Omega 3: hanno ragione i vegetariani
IN BASE A UN NUOVO STUDIO APPARSO DI RECENTE SULL’AMERICAN JOURNAL OF CLINICAL NUTRITION
E’ stato confermato che l’assunzione di omega-3 si può ricavare più
facilmente da fonti vegetali che da diete a base di pesce. Una buona
notizia per tutte le specie marine a rischio estinzione, ma anche per
chi ha scelto un’alimentazione vegetariana o vegana. Vegetariani e
vegani provvederebbero autonomamente alle proprie necessità di acidi
grassi essenziali omega-3 a lunga catena (presenti nel pesce)
ricavandoli dagli acidi grassi omega-3 vegetali, quindi senza dover
introdurre nella propria dieta la carne di pesce. Tali grassi sono
importanti per il buon funzionamento dei meccanismi metabolici. È
già noto da tempo come gli omega-3 si possano ricavare molto più
facilmente da fonti vegetali, come noci, semi di lino e olio di semi di
lino, piuttosto che dal pesce (che ne contiene decisamente meno
di quanto si crede), ma questo nuovo studio rende ancora più evidente
come la fonte privilegiata di questi acidi grassi essenziali sia proprio
quella vegetale. Il Dr. Welch e la sua equipe hanno analizzato dapprima
14.422 uomini e donne dai 39 ai 78 anni all’interno dello studio EPIC
(European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) e
successivamente hanno selezionato 4.902 soggetti nei quali erano stati
misurati i livelli plasmatici dei PUFAs (polyunsantured fatty acids:
acidi polinsaturi, cioè omega-3 e omega-6).
L’ACIDO ALFA-LINOLENICO “ALA”
(precursore degli acidi grassi omega-3 a lunga catena) una volta introdotto nel nostro organismo con l’alimentazione, viene
metabolizzato e trasformato in EPA e DHA, entrambi votati alle
fondamentali funzioni organiche quali la formazione delle membrane
cellulari, lo sviluppo e il funzionamento del cervello e del sistema
nervoso periferico, la produzione di eicosanoidi che regolano la
pressione arteriosa, la risposta immunitaria ed infiammatoria. Lo
studio ha mostrato come, a fronte di una minore introduzione di omega-3
attraverso la dieta tipica dei vegetariani/vegani, se paragonata a chi
consuma pesce in quantità (con una percentuale che va dal 57% all’80 %
di differenza), i livelli di EPA e DHA sono risultati essere pressoché
uguali nei due gruppi di campioni studiati. Ci sarebbe dunque – spiegano
i ricercatori – una “efficienza di conversione” in acidi grassi omega-3
a lunga catena significativamente maggiore nei vegetariani/vegani
rispetto a coloro che consumano pesce.
E’ UN DATO IMPORTANTE
Che, oltre al significato etico, getta una luce positiva anche sul
futuro delle specie marine selvatiche che, pericolosamente depauperate,
sono destinate ad estinguersi. L’EPIC rappresenta il più vasto studio di
popolazione condotto sui livelli di ALA e sulla conversione in EPA e
DHA e, se questi risultati saranno supportati da ulteriori studi,
cambieranno le raccomandazioni per la Salute pubblica, il che avrà un
effetto positivo anche sulla preservazione delle specie marine. Società
Scientifica di Nutrizione Vegetariana – SSNV si prefigge di fornire ai
professionisti della salute e alla popolazione generale informazioni
corrette sulla nutrizione a base di cibi vegetali (c.d. plant-based
nutrition) e sui suoi rapporti con la salute.
Fonte: ilcambiamento.it - ilfattaccio.org
Giornate delle foreste, polmoni della Terra
Dall'Amazzonia all'Africa Centrale, dal Canada alla Siberia, dalla Papua Nuova Guinea all'Indonesia
ROMA, 21 marzo 2013 - Le foreste proteggono
la vita sul Pianeta. Per celebrare la Giornata internazionale di questi
'polmoni verdi' della Terra, Greenpeace ha messo insieme alcune delle
immagini più significative provenienti da ogni angolo del mondo.
