domenica 9 marzo 2014

“Siamo trattati da assassini perché ci difendiamo dai lupi”
A Scansano, in Maremma, sono stati ammazzati dieci esemplari in tre mesi
Il sindaco viene insultato anche da New York e arrivano disdette per le vacanze


9 marzo 2014 - Protestano persino da New York. Solo questa settimana 254 lettere, ancora ne stanno arrivando. Messaggi pieni di punti esclamativi: «Ho cancellato la provincia di Grosseto dalle mie mete vacanziere!!!». 
Argomentazioni pacate: «Egregio signor sindaco, siamo rimasti colpiti che nella civilissima Toscana...». Insulti e anatemi: «Vergogna! Assassini! Omertosi dal grilletto facile! Ve ne pentirete! La caccia al lupo è manifestazione di profonda ignoranza e spiccata idiozia. Siete dei barbari! Non verremo a Pasqua! Boicotteremo i vostri prodotti...». 

E pensare che fino a un mese fa Scansano era soltanto un placido paese della Maremma famoso per il Morellino, un vino antico, di un rosso rubino, inteso e profumato. Ma su queste colline bellissime, in mezzo a una natura ancora rispettata, sono stati ammazzati dieci lupi negli ultimi tre mesi. Due sono stati portati davanti al teatro del paese, in modo che tutti potessero vedere. La testa mozzata dell’ultimo, il numero dieci, il lupo dello scandalo, è stata appesa alla transenna della rotatoria principale. A fianco di un cartello, con dedica e firma: «Per Lav, Wwf, Enpa. Cappuccetto Rosso». C’erano scritti anche i motivi del gesto: «Ripristino ecosistema, eliminazione dei predatori, animali indifesi...». 

La foto della testa mozzata ha fatto il giro del mondo. Ed ora ritorna, sotto forma di rabbia e indignazione, nell’ufficio del sindaco. «È un gesto deprecabile, non ci sono dubbi. Ma non è giusto condannare un paese intero per l’errore di un singolo...». Il sindaco Sabrina Cavezzini è un avvocato al suo primo impegno politico. Sono giorni difficili. «Non può essere stato un allevatore a fare quella cosa - dice - non ci credo. È  un gesto che nuoce a tutti. Denota un’esasperazione eccessiva. Il cartello è stato preparato ad hoc...». Per rendere l’idea del clima: sabato scorso era in programma una manifestazione di associazioni animaliste, ma la questura ha negato il permesso per «ragioni di sicurezza e ordine pubblico». 

Al lupo! Al lupo! Tutto era iniziato come in certe favole che fanno paura. Quando il grido d’allarme lanciato dagli allevatori non era stato raccolto. «Peggio. Ci trattavamo come visionari. Da mesi ripetevamo che le nostre pecore venivano ammazzate. E tutti ci rispondevano: la colpa è dei cani randagi». Erano lupi. Adesso si sa. Il dna dei primi nove esemplari uccisi in questa strana guerra, con le vittime esposte pubblicamente, è già stato analizzato dai carabinieri del Ris. Tre sono lupi di razza pura, sei ibridi. Gli allevatori avevano ragione. E se ancora ci fosse qualche dubbio, Claudio Periccioli ci porta a vedere. Lavora da quando era un ragazzino di 12 anni. Ama questa terra. Conosce ogni pianta, ogni profumo. Sa richiamare le sue bestie con un grido acuto e vibrante. E con stivali alti al ginocchio, si incammina. La collina sembra il disegno di un bambino. È stata appena coltivata a grano. Sottili steli verdi danzano nel vento. E nella terra fangosa, in mezzo a squarci di sole, adesso le orme si distinguono benissimo. Quattro polpastrelli, niente unghie. Il lupo è passato da qui. Forse erano in due. Hanno divelto il recinto, ghermito sei pecore. Quattro stanno ancora nell’erba, con le zampe rivoltate al cielo, un rivolo di sangue scende dal collo e inzuppa la lana. Due sono state mangiate per metà, partendo dal cuore. «Come facciamo ad andare avanti in questa situazione?», dice Claudio Periccioli. «I lupi e gli agnelli non possono convivere nello stesso ambiente». 

Come tutti gli allevatori della zona, manda il latte delle sue pecore al caseificio di Manciano. Si trasforma in pecorino Dop. Ma quest’anno la produzione di latte è scesa del 30 per cento. È una conseguenza del ritorno dei lupi. «Il problema non sono soltanto gli animali uccisi. L’intero gregge subisce un trauma. Molte pecore abortiscono, altre perdono la lana. Devi tenerle chiuse di notte, anche quando fa caldo». L’allevatrice Tiziana Pieri ha perso 70 pecore. L’allevatore Massimiliano Ottaviani, al quinto attacco, ha deciso di dormire sdraiato in mezzo al suo gregge: «Noi non c’entriamo con quella testa mozzata - dice - non vogliano dare la caccia ai lupi. Ma io non mi sento di condannare chi difende le sue pecore. Deve aiutarci lo Stato. L’equilibrio si è rotto». Giacomo Bottinelli, della Lav di Grosseto, appoggia il boicottaggio dei prodotti di Scansano: «Io sono vegano. Credo semplicemente che gli allevatori debbano cambiare mestiere». Non è facile trovare il sentiero della pace lungo queste valli. 

Le gabbie autocatturanti sono sempre vuote. La Regione Toscana ha stanziato 5 milioni di euro per risarcire gli allevatori. Il colmo della storia è che qui il lupo non era neppure di casa. È stato portato da vecchie amministrazioni, che hanno firmato un programma di reinserimento con fondi europei. «Forse sono scappati dal Parco del Monte Labro, forse dal Parco della Maremma», dicono tutti. Non si sa precisamente da dove arrivino. Ma i lupi sono tornati. I lupi hanno fame.  


NICCOLÒ ZANCAN

www.lastampa.it

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