PIPISTRELLO VESPERTILIO PIU' "MEDITERRANEO" DEL PREVISTO
Nuovo studio
29 mag 2013 - Il Vespertilio di Bechstein (Myotis bechsteinii) e' un pipistrello di solito considerato come specie euro-siberiana. Un nuovo studio della Elhuyar Fundazioa, pubblicato su Forest Ecology and Management, ha invece mostrato che questo animale e' piu' "mediterraneo" di quanto ritenuto finora. Secondo gli scienziati baschi, infatti, sarebbero le trasformazioni storiche dei vari habitat, oltre a quelle bioclimatiche, a essere responsabili della sua distribuzione.
"I nostri dati suggeriscono che la distribuzione attuale del M. bechsteinii in Europa rifletta non solo i cambiamenti climatici che hanno avuto luogo nel corso delle ultime migliaia di anni, ma anche la grave perdita e il degrado delle foreste decidue nel Mediterraneo", ha spiegato Maria Napal fra gli autori dello studi. "Riteniamo che la specie potrebbe ancora trovare ottimali le condizioni di alcune localita' del Mediterraneo, se queste foreste fossero ancora presenti", ha concluso.
(AGI) Red/Eli
mercoledì 29 maggio 2013
lunedì 27 maggio 2013
MINISTERO AMBIENTE, E' FINITO L'ALLARME PER LA MORIA DEI DELFINI
Confermata causa ipotesi morbillo.
27 mag 13 - Si è fermata la moria di delfini nei mari italiani. A comunicarlo, proprio nella Giornata mondiale della biodiversità, è il ministero dell'Ambiente che parla di "allarme rientrato" e conferma "l'ipotesi del morbillo" come causa degli spaggiamenti. Nelle ultime settimane, spiega il ministero, "il numero di spiaggiamenti registrati è rientrato nelle medie degli anni precedenti, registrando un rientro nella normalità rispetto al primo trimestre del 2013". Si avviano così a conclusione "le complesse ricerche degli scienziati della Rete nazionale spiaggiamenti mammiferi marini, nata dalla collaborazione del ministero dell'Ambiente con il ministero della Salute", che avevano "il compito di trovare spiegazioni alla moria di delfini della specie stenella striata (stenella coeruleoalba) che ha colpito il Tirreno da gennaio ad aprile".
I nuovi rapporti della Banca dati spiaggiamenti e degli Istituti zooprofilattici sperimentali hanno confermato che "nelle ultime 4 settimane il numero di spiaggiamenti registrati é rientrato nelle medie degli anni precedenti; abbiamo motivo di credere che il fenomeno si sia esaurito". Inoltre, "le ultime ricerche rafforzano l'ipotesi che la causa più probabile sia il morbillivirus del delfino, riscontrato nel 30-40% dei corpi analizzati, percentuali comparabili con quanto avvenuto in Spagna nelle precedenti epizoozie da morbillo". La popolazione di delfini interessati era di età compresa tra i 7 e i 20 anni (96% delle carcasse analizzate), cioé animali nati dopo la moria del 1990-92 determinata da morbillo e perciò sprovvisti di anticorpi specifici. Secondo gli scienziati, i cetacei colpiti erano fortemente indeboliti e con basse difese immunitarie. Ciò avrebbe aperto la strada anche ad altre infezioni e malattie.
(ANSA)
Confermata causa ipotesi morbillo.
27 mag 13 - Si è fermata la moria di delfini nei mari italiani. A comunicarlo, proprio nella Giornata mondiale della biodiversità, è il ministero dell'Ambiente che parla di "allarme rientrato" e conferma "l'ipotesi del morbillo" come causa degli spaggiamenti. Nelle ultime settimane, spiega il ministero, "il numero di spiaggiamenti registrati è rientrato nelle medie degli anni precedenti, registrando un rientro nella normalità rispetto al primo trimestre del 2013". Si avviano così a conclusione "le complesse ricerche degli scienziati della Rete nazionale spiaggiamenti mammiferi marini, nata dalla collaborazione del ministero dell'Ambiente con il ministero della Salute", che avevano "il compito di trovare spiegazioni alla moria di delfini della specie stenella striata (stenella coeruleoalba) che ha colpito il Tirreno da gennaio ad aprile".