Dall'Amazzonia all'Africa Centrale, dal Canada alla Siberia, dalla
Papua Nuova Guinea all'Indonesia, da Sumatra alla nostra Europa,
Greenpeace lancia alcuni scatti delle foreste più belle del mondo, con
"l'auspicio di raggiungere presto l'obiettivo 'deforestazione zero' e
conservare questi preziosi ecosistemi". "Senza le foreste non ci sarebbe
vita sulla Terra - osserva l'associazione targata arcobaleno - In tempi
di cambiamenti climatici le foreste trattengono circa 300 miliardi di
tonnellate di carbonio, ovvero 40 volte le emissioni di gas serra che
emettiamo ogni anno a livello globale. Sono la casa di milioni di
persone che vivono delle foreste, ma anche mammiferi, uccelli, rettili,
insetti, alberi, fiori e pesci".
Secondo Chiara Campione, responsabile campagna Foreste di Greenpeace
Italia, "la distruzione di una foresta in una parte del globo può avere
un impatto disastroso dall'altra parte del Pianeta. Alcuni scienziati
hanno recentemente dimostrato come la perdita di foreste in Amazzonia e
in Africa centrale riduca notevolmente le precipitazioni nel Midwest
negli Stati Uniti"
ANSA
Il mistero (non troppo mistero) della profumazione al muschio bianco
Lunga storia e piuttosto complessa, nonché tortuosa, quella del muschio bianco.
Forse molti di voi non sanno che il muschio bianco non è una pianta che esiste in natura, ma una fragranza utilizzata fin dagli antichi romani, forse anche precedente.
Il muschio bianco, in realtà, in natura non esiste: o meglio, esiste ma è
un derivato animale: è, cioè, una secrezione prodotta dalle ghiandole
odorifere di un piccolo cervo, il cervo muschiato (Moschus Moschiferus)
originario dell’Asia centrale. Durante il periodo dell’accoppiamento,
questo animale marchia il territorio seminando delle piccole palline di
muschio che secerne il suo organismo e che vengono accumulate in due
borsette attaccate sotto la sua pancia.
Queste palline contengono il pregiato olio essenziale di ‘muschio
bianco’ prodotto dalle loro ghiandole odorifere: per estrarlo, per
centinaia di anni, questi piccoli cervi sono stati uccisi.
Nonostante i divieti di caccia, in alcune aree la mattanza avviene ogni
anno, in quanto la ghiandola del cervo muschiato è particolarmente
ambita soprattutto al mercato cinese, sia come profumo, che come rimedio
curativo.
Fortunatamente, si è messo un freno a questa follia e il profumo al muschio bianco si è iniziato a produrlo sinteticamente.
Il muschio bianco sintetico
Ma l’IFRA – l’International Fragrance Association –, il cui Codice di
Comportamento rimane il punto di riferimento per la regolamentazione
dell’industria profumiera mondiale, ha vietato attraverso i suoi
standard, i profumi sintetici al muschio, tra questi anche il muschio
xilene (ossia muschio bianco). La problematica rintracciata in questa
profumazione sintetica è l’alto tasso di inquinamento ambientale causato
dalla sua produzione.
Ma sono i profumi sintetici al muschio in generale, (derivati
nitro-muscosi, muschio-xilene, muschio-toluene) ad avere problematiche
ambientali: essi si accumulano nella catena alimentare e possono avere
effetti dannosi sul nostro sistema nervoso.
Questa valutazione è stata fatta da un gruppo indipendente di esperti in
conseguenza alla richiesta da parte di IFRA di maggiori controlli sulla
sostenibilità del muschio xilene.
Altri muschi in commercio
In commercio potrete anche trovare il Muschio quercino: un lichene, la
Evernia prunastri, che cresce sui tronchi delle Querce; l’Evernia
furfuracea o l’Usnea barbata (Barba di bosco).
