18 novembre 2013 - Diossina e policlorobifenili (PCB) in misura superiore al limite consentito dalla legge europea nelle uova di 23 allevamenti su 30.
Sono questi i primi allarmanti risultati del Piano di monitoraggio del Ministero della Salute che prevede la verifica della presenza di sostanze contaminanti nelle uova e nel latte nei 57 siti inquinati di interesse nazionale (7 quelli lombardi).
Con il campione analizzato dall'Azienda Sanitaria Locale della Lombardia è emerso che nel 76% dei pollai d'allevamento lombardi, industriali o artigianali, sono state riscontrate sostanze cancerogene in misura superiore al limite consentito dalla legge europea (5 picogrammi per ogni grammo di grasso).
Le uova contengono diossina e policlorobifenili (PCB) in 23 pollai tra Milano, Sesto San Giovanni e la Provincia di Monza Brianza, in 15 allevamenti di Cerro al Lambro (MI) e in 9 di Mantova e dintorni (tre in città, due a Bigarello, uno a San Giorgio, Porto Mantovano, Marmirolo e Borgoforte).
Il monitoraggio sugli allevamenti rurali rientra nel piano triennale di controlli programmato dal Ministero della Salute per valutare la presenza di contaminanti in alimenti di origine animale (uova e latte) prodotti nelle zone a maggior impatto ambientale individuati come Siti di Interesse Nazionale (SIN). Entro la fine dell'anno si concluderà anche nelle aree di Milano Bovisa, Pioltello-Rodano e Brescia-Caffaro.
Già lo scorso anno, però, in un pollaio a Ospitaletto (BS) che offre prodotti a chilometri zero e sorge a due passi da un'acciaieria, sono stati riscontrati tassi di contaminazione quasi doppi rispetto ai limiti imposti dalla normativa europea.
Per questo l'eurodeputato Andrea Zanoni, membro della Commissione ENVI Ambiente, Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo, parla di allarme sanitario.
“I risultati dei controlli resi noti sono inquietati. Sulle tavole dei cittadini arrivano veleni di ogni genere. Le uova contaminate dalle sostanze cancerogene, come la diossina, sono alimenti che i nostri bambini consumano e che le mamme hanno sempre tranquillamente servito, soprattutto se provengono da allevamenti rurali e non intensivi che offrono prodotti a chilometro zero. Ora, invece, non c'è più nemmeno questa sicurezza, perché le galline vivono in terreni contaminati vicini a poli industriali”, denuncia l'eurodeputato.Come è noto, infatti, sono proprio le galline ruspanti, rispetto a quelle di allevamento, a essere gli indicatori più sensibili di un possibile inquinamento ambientale, perché razzolano su terreno esposto alle ricadute degli inquinanti aero-dispersi. Cosa fare?
La Asl impone il divieto di consumo delle uova degli allevamenti irregolari per 120 giorni, che è il termine scientifico sufficiente per abbattere Pcb e diossina se gli animali sono tenuti in condizioni di allevamento ottimali, lontani cioè dalla terra inquinata. Sarà sufficiente?
Autore: Roberta Ragni / Fonte: greenme.it
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