martedì 10 aprile 2012

AGRICOLTURA IN CRISI

Un farmaco biologico e "made in Italy" per sconfiggere il cancro del kiwi

Arriva dall'università della Tuscia la speranza di debellare il batterio Psa che ha provocato una pandemia internazionale e 60 milioni di danni nel 2010 solo nel Lazio


Cancro del kiwi: le foglie malate di una actinidia
ROMA - Un rimedio del tutto italiano per il frutto ricco di vitamina C, del quale l'Italia è il primo esportatore mondiale: è arrivato un farmaco ecologico per sconfiggere il cancro del kiwi. Arriva dall'università della Tuscia la speranza di debellare il batterio Psa (Pseudomonas syringae pv. actinidiae) che ha provocato una pandemia internazionale e 60 milioni di danni nel 2010 solo nel basso Lazio, dove è concentrata una delle maggiori produzioni di tutto il mondo. Dopo due anni di sperimentazioni i ricercatori viterbesi hanno messo a punto il primo agrofarmaco registrato in Europa: un vero successo della ricerca che a breve sarà pubblicato su una importante rivista scientifica. «E mentre noi cercavamo una risposta ecosostenibile per tutelare l'ambiente, i produttori e i consumatori, la Nuova Zelanda, il nostro maggio competitor, ha autorizzato l’impiego di antibiotici che non hanno dato alcun risultato concreto» dice Giorgio Balestra, ricercatore e coordinatore del gruppo di ricerca dell’ateneo che da circa 20 anni si occupa della batteriosi del kiwi. 
 

Una foglia di kiwi colpita dalla batteriosi
LAZIO PRIMO AL MONDO – L'Italia è il primo esportatore mondiale di kiwi, frutto ricco di vitamina C. Il Lazio è l'area di maggiore importanza a livello nazionale e tra le principali a livello globale, con oltre 9mila ettari coltivati e un volume di affari annuo di oltre 100 milioni di euro. Un tesoro minacciato dal batterio Psa che ha già colpito circa 2 mila ettari, principalmente in provincia di Latina e, in misura minore, in quelle di Roma e Viterbo. Un'epidemia pericolosa che ha messo a rischio soprattutto le coltivazioni di una varietà di kiwi, quella a polpa gialla (cv. Hort 16A): nel 2011, soltanto in provincia di Latina, è stato infettato l'80% delle piante di varietà Gold, su un'area di circa 400 ettari, e i danni sono arrivati oltre i 60 milioni di euro. 
 
PROBLEMA MONDIALE - La prima segnalazione del batterio risale agli anni '80 in Asia. In questi anni la pandemia si è estesa anche in Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera, Turchia, Australia, Nuova Zelanda e Cile, provocando danni davvero ingenti all'agricoltura. Su questo problema i ricercatori di Fitobatteriologia del Dafne dell'Università della Tuscia da anni si stanno concentrando con buoni risultati: «Abbiamo sviluppato diverse linee di ricerca, ma alla fine ci siamo focalizzati su strategie di difesa biologiche. Abbiamo studiato un altro batterio (un ceppo di Bacillus amyloliquefaciens) in grado di competere naturalmente e quindi in grado di proteggere soprattutto le fasi della fioritura delle piante di actinidia dagli attacchi del batterio agente del cancro del kiwi» dica Balestra. 
Piante di kiwi malate vicino a Cisterna di Latina
SCELTA BIO - Una strategia ecocompatibile, insomma. Ben più sicura delle "miscele miracolose" non meglio definite (né controllate) che continuamente vengono proposte ai produttori di kiwi e più sana degli antibiotici sperimentati in Nuova Zelanda (vietati in agricoltura in tutta l’Unione Europea). «Possono essere anche controproducenti perchè c'è un elevato rischio di trasferire la resistenza agli antibiotici ai batteri presenti nei frutteti, patogeni e non» dice Balestra. La sperimentazione nel Lazio, portata avanti con la piena collaborazione dei produttori, è durata oltre due anni si è sviluppato prima in laboratorio e poi in pieno campo coinvolgendo anche gli studenti dell'università. «Prima abbiamo studiato l’antagonista naturale in laboratorio dove si è dimostrato efficace a inibire il batterio killer Psa. Poi abbiamo testato il nostro preparato (chiamato Amylo X) in pieno campo e, partendo dalla fioritura, abbiamo avuto delle ottime risposte in termini di riduzione delle malattia» dice Balestra che non nasconde la soddisfazione. «Si tratta del primo agrofarmaco registrato in Europa. Lavoriamo per aiutare l’intera filiera e siamo convinti che, con le pratiche giuste e trattamenti fitosanitari mirati, nel breve periodo si possa convivere con questo "cancro" e, infine, a neutralizzarlo».  

Carlotta De Leo 

 9 aprile 2012

Nessun commento:

Posta un commento