I muschi vengono raccolti in grosse balle, compattati e posti in acqua
per almeno 6 ore. Il muschio viene poi seccato e posto sotto solvente:
si tende a preferire il benzene come solvente, poiché con l’etere di
petrolio si ha una minore resa.
http://www.detersivibiologici.it
Ucraina, delfini-killer disertori per amore
Mammiferi-soldato escono per esercitazione e non fanno ritorno: e' stagione dell'amore
KIEV, 13 MAR 2013 - Disertori per amore. Non è il titolo di un film romantico
ambientato in tempo di guerra ma la strana situazione in cui si trovano
tre delfini-killer della Marina militare ucraina. Usciti dalla loro
base a Sebastopoli per un'esercitazione assieme ad altri due 'colleghi',
i tre delfini non sono più rientrati e, secondo alcuni esperti, la
ragione potrebbe essere semplice: è iniziata la stagione degli amori e
hanno seguito il loro istinto. Non si esclude tuttavia che i tre
delfini-soldato possano tornare presto alla base. "Il controllo sui
delfini - spiega l'ex ufficiale della Marina sovietica Iuri Pliacenko
all'agenzia Ria Novosti - era molto comune negli anni Ottanta. Se un
delfino maschio vedeva una femmina durante la stagione degli amori le
andava immediatamente dietro, ma poi tornava dopo una settimana o giù di
lì". Le forze armate sovietiche hanno iniziato ad addestrare
delfini-soldato già nel 1973 e, dopo la dissoluzione dell'Urss e la
divisione della flotta sovietica sul Mar Nero tra Russia e Ucraina, la
sezione per l'addestramento dei delfini è passata sotto il comando di
Kiev. Secondo Ria Novosti, la marina militare ucraina sta addestrando
alla guerra una decina di delfini. L'obiettivo è utilizzarli per
localizzare mine sottomarine e per attaccare sommozzatori nemici
servendosi di speciali coltelli e pistole fissati sulle loro teste.
ANSA
TORNA LIBERO LUPO EZECHIELE JUNIOR
In Umbria
8 marzo 2013 - Torna in libertà il giovane lupo che rischiava di morire avvelenato, in Umbria, se non fosse stato per il tempestivo intervento del Corpo forestale e del servizio veterinario, allertati dalla segnalazione di un privato cittadino. “Ezechiele Jr”, questo il soprannome dell’esemplare maschio di circa due anni, lo scorso sabato si aggirava agonizzante in località San Giovanni di Boschetto, una zona montana del comune di Nocera Umbra (PG), quando è stato avvistato dall’uomo che ha lanciato l’allarme.
Sul posto sono accorsi un medico veterinario e i Forestali del Comando Stazione di Nocera Umbra e al lupo è stata somministrata una dose di antidoto e una di anestetico così da permetterne la cattura. Una volta prelevato e trasportato dai Forestali presso lo studio del veterinario, è stato sottoposto ad alimentazione tramite fleboclisi e alle cure adeguate.
Le cronache degli ultimi giorni riportano in drammatica evidenza il grave fenomeno dell’abbandono di esche e bocconi avvelenati in varie zone della regione. Basti pensare ai due lupi trovati morti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro all’interno del Parco dei Monti Sibillini.
È emergenza, quindi, per questa specie, protetta ma minacciata dalle insidie della pressione antropica e del bracconaggio.
Dai primi controlli è emerso che l’esca avvelenata ingerita dal mammifero fosse costituita da sostanze diserbanti.
La Forestale ha avviato ampie indagini mirate ad individuare i responsabili della vicenda. Nel frattempo lupo Ezechiele ha ripreso a correre riconoscente tra i boschi di una delle regioni più verdi d’Italia.
