AGRICOLTURA IN CRISI
Un farmaco biologico e "made in Italy" per sconfiggere il cancro del kiwi
Arriva dall'università della Tuscia la speranza di debellare il batterio Psa che ha provocato una pandemia internazionale e 60 milioni di danni nel 2010 solo nel Lazio
PROBLEMA MONDIALE - La prima segnalazione del batterio risale agli anni '80 in Asia. In questi anni la pandemia si è estesa anche in Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera, Turchia, Australia, Nuova Zelanda e Cile, provocando danni davvero ingenti all'agricoltura. Su questo problema i ricercatori di Fitobatteriologia del Dafne dell'Università della Tuscia da anni si stanno concentrando con buoni risultati: «Abbiamo sviluppato diverse linee di ricerca, ma alla fine ci siamo focalizzati su strategie di difesa biologiche. Abbiamo studiato un altro batterio (un ceppo di Bacillus amyloliquefaciens) in grado di competere naturalmente e quindi in grado di proteggere soprattutto le fasi della fioritura delle piante di actinidia dagli attacchi del batterio agente del cancro del kiwi» dica Balestra.
SCELTA BIO - Una strategia ecocompatibile, insomma. Ben più sicura delle "miscele miracolose" non meglio definite (né controllate) che continuamente vengono proposte ai produttori di kiwi e più sana degli antibiotici sperimentati in Nuova Zelanda (vietati in agricoltura in tutta l’Unione Europea). «Possono essere anche controproducenti perchè c'è un elevato rischio di trasferire la resistenza agli antibiotici ai batteri presenti nei frutteti, patogeni e non» dice Balestra. La sperimentazione nel Lazio, portata avanti con la piena collaborazione dei produttori, è durata oltre due anni si è sviluppato prima in laboratorio e poi in pieno campo coinvolgendo anche gli studenti dell'università. «Prima abbiamo studiato l’antagonista naturale in laboratorio dove si è dimostrato efficace a inibire il batterio killer Psa. Poi abbiamo testato il nostro preparato (chiamato Amylo X) in pieno campo e, partendo dalla fioritura, abbiamo avuto delle ottime risposte in termini di riduzione delle malattia» dice Balestra che non nasconde la soddisfazione. «Si tratta del primo agrofarmaco registrato in Europa. Lavoriamo per aiutare l’intera filiera e siamo convinti che, con le pratiche giuste e trattamenti fitosanitari mirati, nel breve periodo si possa convivere con questo "cancro" e, infine, a neutralizzarlo».
9 aprile 2012
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