giovedì 15 agosto 2013

All’inseguimento della balena più sola del mondo: la Moby Dick d’Australia forse ha un figlio
Nel Pacifico c’è un cetaceo misterioso che “parla” con una voce unica: una missione cercherà di filmarlo
 
La foto della balena mentre si inabissa
 
I biologi marini la chiamano 52- Hertz, come l’insolita frequenza della sua voce captata nelle profondità del Pacifico. Per i romantici, molto più poeticamente, è «la balena più sola del mondo», il Leviatano che da quando è nato canta invano per attirare l’attenzione di un suo simile che forse non esiste nemmeno. Nessuno l’ha mai vista, tantomeno fotografata o filmata. È l’erede di Moby Dick, la balena delle balene, anche se per sua fortuna chi le sta dando la caccia ha intenti meno bellicosi del capitano Achab. 

La sua storia è iniziata un pomeriggio del 1989, quando la Us Navy decise di allentare i protocolli di riservatezza del Sosu (Sound Surveillance System), un sistema di idrofoni utilizzato durante la Guerra Fredda per tenere d’occhio gli spostamenti dei sottomarini sovietici. Centinaia di nastri magnetici, con i suoni registrati nelle acque abissali, furono messi a disposizione della comunità scientifica.  
L’oceanografo William A. Watkins di Cape Cod, fra i pionieri nello studio del linguaggio dei cetacei, si accorse che da qualche parte fra la California e l’Alaska c’era una balena che cantava in modo diverso da tutte le altre. Normalmente i maschi di balenottera azzurra, molto più canterini delle femmine visto che usano la voce per conquistarle, emettono suoni compresi fra i 12 e i 18 Hertz, mentre le balenottere comuni possono arrivare a 20 Hertz.  

C’era un animale, però, che produceva un suono molto più acuto, quello che nel canto umano definiremmo un falsetto. Un suono che con molte probabilità non poteva essere ascoltato da nessun’altra balena. Subito si fecero largo quattro ipotesi: che si trattasse di un esemplare malformato, di un ibrido fra una balenottera azzurra e un’altra balena, di una specie finora sconosciuta oppure dell’ultimo esemplare di una specie prossima all’estinzione. 
Watkins e la sua équipe si misero al lavoro perché quel canto, così diverso da tutti gli altri, rappresentava un’opportunità unica: avrebbe permesso di monitorare con facilità gli spostamenti di un cetaceo evitando di districarsi fra centinaia di voci tra loro troppo simili. 52-Hertz è stata seguita costantemente dal 1992 al 2004. Sappiamo con certezza che ha percorso ogni giorno della sua vita fra i 30 e i 70 chilometri, con un record stagionale di 11.062 chilometri nel 2002-2003, e che si è sempre mantenuta a una certa distanza dalle coste, a eccezione di qualche nuotatina al largo delle Aleutine e dell’isola di Kodiak. 

Nel 2004, pochi mesi dopo che un cancro si portò via il professor Watkins, la rivista «Deep Sea Research» pubblicò il risultato delle sue ricerche. È bastata la frase «Il suono appartiene a un singolo animale che non sembra però legato alla presenza o agli spostamenti di altri specie di balene» perché l’articolo, destinato agli addetti ai lavori, trasformasse 52-Hertz nella «balena più sola del mondo».  
Da allora la dottoressa Mary Ann Daher, assistente di Watkins, ha dovuto gestire l’enorme clamore mediatico suscitato dallo studio. E rispondere a centinaia di email di donne, ma anche di uomini, che le scrivevano commossi confessando di identificarsi nel cetaceo solitario. La Daher ha risposto a tutti, senza arretrare di un millimetro dal rigore scientifico:«Non sappiamo di che specie sia. Non sappiamo se ha malformazioni. Di sicuro è in salute, se è vissuta per tutti questi anni. È sola? Nessuno può dirlo. A tutti piace immaginare questa creatura che nuota solitaria nelle profondità oceaniche, continuando a cantare anche se nessun altro suo simile può ascoltarla. Ma io non posso dire che questa storia corrisponda alla verità. In ogni caso è molto triste che così tante persone si identifichino in lei».  

Non la pensa allo stesso modo il regista Joshua Zeman, rimasto talmente colpito dal fascino di 52-Hertz che in autunno salperà per il Pacifico settentrionale per cercare di immortalare la sua immagine. Ne ricaverà un documentario intitolato «Finding 52»: «Molti scienziati sono stufi di questa storia – ammette Joshua - . Credono che antropomorfizzare in questo modo la balena sia un errore. Io non ne sono convinto. E comunque solo andandola a cercare potremo rendere davvero onore alla sua storia e scoprire il suo mistero».  
Con lui ci sarà anche il professor Bruce Mate dell’Hatfield Marine Science Centre dell’Oregon State University: «Non credo che l’animale che stiamo cercando appartenga a una specie finora sconosciuta, o che sia l’ultimo esemplare di una specie prossima all’estinzione. No, non mi immagino niente di così drammatico… Più probabilmente questa balena potrebbe avere una difetto di pronuncia. Penso anche che non viva da sola e che, se riusciremo a incontrarla, scopriremo che si sposta insieme ad altri 15 o 20 esemplari della sua stessa specie, forse balenottere azzurre». 

Il centro oceanografico della dottoressa Daher sorge ad una delle estremità di Cape Cod. Davanti alle sue finestre c’è uno stretto braccio di mare da cui passa la rotta che congiunge New Bedford, il porto in cui sono ambientate le prime pagine del capolavoro di Melville «Moby Dick», a Nantucket, l’isola da cui salpa il Pequod per inseguire la balena bianca.  
La dottoressa, seduta nell’ufficio in cui è iniziata la caccia alla «balena più solitaria del mondo», preferisce non commentare la notizia della nuova spedizione. La sua email è gentile ma irremovibile: «Mi spiace, ma ho deciso di non rilasciare più interviste su 52-Hertz». Non ne può più. È comprensibile. Chissà quante volte, in questi ventiquattro anni, le sarà ronzato per la testa il consiglio dato dal cauto primo ufficiale Starbuck al capitano Achab: «Moby Dick non ti cerca. Sei tu, tu, che insensato cerchi lei!».  

È passata anche quest’anno al largo della costa orientale dell’Australia la famosa balena bianca di nome Migaloo. Ancora più entusiasmo ha suscitato l’avvistamento, per il terzo anno consecutivo, di una seconda, più giovane balena bianca, probabilmente un suo cucciolo. Migaloo, un maschio di megattera lungo circa 14 metri, fu avvistato la prima volta nel 1991 e poi decine di volte nella migrazione annuale di 12 mila chilometri della sua specie, dalle acque antartiche ai mari tropicali a nord, dove le femmine partoriscono, per poi tornare verso sud in primavera. Il suo sesso è stato stabilito nel 2004 dall’analisi di esemplari di pelle sfogliata via. Gli scienziati cercheranno ora di ottenere campioni di Dna anche del più giovane suo simile, per confermare se sono imparentati. Se così fosse, ritengono gli esperti, sarebbe un fenomeno incredibilmente raro. Migaloo di solito trascorre diverse settimane in una laguna della Grande barriera corallina e lo scorso anno è stata catturata in video mentre intratteneva il suo «pubblico» di turisti in barca con salti e tuffi.  


Francesco Moscatelli 
15 agosto 2013
http://www.lastampa.it

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