http://www.animalieanimali.it
IN PIEMONTE
Cinghiali «radioattivi» nei boschi della Valsesia
Il ministro della Salute allerta Nas e Noe
Tracce di Cesio 137 trovati in campioni di animali abbattuti durante la stagione di caccia 2012/2013
La
scoperta non farà felici cacciatori e amanti della selvaggina. Tracce
di cesio 137, un isotopo radioattivo rilasciato tra l'altro nel 1986
dalla centrale di Chernobyl, sono state trovate in decine di cinghiali
dei boschi della Valsesia, in provincia di Vercelli. Sono stati
analizzati campioni di lingua e diaframma di capi abbattuti durante la
stagione di caccia 2012/2013: su 27 campioni il livello di Cesio 137 è
risultato superiore allo soglia indicata dal Regolamento 733 del 2008
come limite tollerabile in caso di incidente nucleare. Secondo
l'assessore all'ambiente della Regione Piemonte Roberto Ravello occorre
evitare gli allarmismi perché i rischi per la salute sarebbero
«contenuti e controllabili».
IPOTESI - «Il cesio 137 è un radionuclide artificiale prodotto
dalla fissione nucleare. Viene rilasciato da siti nucleari», spiega
Elena Fantuzzi, responsabile dell'Istituto di Radioprotezione dell'Enea.
Le ipotesi più immediate sono quelle secondo cui potrebbe essere stato
rilasciato in seguito all'incidente nella centrale nucleare di
Chernobyl del 1986. Ma bisogna considerare anche i siti nucleari nella
zona, fra i quali la centrale di Trino Vercellese smantellata nel 1987 e
il sito sperimentale dell'Enea, a Saluggia. Non è esclusa neppure la
pista dei rifiuti tossici. Secondo Fantuzzi, bisognerebbe considerare
anche il metabolismo dei cinghiali, capire se ha caratteristiche tali da
favorire l'accumulo del cesio 137 al di sopra dei limiti considerati
sicuri. «Non può essere altro che la ricaduta delle emissioni della
centrale di Chernobyl», aggiunge Gian Piero Godio, di Legambiente
Piemonte e Val d'Aosta, esperto in questioni nucleari. «Altre
spiegazioni non potrebbero esserci: il comprensorio della Valsesia non
presenta alcuna sorgente radioattiva».
NAS E NOE - Il ministro della salute Renato Balduzzi ha allertato
i carabinieri del Nas e Noe: insieme alla Direzione Generale per
l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione dello stesso
Ministero coordineranno tutti gli accertamenti. La prima riunione di
coordinamento è prevista l'8 marzo.
ALLARME - «Occorre estendere immediatamente le analisi ad altri
animali selvatici e fare al più presto chiarezza sulle fonti di
contaminazioni», ha detto la Coldiretti. «I cinghiali sono animali
sentinella delle condizioni di inquinamento dei territori in cui vivono,
perché ci forniscono informazioni precise grazie ad un certo modo di
sfruttare l'ambiente», aggiunge Aldo Grasselli segretario nazionale del
Sindacato italiano veterinari medicina pubblica (Sivemp).
8 marzo 2013
www.corriere.it
Sono già 12 i lupi ritrovati morti dall’inizio dell’anno nel Parco Nazionale d’Abruzzo: la fauna protetta è sotto attacco.
Legambiente: «Solidarietà con il parco, ma necessarie misure
straordinarie per stroncare questi attacchi al patrimonio di
biodiversità del Paese»
Pescara, 6 marzo 2013 - Da quanto risulta dai resoconti effettuati
dalle Guardie del Parco e dal Corpo Forestale dello Stato, dall’inizio
dell’anno a oggi sono 12 gli esemplari di lupo rinvenuti morti nel Parco
Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e nella sua Zona di protezione
esterna. È stato accertato, per 8 di questi animali, il decesso per arma
da fuoco o tramite veleno, per 2 il cimurro, e per gli altri 2 si
aspetta il risultato delle analisi autoptiche dell’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale di Teramo.
«Si tratta di un vero e proprio attacco al patrimonio di biodiversità
del Parco – sostengono Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente
Abruzzo, e Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree protette e
biodiversità di Legambiente – e ad una specie fortemente protetta a
livello nazionale e internazionale, oltre che di fondamentale importanza
per l’equilibrio ecologico dell’Appennino. C’è necessità di una
risposta forte da parte delle autorità locali e nazionali che devono
farsi carico, d’intesa con l’Ente parco, di misure straordinarie per
fermare questi attacchi alla fauna protetta che colpiscono
sistematicamente l’area protetta più importante d’Italia».
