, ''affinché l'Italia prenda posizione contro la barbarie di Taiji'', città giapponese nella cui baia è stato catturato, nei giorni scorsi, un branco di oltre 250 delfini.
''Il mondo intero sta protestando contro questa ennesima mattanza, attori e personaggi della cultura e dello spettacolo stanno esprimendo il loro disappunto e il disgusto per questa pratica tanto barbara quanto incivile, da Yoko Ono ai report di tutti i principali telegiornali dagli Usa all'Australia'', evidenzia la Protezione animali, chiedendo a Bonino che ''anche il nostro Paese dia prova di altrettanta sensibilità e civiltà''.

In difesa dei delfini è scesa in campo, nel fine settimana, anche l'ambasciatrice americana in Giappone, Caroline Kennedy. ''Sono profondamente preoccupata per la disumanità dell'azione della caccia. Il governo degli Stati Uniti si oppone alla caccia dei delfini'', ha scritto su Twitter la figlia dell'ex presidente Usa John Fitzgerald Kennedy.

La Sea Shepherd Conservation Society, l'associazione ambientalista che "combatte" da anni il Sol Levante per le sue pratiche di caccia di balene a "uso scientifico", ha riferito che più di 250 delfini erano stati spinti nella baia di Taiji, tra cui cuccioli e un rarissimo caso di femmina albina.

La città, che da secoli pratica questa particolare attività di pesca, è salita alla ribalta internazionale a causa del documentario americano "The Cove", vincitore del premio Oscar nel 2009, che dava contro del massacro di delfini durante una'azione su vasta scala al largo della costa. Le foto, diffuse dall'associazione sui social network, mostrano i delfini catturati intenti a nuotare in circolo in acque poco profonde.

Sea Shepherd ha lanciato l'hashtag #tweetfortaiji per sensibilizzare l'opinione internazionale ad evitare un massacro. Gran parte della carne recuperata sarà consumata dall'uomo, con il rischio di danni alla salute visti i quantitativi di mercurio rilevati, mentre alcuni capi finiranno in cattività nei parchi marini.


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venerdì 17 gennaio 2014

Sospese catture lepri nel Parco del Sile

Dopo le proteste da tutta Italia

17 gennaio 2014
 
Sospese catture lepri nel Parco del Sile 
 
E’ datato 15 gennaio 2014 il documento con il quale il Parco Regionale del fiume Sile sospende la cattura e lo spostamento delle lepri, destinate ad essere consegnate nelle mani dei cacciatori trevigiani e padovani, che all’interno del territorio del Parco non potevano ovviamente cacciarle.
La sospensione giunge a seguito delle due diffide inviate dalla LAV alla direzione del Parco, nelle quali l’ufficio legale dell’associazione contesta punto per punto i numerosi profili d’illegittimità contenuti negli atti amministrativi che prevedevano la cattura di un numero imprecisato di lepri all’interno dei confini del Parco, attività che contrasta con la stessa legge quadro nazionale sulle aree protette.
Le cinque attività di cattura previste sono quindi definitivamente archiviate, con buona pace dei cacciatori e a tutto vantaggio delle lepri, che potranno continuare a vivere indisturbate all’interno di un’area dove la caccia è tassativamente vietata.
“Siamo molto soddisfatti per la presa di posizione della direzione del Parco del Sile – commenta Massimo Vitturi, responsabile LAV settore caccia e fauna selvatica – una posizione non certamente anticaccia, ma che si pone finalmente il problema del rispetto delle norme poste a tutela della fauna selvatica, ancor di più all’interno dei parchi”.
E’ da più di vent’anni, a quanto è dato di sapere, che i cacciatori venivano fatti entrare impunemente nel parco del Sile per catturare le lepri. Finalmente gli amministratori hanno voluto dare il chiaro segnale che il tempo del pressapochismo è finito. – aggiunge Vitturi –  E’ giunto il momento che siano rispettate quelle leggi la cui mancata osservanza, durata venti lunghi anni, ha determinato la cattura e la successiva uccisione, per mano dei cacciatori, di migliaia di lepri”.