I nuovi rapporti della Banca dati spiaggiamenti e degli Istituti zooprofilattici sperimentali hanno confermato che "nelle ultime 4 settimane il numero di spiaggiamenti registrati é rientrato nelle medie degli anni precedenti; abbiamo motivo di credere che il fenomeno si sia esaurito". Inoltre, "le ultime ricerche rafforzano l'ipotesi che la causa più probabile sia il morbillivirus del delfino, riscontrato nel 30-40% dei corpi analizzati, percentuali comparabili con quanto avvenuto in Spagna nelle precedenti epizoozie da morbillo". La popolazione di delfini interessati era di età compresa tra i 7 e i 20 anni (96% delle carcasse analizzate), cioé animali nati dopo la moria del 1990-92 determinata da morbillo e perciò sprovvisti di anticorpi specifici. Secondo gli scienziati, i cetacei colpiti erano fortemente indeboliti e con basse difese immunitarie. Ciò avrebbe aperto la strada anche ad altre infezioni e malattie.
(ANSA)
giovedì 23 maggio 2013
AUSTRALIA: DECISA ELIMINAZIONE 10 MILA CAVALLI SELVATICI
Uccisi da tiratori scelti a bordo di elicotteri.
23 mag 13 - Proteste degli animalisti in Australia per la decisione di uccidere fino a 10 mila cavalli selvatici nel centro del continente, in quella che secondo le autorita’ e’ una risposta compassionevole alla crisi ambientale causata dalla loro proliferazione. L’autorita’ locale Central Land Council ha cominciato l’eliminazione oggi nella grande tenuta di Tempe Downs, circa 300 km a sud di Alice Springs nel Territorio del Nord. Gli animali vengono uccisi da tiratori scelti a bordo di quattro elicotteri che pattuglieranno l’area fino a meta’ giugno, e le autorita’ hanno diffuso un avvertimento di sicurezza, chiedendo al pubblico di non avvicinarsi all’area.
Gli animali discendono dai primi cavalli introdotti nella colonia e piu’ tardi sono stati cavalcati dalla brigata australiana di cavalleria leggera nella prima guerra mondiale.
La decisione ha sollevato l’indignazione degli animalisti e dei club equestri in tutta Australia, ma l’agenzia governativa insiste sulla necessita’ di ridurne il numero. Gli animali mancano d’acqua e di nutrimento e causano danni ‘’catastrofici’’ alle fonti d’acqua, con grave impatto sugli animali nativi, ha detto il direttore del Central Land Council, David Ross. ‘’Spezza il cuore vederli morire lentamene di fame’’, ha aggiunto. ‘’Nessuno vuole vederli soffrire, specialmente gli aborigeni proprietari tradizionali del territorio, che amano i cavalli ma sono ben consapevoli delle terribili conseguenze di una popolazione fuori controllo’’.
(ANSA)
Uccisi da tiratori scelti a bordo di elicotteri.
23 mag 13 - Proteste degli animalisti in Australia per la decisione di uccidere fino a 10 mila cavalli selvatici nel centro del continente, in quella che secondo le autorita’ e’ una risposta compassionevole alla crisi ambientale causata dalla loro proliferazione. L’autorita’ locale Central Land Council ha cominciato l’eliminazione oggi nella grande tenuta di Tempe Downs, circa 300 km a sud di Alice Springs nel Territorio del Nord. Gli animali vengono uccisi da tiratori scelti a bordo di quattro elicotteri che pattuglieranno l’area fino a meta’ giugno, e le autorita’ hanno diffuso un avvertimento di sicurezza, chiedendo al pubblico di non avvicinarsi all’area.
Gli animali discendono dai primi cavalli introdotti nella colonia e piu’ tardi sono stati cavalcati dalla brigata australiana di cavalleria leggera nella prima guerra mondiale.