Accanto ad un ulteriore rafforzamento delle misure di vigilanza e
controllo del territorio e all’accertamento dei responsabili di cui non
si rileva mai traccia, Legambiente ritiene sia necessario uno sforzo
comune per mettere in atto un’azione di condivisione con le altre
istituzioni (Ministero, Regione, province, Comuni, Asl) per frenare
tutti i fenomeni di illegalità, a partire dal bracconaggio, che
investono in maniera preoccupante le aree protette. Serve, al contempo,
anche un maggiore impegno e un rapporto costante con i portatori di
interesse locali (allevatori, agricoltori, veterinari) per condividere
assieme scelte e strategie per la conservazione della fauna selvatica e
la tutela delle attività produttive.
«In quest’ottica, suggeriamo di adottare anche nel Parco d’Abruzzo
misure e attività già sperimentate in altre aree protette nel contesto
appenninico – concludono Di Matteo e Nicoletti – con l’obiettivo da un
lato di mitigare il conflitto tra l’uomo e la fauna selvatica, e
dall’altro di ridurre i fattori di rischio per il lupo. Ad esempio, ci
sono quelle applicate dal Parco nazionale della Majella attraverso il
progetto Life Wolfnet o dal Parco nazionale del Gran Sasso con il
progetto Extra. È proprio dalla sinergia con le altre aree protette
abruzzesi, attraverso un accordo di cooperazione, che può giungere la
prima e più immediata risposta contro le aggressioni subite dal parco
d’Abruzzo, al quale va la nostra solidarietà e disponibilità per tutte
le iniziative che riterranno opportune».
Ufficio stampa Legambiente Abruzzo - ufficiostampa@legambienteabruzzo.it
Polo nord completamente navigabile entro 2060
A causa del riscaldamento globale
ROMA, 5 marzo 2013 - Il sogno di navigare attraverso il polo Nord si trasformerà
presto in realtà: entro il 2060 l'oceano Artico potrebbe diventare
completamente navigabile anche per le navi 'normali' mentre i
rompighiaccio potrebbero forse passare direttamente attraverso il polo.
Sono i risultati di una serie di previsioni realizzate da ricercatori
dell'Università della California di Los Angeles pubblicati sulla rivista
dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas).
Se il riscaldamento globale continuerà a provocare una diminuzione della
calotta glaciale artica, entrò la metà del secolo anche le navi di
trasporto 'normali' saranno in grado, durante i mesi più caldi, di
navigare liberamente e senza l'accompagnamento di rompighiaccio parti
finora inaccessibili dell'oceano Artico. Questo rivoluzionario scenario
che porterebbe con sé importanti conseguenze economiche e politiche,
nonché grandi rischi ambientali, vedrebbe inoltre anche una possibilità
finora inaspettata. "Nessuno aveva finora considerato di navigare
passando esattamente sopra il polo" ha spiegato Laurence Smith, uno dei
responsabili della ricerca. Secondo le previsioni, l'assottigliamento
dei ghiacci potrebbe essere tale da permettere alle navi rompighiaccio
di 'tagliare' completamente l'Artico e passare direttamente per la
strada più corta: attraverso il polo.
L'apertura dei celebri, e a lungo ricercati, passaggi a Nord-Est e
Nord-Ovest potrebbe permettere il risparmio di migliaia di chilometri
nel trasporto di merci tra i porti di Atlantico e Pacifico, stravolgere
le rotte tradizionali e aprire contese sul controllo di queste nuove
autostrade del mare. Secondo i ricercatori, queste previsioni comportano
l'obbligo di aprire al più presto dibattiti per definire
regolamentazioni stringenti anche per la salvaguarda dei delicati
ecosistemi artici.
ANSA
HARLAN, SONO MORTE LE 104 SCIMMIE PER LA VIVISEZIONE PORTATE A CORREZZANA
I primati sono stati portati nei centri di vivisezione.