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giovedì 16 gennaio 2014

Documentando il massacro in Oceano del Sud

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Il volontario di Sea Shepherd Tim Watters, imbarcato a bordo della MV Steve Irwin, racconta le sensazioni provate nel localizzare la flotta baleniera giapponese e nello scoprire il terribile carico a bordo di una delle sue navi.

Il 5 Gennaio 2014 mi svegliai a bordo della MV Steve Irwin mentre stavamo navigando a tutta forza tra gli iceberg torreggianti, che non mi stancherò mai di ammirare. Eravamo in mare da poco più di due settimane e quella mattina, davanti a un caffè, ricordai a me stesso quanto fosse bella e selvaggia questa area, quanto fossimo fortunati ad essere qui, in questa zona del pianeta, e quanto frustrante fosse sapere che da qualche parte davanti a noi si trovavano gli arpioni degli assassini. Da diversi giorni ci stavamo avvicinando ad una zona dell’Oceano del Sud dove si sospettava ci fosse la flotta baleniera giapponese, illegalmente operante al suo interno, e il nostro programma di quel giorno era di inviare il nostro elicottero ad effettuare una serie di voli di ricognizione con l’intento di trovare la Nisshin Maru – la nave fattoria (nave sulla quale vengono macellate le balene, ndt) dei balenieri.

Come fotografo di bordo della MV Steve Irwin avrei volato con Gerry, il nostro pilota di elicottero, e con Joey, uno dei nostri video-operatori. Intorno alle 11:00 ci alzammo per il primo volo. Nel giro un’ora, osservando con attenzione una linea scura appena sotto l’orizzonte tra i ghiacci del pack, mi bloccai. Con la mia macchina fotografica feci uno scatto lungo, e, osservando il display, annunciai con aria eccitata a Gerry e Joey: “Vorrei informarmi che ho la Nisshin Maru nel mio campo visivo”.

Mentre ci avvicinavamo alla Nisshin Maru notai che stavolta c’era qualcosa di diverso. Ormai la nave mi era familiare avendola sorvolata svariate volte lo scorso anno durante la precedente Operazione Zero Tolerance, mentre inseguivamo l’intera flotta dei bracconieri nel Santuario dei Cetacei in Oceano del Sud. Cosa c’era di diverso quest’anno? Pensai che forse poteva essere una nuova struttura verso la poppa accanto allo scivolo, ma, osservando bene, vidi una serie di forme nere e grigie allungate proprio sopra lo scivolo. Mormorai: “Dannazione”, o qualcosa del genere, nel microfono di comunicazione dell’elicottero. Gerry a quel punto mi chiese cosa avessi visto ed io risposi: “Hanno delle balene”.

Cominciammo a volare in cerchio intorno alla poppa, da babordo a dritta e, mentre regolavo l’obiettivo, immagini del passato lampeggiavano nella mia testa. Quello che stavo vedendo in quel momento si intrecciava con le immagini che scorrevo, seduto davanti al mio computer, mentre venivo a conoscenza dell’uccisione di balene in Antartide. Quelle immagini che allora mi fecero infuriare e mi spinsero a prendere la decisione che mi avrebbe portato ad essere lì in quel momento, seduto in un elicottero, girando sopra l’ultima nave fattoria baleniera rimasta al mondo.

Sotto di me giacevano tre balenottere minori. Due di esse giacevano sul dorso, con le loro bianche pance esposte verso il cielo, pozze di sangue intorno a loro. La terza giaceva sullo stomaco, con la sua grande massa che spingeva verso il basso, il muso aggrottato, gli occhi chiusi. Avvicinandoci ulteriormente al retro della nave, notai che un grosso tubo era stato inserito a un lato della gola della terza balenottera, pompando acqua nel suo corpo, probabilmente per diluire il suo denso sangue in modo che, al momento della macellazione, le sue interiora fuoriuscissero facilmente dal corpo, agevolando così le successive operazioni di pulizia del ponte. Non avevo mai visto prima questa fase del “procedimento” e lo odiai in ogni sua parte. Là giaceva una splendida creatura, i suoi profili così perfettamente adatti allo scopo di nuotare per migliaia di miglia durante la sua vita, attraversando gli oceani del pianeta per alimentarsi. Accanto a lei, l’uomo, che le aveva appena imposto la sua orribile volontà, senza alcun consenso e senza alcuna considerazione per i suoi sentimenti e ragioni di vita. Nella morte, l’uomo aveva letteralmente abusato del suo corpo tagliandone le carni ed inserendo materiali da lui creati ed utilizzati solo per sua convenienza ed interesse.