4 mar 13 - La fine del giallo sulla sorte dei 104 macachi importati un anno fa dalla Harlan, e stoccati nel capannone di Correzzana in attesa di finire vivisezionati nei laboratori di mezza Europa, è tutta in queste parole di Giorgio Riva, responsabile dell’Enpa di Monza: «Sono morti, purtroppo. Ne abbiamo la certezza assoluta. Sono stati trasferiti nottetempo nei centri italiani ed europei che praticano la sperimentazione sugli animali. Per loro non c’è più nulla da fare». Parole che spazzano via ogni residua speranza degli animalisti che si erano mobilitati per salvarli, scatenando a partire dal febbraio 2012 un’offensiva mediatica senza precedenti, fatta di manifestazioni, mega raccolte firme e proposte di legge per fermare il commercio delle scimmie.
L’ultima frontiera è proprio quella legislativa: le associazioni premono affinchè il nuovo Parlamento approvi una normativa per vietare l’allevamento di cani e primati destinati alla sperimentazione: «Quando passerà questa legge Harlan dovrà chiudere. Un successo parziale l’abbiamo comunque ottenuto, perché siamo riusciti a bloccare l’arrivo a Correzzana di altri 800 scimmie grazie anche all’ex ministro Michela Vittoria Brambilla, che aveva convinto la multinazionale a rinunciare alle successive importazioni», aggiunge Riva che insieme a Susanna Chiesa del gruppo Freccia 45 sta per avviare una struttura per custodire i roditori scampati alla vivisezione. Si chiamerà “Rifugio No Harlan”. Tra un paio di mesi sarà operativo: «Ci servono però volontari disposti a spendere il loro tempo per animali considerati poco simpatici: potremo contare su una capienza immediata per 100 topi», spiega Chiesa. Parallelamente nella vicina Concorezzo proseguono i lavori per il canile dell’Enpa specializzato nel recupero dei cani da laboratorio. Sarà il primo in Italia: «Presto organizzeremo concerti ed eventi per raccogliere fondi a supporto dell’iniziativa», conclude Riva.
Marco Dozio - Il Giorno
Sea Shepherd: rimaniamo impassibili per i nostri clienti
– 04/03/2013 - I tribunali possono chiamarci pirati. I balenieri possono chiamarci
terroristi. I troll e i critici possono chiamarci con qualunque dannato
nome vogliano. I media possono scrivere feroci editoriali di denuncia
nei nostri confronti. Greenpeace può condannare le nostre tattiche. Semplicemente
non ci interessa. Qualunque cosa chiunque dica riguardo a Sea Shepherd,
i nostri capitani, i nostri ufficiali, il nostro equipaggio o me
stesso, non potrà mai portar via quello che abbiamo ottenuto – la vita
per 800 balene in questa stagione e per circa 5.000 balene negli oltre
nove anni in cui abbiamo difeso il Santuario dei Cetacei in Oceano del
Sud. Sapere che questi magnifici, socialmente complessi, intelligenti,
senzienti cittadini oceanici in questo momento stanno nuotando liberi
perché siamo intervenuti ci dona un profondo senso di felicità e gioia.
Le balene stanno nuotando libere e non sono state crudelmente arpionate e
macellate sul ponte di quello spregevole macello galleggiante che è la
Nisshin Maru. E abbiamo fatto tutto ciò senza ferire una singola
persona.
Abbiamo strappato dalle loro avide mani i loro
profitti illeciti e causato ai balenieri decine di milioni di dollari di
debiti. Le vite di queste balene e la sicurezza del Santuario dei
Cetacei in Oceano del Sud vale i rischi che abbiamo corso, vale le
azioni legali, vale la possibilità di arresto e detenzione. Li vale
perché abbiamo appena fatto un enorme investimento per assicurare un
futuro più sicuro per i cetacei, per l'integrità ecologica degli oceani e
verso la nostra stessa sopravvivenza come specie. I tribunali, i media,
i governi e i critici non capiscono che non ci interessano le loro
opinioni, perché noi rappresentiamo gli interessi dei nostri clienti e,
per quanto riguarda l'Operazione Zero Tolerance, i nostri clienti sono
le balenottere minori, le balenottere comuni e le megattere antartiche.
Rappresentiamo, inoltre, gli interessi di migliaia di persone che
sostengono i nostri sforzi con le loro donazioni. Nel Santuario dei
Cetacei in Oceano del Sud la nostra priorità è quella di salvare le vite
delle balene senza provocare alcuna ferita a nessun baleniere, ed è ciò
che abbiamo fatto. Siamo andati a Sud, abbiamo mantenuto le nostre
posizioni, non abbiamo vacillato e abbiamo impedito l'uccisione di
balene e costretto la flotta baleniera a ritirarsi dall'Oceano del Sud.
E quella di questa stagione è stata la nostra Campagna più efficace di
sempre e vedrà la quota più bassa di uccisioni dell'intera storia delle
operazioni di caccia alle balene da parte del Giappone in Oceano del
Sud.
Non c'è una sola balena o un solo delfino nell'oceano
intero che non sarebbe d'accordo con ciò che abbiamo fatto, e questo è
tutto quello che ci occorre sapere.
E se i balenieri
ritorneranno la prossima stagione, noi ritorneremo, e così per ogni
stagione fino a che sarà necessario, perché ciò che è stato stabilito da
accordi internazionali è che il Santuario dei Cetacei in Oceano del Sud
deve essere protetto in quanto santuario e, logica e compassione
dettano che, in un'area designata come santuario, le balene non debbano
essere massacrate.
Parole e minacce, condanne e etichette non scoraggeranno il nostro impegno di proteggere la vita nei nostri oceani.
Nel giro di pochi mesi, lungo le coste dell'Australia, nasceranno
piccoli di balena che sarebbero altrimenti stati strappati dai ventri
delle loro madri. Lasceranno il ventre materno e nuoteranno in
superficie per il loro primo respiro di vita, non venendo mai a
conoscenza di quanto siano andati vicino a rischiare di venire serviti
su un piatto di delicato sushi a Tokyo. Ma noi lo sapremo, e con questa
consapevolezza vi sarà tepore nei nostri cuori e sorrideremo sapendo di
aver dato il dono della vita alle più nobili creature del mare.
Le balene non piangono e nemmeno noi.
Traduzione a cura di Valentina Guerrieri
Alle Bahamas via al progetto Bach
Con Universita' di Padova per studiare misure salvaguardia mare
ROMA - Alle Bahamas per studiare un modello di salvaguardia della biodiversita' marina.
E' l'obiettivo del Progetto ''Bach Bahamas, a Coral reef Hope spot'',
mirato a divulgare l'efficacia delle misure messe in atto dal Governo
bahamiano già dalla fine degli anni '50 per la salvaguardia del mare.
''I dati dimostrano sempre di più quanto siano importanti le aree marine
per l'equilibrio delle acque e dell'ecosistema,'' si legge in una nota.
Il progetto, messo a punto dalla Professoressa Maria Berica Rasotto del
Dipartimento di Biologia dell'Università di Padova è sostenuto dal
Ministero del Turismo delle Bahamas e vede insieme un gruppo di
studenti dell'Università padovana e del College of Bahamas.
Lo studio si svilupperà nella riserva marina di Exuma Cays Land &
Sea Park. Il team scientifico, che proprio in queste ore partira' per
le Bahamas, si occuperà in particolare di esaminare gli effetti positivi
delle riserve nel contrastare l'invasione di alcuni tipi di pesci, come
ad esempio i voraci lionfish che stanno espandendosi nelle acque
caraibiche. "Ci sono forti indicazioni - spiegano le responsabili del
progetto - basate su solidi Studi scientifici, che le aree marine
protette delle Isole Bahamas, grazie allo stato di salute delle loro
comunità ittiche, riescano a limitare l'invasione di questi pesci
predatori che vengono dall'Oceano Pacifico".
1 marzo 2013
ANSA