Per quanto orribile fosse questa scena, peggiorò non appena girammo al lato di dritta, guardando verso la zona più aperta del ponte della nave. Qui è dove le balene vengono macellate e in questo luogo, sotto e intorno ai piedi di una ventina di uomini, giacevano i resti e il sangue di una balena recentemente fatta a pezzi. Era uno spettacolo che non avevo mai visto prima in immagini o filmati. Non potevo credere che questo massacro fosse sotto i miei occhi. Quel rosso erompeva dai ponti, scioccante e grottesco. Al centro del ponte c’era un contorto ammasso di carne. Tutto intorno in ogni direzione c’erano pezzi di carne rosso scuro, fasci di muscoli, una grande sezione di midollo spinale e anche l’inconfondibile forma della mandibola e della testa – una quarta Balenottera Miinore era appena stata massacrata qui. C’era così tanto da vedere, tanto da fotografare e, mentre riprendevo quella sezione contorta della balena nel mezzo del ponte, zoomando con l’obiettivo notai un gancio collegato ad un cavo che portava alla prua della Nisshin Maru. Mi dissi che doveva essere il punto in cui avevano attaccato il loro verricello per trascinare il corpo della balena morta dalla poppa della nave fino alla zona di macellazione. Questo ammasso, questo pasticcio, questa collezione non identificabile di muscoli, tessuti ed ossa, era tutto ciò che rimaneva di quel bellissimo e gigantesco mammifero che io ed il resto del mondo avevamo imparato ad amare nei nostri giorni su questo pianeta.

Sembrava che una battaglia avesse avuto luogo. Sapevo che la balena probabilmente era già morta prima di raggiungere questa parte della nave, ma dal centro del ponte si vedeva questa enorme pozza di sangue rappreso con strisce e spruzzi color rosso-nerastro che andavano in ogni direzione. Misi a fuoco l’equipaggio della Nisshin Maru che camminava attraverso questo sangue, sulle ossa della balena e che, dalla nostra altezza, sembrava muoversi come formiche sulla carcassa di un animale morto sul marciapiede. Ognuno di essi aveva in mano una grande lama, un coltello, un gancio, o talvolta tutte e tre le cose. Ogni individuo si muoveva da una sezione all’altra dei resti della balena, o per tagliare un pezzo di carne di dimensioni gestibili, o per conficcare un gancio nella carne prima di trascinarla via in un’altra zona della nave. Mi ricordai che, se avessi dovuto credere al governo del Giappone, allora questi sarebbero stati i suoi scienziati. Tutto ciò che vedevo in realtà erano macellai che selezionavano i loro tagli di carne, separando le sezioni principali della carne da quelle che essi ritenevano inutili e che venivano quindi trascinate a babordo della nave, su un nastro trasportatore, per essere ributtate nei mari selvaggi dell’Antartide, libere di volteggiare lontano dalle sanguinarie e assassine mani dell’uomo.
Continuammo a sorvolare quel macello, segnalando la posizione alla MV Steve Irwin, che a sua volta la riferì alla MV Sam Simon e alla MV Bob Barker. Sea Shepherd aveva accerchiato la flotta baleniera che non aveva vie d’uscita. Il loro gioco era finito, erano stati colti in flagrante e avevamo immortalato la loro vergogna – esponendo al mondo intero la realtà e la brutalità di questa tragedia in Antartico.

A corto di carburante, tornammo sulla MV Steve Irwin. Facemmo altri due voli quel giorno. Nel tempo che il secondo volo decollasse e raggiungesse la Nisshin Maru, poco più di un’ora dopo, tutte e tre le balene erano state distrutte e impacchettate, i ponti ripuliti.
Rivedendo le immagini, capii finalmente cosa vi fosse di diverso sulla Nisshin Maru quest’anno. Non era l’aggiunta di una nuova struttura e non era il fatto che avessero le balene a bordo. Quello che capii fu che l’anno scorso (e prima di allora), i ponti della Nisshin Maru erano di legno marrone scuro. Quest’anno erano di un colore giallo crema. Chiunque abbia voluto questo cambiamento deve poi aver realizzato che ciò ha reso il loro assassinio ancor più evidente agli occhi del mondo. I ponti così chiari fungevano da tela perfetta per esporre quello spettacolo cruento che è la caccia alle balene, creando un contrasto scioccante tra il bianco e il rosso, senza poter in nessun modo nascondere questo crimine.
Ora, pensando a quello che vidi quel giorno, mi piacerebbe sedermi con un rappresentante del governo del Giappone e chiedergli di spiegarmi se ciò a cui assistetti fosse scienza. Come mai in un breve lasso di tempo l’equipaggio della Nisshin Maru fu in grado di prendere quattro balene e tagliarne le carni in pezzi di dimensioni uniformi, conservati in contenitori di plastica, esattamente come i pezzi di carne di balena che ho visto in vendita nei mercati giapponesi? Come avrebbero potuto studiare le balene in quel brevissimo lasso di tempo e cosa sarebbe poi accaduto di quella carne? Dicono che non fosse destinata alla vendita commerciale, ma come posso crederlo? Se tutte le 1.035 balene che mirano a catturare dovessero essere tagliate e confezionate allo stesso modo, significa che la scienza richiede 1.035 campioni? Che cosa stanno cercando?

Naturalmente la risposta che noi tutti conosciamo è che quella non sia scienza. La domanda non si pone nemmeno. Tuttavia, mi piacerebbe ancora sedermi con tale rappresentante e mi piacerebbe che il mondo intero fosse lì, in modo che tutti insieme potremmo chiedergli: “Perché? Perché avete bisogno di fare questo? Perché pensate di avere il diritto di fare questo?”

Il mondo ha deciso nel 1986 che non ci fosse più posto per la caccia alle balene. Abbiamo imparato la lezione. Abbiamo deciso che eravamo al di sopra di questa pratica criminale e immorale che aveva distrutto le vite di tanti animali innocenti senza alcuna considerazione per il loro diritto di vivere e per il ruolo che hanno giocato nel grande groviglio della vita su questo pianeta. Eppure continua e chi può fermarlo se i governi di tutto il mondo non fanno nulla? Anche qui, a bordo della Steve Irwin ai confini del pianeta, sappiamo che queste immagini e il filmato che abbiamo girato il 5 Gennaio 2014 stanno toccando le coscienze di tutto il mondo. Sappiamo che state vedendo tutto quello che noi abbiamo visto quel giorno, che vi ha colpiti. Vi sentite arrabbiati, vi sentite tristi, pensate che quello che è successo quel giorno non debba accadere mai più. Sappiamo anche che i governi di tutto il mondo potranno vedere questo filmato e non dubito che anche loro, come singoli individui, proveranno gli stessi nostri sentimenti, ma la differenza tra noi e loro è che loro hanno il potere di dire “quel che è troppo è troppo” e applicare questo potere assicurandosi che il governo del Giappone rispetti il diritto internazionale.

Mi ricorderò sempre di quello che vidi quel giorno e che spero di non rivedere mai più. Tuttavia, so che questo succede, che ancora oggi la flotta baleniera giapponese continua ad uccidere illegalmente balene. Quindi, in un certo senso, sono contento del fatto che siamo riusciti ad immortalare quella scena in quel preciso istante, assicurandoci così che almeno queste quattro balene non siano morte invano. Abbiamo mostrato al mondo quello che sta succedendo qui in Antartide e faremo tutto il possibile per fare in modo che non una singola altra balena venga uccisa per mano loro, ma ora sta a voi giocare il vostro ruolo, è il vostro turno. Se anche voi volete vedere la fine di questo massacro, allora è vostra responsabilità capire quale sia il modo migliore per aiutare. O attraverso il sostegno materiale alle nostre navi in modo che altre balene non vengano uccise, o facendo pressioni al vostro governo mostrando la vostra rabbia per il fatto che non stiano facendo nulla per fermare il massacro, oppure condividendo le nostre immagini e i nostri filmati con i vostri amici e familiari – ogni piccolo gesto conta.

Quello che posso dirvi è che sta noi, persone che tengono al pianeta, fermare la caccia alle balene. Le balene hanno bisogno di noi ora più che mai e spero che la morte di queste balene possa ispirarvi abbastanza da aiutare i loro fratelli e sorelle che oggi nuotano liberamente con i loro piccoli nell’Oceano Antartico, ma che un domani potrebbero dover affrontare gli arpioni esplosivi della flotta baleniera.

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domenica 5 gennaio 2014


Sea Shepherd: individuata la flotta baleniera!  
Sea Shepherd Individua i Bracconieri di Balene giapponesi: Confermata l’uccisione di Balene all’interno del Santuario dei Cetacei.

05/01/2014

La Flotta di Sea Shepherd ha localizzato tutte e cinque le navi della flotta baleniera bracconiera giapponese, inclusa la nave fattoria giapponese (nave sulla quale vengono macellate le balene, ndt), la Nisshin Maru, all’interno del Santuario dei Cetacei in Oceano del Sud.
La Steve Irwin, la Bob Barker e la Sam Simon sono ora all’inseguimento della flotta baleniera, facendole allontanare dalle zone dove hanno intenzione di cacciare, interrompendo la loro caccia illegale e preparandosi a porre fine alle loro operazioni di uccisione di balene.
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L’elicottero della Steve Irwin ha individuato per primo la Nisshin Maru a 64°44′ Sud, 162° 34′ Ovest, nelle acque di sovranità neozelandese della Regione Antartica Dipendenza di Ross, e all’interno del Santuario dei Cetacei in Oceano del Sud, riconosciuto a livello internazionale.Sea Shepherd ha ottenuto riprese video e immagini di tre Balenottere Minori, specie protetta, sul ponte della Nisshin Maru, già catturate al momento in cui la nave fattoria è stata individuata. Nel frattempo una quarta balena, probabilmente un’altra Balenottera Minore, veniva macellata sul ponte insanguinato.Il Coordinatore di Sea Shepherd Australia, Jeff Hansen, ha dichiarato: “Il Santuario dei Cetacei in Oceano del Sud è stato contaminato dall’uccisione illegale di queste meravigliose e maestose Balenottere Minori per via delle azioni crudeli, violente e barbare dei bracconieri di balene giapponesi. Nessuno potrà mai conoscere il dolore e la sofferenza che questi giocosi giganti gentili hanno sopportato dal momento in cui l’arpione esplosivo ha squarciato i loro corpi fino al tempo in cui hanno tratto il loro ultimo respiro in un mare rosso pieno del loro stesso sangue. Una cosa è certa. Sea Shepherd farà tutto il necessario per assicurarsi che nessun altra balena debba sopportare il dolore e la sofferenza per mano di questi macellai di balene provenienti dal Giappone”.
Il Capitano della Steve Irwin, Sid Chakravarty, ha dichiarato: “Se la “scienza” richiede di gonfiare in maniera grottesca i corpi di balene appartenenti a una specie protetta, passeggiare su un ponte imbrattato del loro sangue, trasportare parti del loro corpo con ganci e catene, e gettare i loro resti in mare, allora si tratta di una “scienza” che non ha spazio nel 21° Secolo. La Nisshin Maru è una vera e propria nave macello e un macello galleggiante non ha spazio nel Santuario dei Cetacei in Oceano del Sud. Sea Shepherd rimarrà implacabile nel condurre questi falsi, disperati e perversi “scienziati” sulla via del ritorno verso Tokyo.
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La flotta bracconiera giapponese opera nel Santuario dei Cetacei in Oceano del Sud in contravvenzione alla moratoria globale sulla caccia alle balene a fini commerciali del 1986, dietro lo spauracchio della ricerca scientifica. Nel Giugno 2013, il governo della Nuova Zelanda si è unito al governo Australiano nella contestazione presentata alla Corte Internazionale di Giustizia, in merito alla legalità della caccia alle balene portata avanti dal Giappone nel Santuario dei Cetacei. Il giudizio sul caso non è ancora stato emesso.
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Il Capitano della Bob Barker, Peter Hammarstedt, ha detto: “Ancora una volta, il governo Giapponese ha mostrato una palese inosservanza del diritto internazionale, perpetrando la caccia illegale alle balene mentre il mondo è in paziente attesa di una decisione da parte della Corte Internazionale di Giustizia. Il tentativo disonorevole da parte del governo giapponese di bypassare il processo legale è un insulto alla cooperazione dimostrata dalle persone di tutto il mondo, dedicate a promulgare le leggi di conservazione in un riconoscimento condiviso della necessità di tutela ambientale”.Gestita e condotta da Sea Shepherd Australia, Operazione Relentless (Implacabile) è la Decima Campagna Antartica in Difesa delle Balene di Sea Shepherd. Nelle precedenti nove campagne, Sea Shepherd ha salvato la vita di oltre 4.500 balene.Sea Shepherd Australia rimane l’unica organizzazione impegnata a difendere l’integrità del Santuario dei Cetacei in Oceano del Sud, intervenendo direttamente contro le operazioni illegali della flotta baleniera giapponese.

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sabato 4 gennaio 2014

SeaWorld e le sue menzogne

SeaWorld e le sue menzogne

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Risposta alla lettera aperta di SeaWorld e invito ad un significativo “buon proposito” per il nuovo anno.

Il documentario “Blackfish” si è lasciato alle spalle una SeaWorld disperata, che lotta per rimanere a galla in un mare di stampa ostile e di critiche da parte del pubblico. Mentre un artista dopo l’altro (otto in totale, finora) sta annullando il proprio spettacolo in programma per la prossima serie di concerti del “SeaWorld Bands, Brews & BBQ”, a causa delle preoccupazioni sollevate dal film, SeaWorld reagisce con una lista di risposte, definite lettere aperte, da parte dei “difensori degli animali” di SeaWorld. E mentre i suoi rappresentanti rifiutano di parlare dei costi sostenuti per la diffusione di queste lettere, è quasi certo che SeaWorld abbia speso migliaia di dollari per far pubblicare queste lettere sugli otto principali quotidiani statunitensi.

Se avete letto la lettera, potreste trovarvi in difficoltà nel separare la realtà dalla finzione, dal momento che è piena delle mistificazioni di SeaWorld sull’argomento cattività dei mammiferi marini. Sea Shepherd vuole diffondere alcune precisazioni sugli argomenti toccati da SeaWorld, che ci auguriamo chiariscano qualsiasi confusione.

“SeaWorld non cattura le orche in natura. Grazie ai successi innovativi della nostra ricerca nel campo della riproduzione dei mammiferi marini, non è stato necessario catturare alcun orca in natura da 35 anni”.
Mentre SeaWorld ammette di prendersi “cura” di due orche catturate in natura, tralascia di accennare alle catture violente e traumatiche che queste orche hanno sopportato. In “Blackfish” si può vedere il video di una famosa e brutale cattura di un’orca a Penn Cove, una cattura che distrusse una famiglia di orche, uccidendone una parte. I responsabili di questa cattura affondarono addirittura i corpi delle orche morte nel tentativo di nascondere ciò che avevano fatto.
La cattura di Tilikum ha avuto luogo al largo delle coste dell’Islanda nel 1983, quando l’orca aveva solo 2 anni. Venne spedita al SeaLand of the Pacific, prima di dover sopportare un nuovo stressante trasporto verso la sua prigione attuale, il SeaWorld di Orlando.

Molte delle orche di SeaWorld sono, tuttavia, nate in cattività. Molte di loro sono figlie di Tilikum, che viene utilizzato come macchina fecondatrice di SeaWorld. I mammiferi marini di SeaWorld sono spesso consanguinei, nati da due membri della stessa famiglia e questo causa una serie di anomalie genetiche e mutazioni. E’ questa la verità del ” rivoluzionario successo” di SeaWorld nella riproduzione dei mammiferi marini.
La lettera, inoltre, tralascia comodamente di citare il fatto che SeaWorld ha in programma di adottare alcuni dei 18 esemplari di beluga, catturati in natura, che il Georgia Aquarium vuole a tutti i costi aggiudicarsi. Alcuni dei beluga dovrebbero essere distribuiti tra i SeaWorld di Orlando, San Antonio e San Diego, ed altre strutture per la cattività. Perché SeaWorld è favorevole alle catture in natura di membri di una popolazione sana di beluga, se sostiene pubblicamente che le loro orche non provengano dall’oceano?

“Noi non separiamo le madri dai loro piccoli. SeaWorld riconosce l’importante legame tra madre e figlio. Nelle rare occasioni in cui una mamma orca non può prendersi cura del proprio piccolo, interveniamo con successo e ce ne prendiamo cura noi. Le orche vengono spostate solo per mantenere una struttura sociale sana.”
Come si può vedere in “Blackfish”, SeaWorld ha regolarmente strappato i piccoli alle proprie madri per trasferirli in altri parchi acquatici. Proprio come ogni madre angosciata per il proprio figlio, le orche lanciano grida a lungo raggio in cerca dei loro piccoli, rapiti da SeaWorld.
Anche se si tratta di un vecchio filmato, è tuttora possibile che SeaWorld continui questa pratica. Continuano ad allevare mammiferi marini, tra cui le orche. Alcune vengono spostate dalle strutture per l’allevamento a quelle dell’intrattenimento. In natura, le orche vivono in grandi branchi e, in alcune popolazioni, i piccoli rimangono con la madre per la loro intera vita.
Ad ogni modo, è certo che per “mantenere una struttura sociale sana” tra le orche, animali che vivono in gruppi matriarcali, non si deve mai separare una madre dal suo piccolo.

“Diamo ai nostri animali pesce di alta qualità, esercizio fisico, cure veterinarie, stimoli mentali e la compagnia di altri membri della loro specie.”
Il “pesce di alta qualità” servito a queste orche è costituito da pesce morto scongelato, del tutto contrario al loro comportamento naturale di caccia in natura. Questi pesci sono pieni di antibiotici e vitamine per combattere gli effetti della prigionia su queste orche, spesso stressate e malate.
Le orche in natura ricavano la necessaria idratazione attraverso il pesce che consumano, ma il pesce congelato fornito loro da SeaWorld ha già perso la maggior parte dell’umidità che una volta conteneva. Per cui, SeaWorld è costretta ad alimentare le proprie orche con enormi quantità di colla di pesce ogni giorno per fornire loro la necessaria idratazione.
Anche se alcune di queste orche convivono con membri della loro specie, questi branchi artificiali non sono le famiglie con cui avrebbero vissuto in natura. Tilikum è spesso tenuto da solo e adesso passa la maggior parte del proprio tempo a trascinarsi svogliatamente sulla superficie della sua vasca. Viene usato da SeaWorld come “stallone” per la fornitura continua di materia prima per l’allevamento di orche in cattività (in modo perverso, il personale del parco marino masturba i maschi al fine di raccogliere il loro sperma, utilizzato per fecondare le femmine), e occasionalmente, egli è costretto ad esibirsi nel “grande tuffo” (“big splash”) alla fine delle performance di SeaWorld. L’allevamento interno ha portato alla nascita di prole malata e molti piccoli sono nati morti.

“La durata della vita delle orche di SeaWorld è uguale a quella delle orche in natura.”
Questa è una menzogna che SeaWorld ha propinato al pubblico per anni. Essi affermano “non si sa con certezza quanto possa vivere un orca”, un’affermazione confutata da biologi marini e ricercatori specialistici, che hanno trascorso la maggior parte delle loro carriere a studiare la vita e i comportamenti delle orche in natura.
L’affermazione di SeaWorld per cui la durata della vita delle orche in cattività sarebbe paragonabile a quella delle orche selvatiche è confutata dai numeri reali. In natura, la vita media dei maschi è di 30 anni e di 50 anni per le femmine. I maschi possono raggiungere un’età massima stimata tra i 60-70 anni e le femmine 80-90 anni. SeaWorld sottolinea che “cinque dei nostri animali sono più vecchi di 30 anni e una delle nostre orche è vicina ai 50″, ma ciò è molto insolito per orche in cattività, comprese quelle di SeaWorld. Molte muoiono prima di quelle età e alcune anche prima di raggiungere la maturità.

“Le orche di cui ci prendiamo cura aiutano quelle in natura. Lavoriamo con università, agenzie governative e ONG per aumentare le conoscenze e le cognizioni sulle orche – dalla loro anatomia e biologia riproduttiva alle loro capacità uditive”.
Che la “ricerca” di SeaWorld sulle orche in cattività porterebbe benefici alle orche selvatiche è, a dir poco, una forzatura. Le orche in cattività sono solo ombre dei loro omologhi selvatici, incapaci persino di impegnarsi nel più elementare dei loro comportamenti naturali o di vivere nelle loro formazioni sociali naturali. La pinna dorsale collassata, che si vede sulla schiena delle orche in cattività, è qualcosa che SeaWorld sostiene esistere anche in natura, ma in realtà è un caso veramente eccezionale tra le orche selvagge. E’ un segno di stress, malattia, ferite o altre condizioni patologiche.
L’affermazione secondo la quale SeaWorld soccorre, riabilita e reintegra la fauna oceanica, inclusa nella loro lettera, è scandalosamente fuorviante. Gli animali reintegrati in natura da SeaWorld sono spesso lamantini, tartarughe marine e altri animali che non possono essere utilizzati nelle “esibizioni” durante i loro spettacoli. I delfini, le orche e gli altri animali, come i leoni marini, salvati da SeaWorld che possono essere costretti ad eseguire giochetti, ricompensandoli con del cibo, vengono trattenuti ed utilizzati per gli spettacoli.
Dobbiamo ancora ricevere adeguate informazioni sui risultati conclusivi del reale successo del programma di soccorso e reintegrazione in natura di SeaWorld. Non si preoccupano di seguire e documentare la sopravvivenza degli animali che reintegrano in natura.

In più, sulla base della relazione annuale sul 2011-12, SeaWorld ha speso solo 9 milioni di dollari negli ultimi dieci anni per il suo lavoro di conservazione. Ciò significa che per ogni 100 dollari incassati, utilizzano solo circa 1 centesimo per il salvataggio e la reintroduzione in natura degli animali, mentre sfruttano quelli che rimangono in cattività. Lo 0,001% delle loro entrate va ad aiutare gli animali in natura. Penso che questo sia il punto più eloquente in assoluto – a dimostrazione del fatto che SeaWorld, in realtà, non è nient’altro che un’azienda per fare soldi.
Il punto è che SeaWorld fa parte dell’imponente macchina del settore della cattività dei mammiferi marini, un settore pronto a vomitare qualsiasi falsità per continuare a farvi spendere i vostri soldi nei loro parchi. Questo settore è indissolubilmente legato non solo alla morte degli animali nelle loro vasche, ma anche a quella dei mammiferi marini brutalmente massacrati a Taiji, in Giappone, dove gli addestratori di delfini lavorano fianco a fianco con gli assassini e scelgono gli esemplari adatti per la prigionia – quelli “più belli” e senza cicatrici visibili. SeaWorld non vuole che voi veniate a conoscenza di quello che il film “Blackfish” ha mostrato in modo chiaro e di quello che i nostri volontari, i Guardiani della Baia, continuano a mostrarvi da Taiji ogni giorno: e cioè, che la cattività uccide.
Mentre questo messaggio si diffonde, una nuova generazione sta aprendo la strada per un futuro di libertà per la vita marina. I bambini hanno iniziato a parlare e a dire che non andranno mai più a SeaWorld e negli altri parchi marini che tengono orche, delfini e balene in cattività. Gli studenti hanno addirittura chiesto la cancellazione delle regolari gite scolastiche a SeaWorld.

La voce dei bambini può anche essere debole, ma è anche molto potente perché rappresenta il cambiamento. Questo potrebbe essere il colpo più duro di sempre per SeaWorld, poiché questi futuri adulti decreteranno la fine di qualsiasi sostegno al settore della cattività e uno spostamento verso la tutela dei mammiferi marini nei luoghi cui essi appartengono – i loro habitat naturali.
Sea Shepherd chiama all’azione i suoi tanti giovani entusiasti ed appassionati sostenitori. Siete fondamentali nel diffondere il messaggio di Sea Shepherd, che include l’esposizione della verità dietro SeaWorld e dietro gli altri parchi marini. Come buono proposito per il 2014 scegliete di non recarvi mai più a SeaWorld e in nessun altro parco marino.

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Articolo: La cattività uccide ancora