La decisione ha sollevato l’indignazione degli animalisti e dei club equestri in tutta Australia, ma l’agenzia governativa insiste sulla necessita’ di ridurne il numero. Gli animali mancano d’acqua e di nutrimento e causano danni ‘’catastrofici’’ alle fonti d’acqua, con grave impatto sugli animali nativi, ha detto il direttore del Central Land Council, David Ross. ‘’Spezza il cuore vederli morire lentamene di fame’’, ha aggiunto. ‘’Nessuno vuole vederli soffrire, specialmente gli aborigeni proprietari tradizionali del territorio, che amano i cavalli ma sono ben consapevoli delle terribili conseguenze di una popolazione fuori controllo’’.
(ANSA)
mercoledì 8 maggio 2013
Il prezzo varia da 1.800 a 5 mila euro al kW installato
Tra le diverse fonti rinnovabili, negli ultimi anni le famiglie
italiane si sono orientate in prevalenza verso il solare fotovoltaico,
ma grazie alla normativa oggi in vigore stanno riscuotendo un buon
riscontro anche le piccole macchine eoliche che trasformano il vento in
energia elettrica. Assieme (Associazione italiana energia mini eolica)
stima che nei prossimi anni in Italia si potrebbero installare da 20 a
30 MW annui di impianti mini-eolici da 1 a 200 kW di potenza (Assieme
stima una potenza installata attualmente superiore a 20 MW).
ORIZZONTALE O VERTICALE - In commercio si possono trovare piccoli generatori ad asse orizzontale, simili alle grandi turbine ma su scala ridotta, oppure ad asse verticale, cioè con le pale in verticale a corona attorno all'asse di rotazione. Non esiste una classificazione ufficiale, ma in genere le turbine con un'area spazzata dalle pale fino a 2 metri quadri (diametro del rotore fino a 1,6 metri e potenza inferiore a 1 kW) sono dette «micro». In Italia chiamiamo mini le turbine da 1 a 200 kW e quelle che vengono installate in ambito domestico hanno generalmente potenza fino a 5 kW.
TARIFFA OMNICOMPRENSIVA - Il limite dei 200 kW nasce dal sistema
incentivante italiano, basato su una tariffa omnicomprensiva valida per
turbine da 1 a 200 kW: le macchine da 1 a 20 kW godono di una tariffa di
0,291 euro/kWh, mentre nella fascia da 20 a 200 kW la tariffa è di
0,268 euro/kWh. Chi non accede alla tariffa omnicomprensiva può
richiedere lo «scambio sul posto», che consente al proprietario
dell’impianto di immettere in rete l’energia prodotta, ma che non ha
auto-consumato, per poi prelevarla in un momento seguente (in realtà, si
ottiene una compensazione economica tra il valore dell’energia immessa
in rete e quello associabile all’energia prelevata dalla rete). La
tariffa omnicomprensiva è interessante per le turbine di potenza
superiore ai 3 kW, mentre per le turbine di potenza inferiore è più
opportuno lo scambio sul posto. Infatti, il costo di gestione annuo
della tariffa omnicomprensiva, come il costo del contatore dedicato e
l'allaccio alla rete, coprirebbe quasi interamente l'incentivo per le
macchine molto piccole.
DOVE - Dove installarle in
Italia? «Per prima cosa sfatiamo il mito che dove c'è poco vento le
macchine piccole funzionano meglio di quelle grandi», afferma Alessandro
Giubilo, presidente di Assieme. «Il punto è che ci possono essere
diverse ragioni di carattere ambientale che impediscono la realizzazione
di un grande impianto eolico in un certo sito, mentre in quello stesso
sito nulla impedisce l'installazione di una singola piccola macchina. Ci
sono quindi molte zone con ventosità medie favorevoli non ancora
sfruttate in Italia dove è possibile installare una piccola macchina».
VENTOSITÀ - In generale, non è opportuno installare una piccola turbina in siti con ventosità medie al di sotto dei 4,5-5 metri al secondo e un atlante eolico online del nostro Paese, curato dall'Rse (Ricerca sul sistema energetico), è disponibile online. Se in base ai dati dell'atlante l'area in cui si desidera installare una piccola turbina è idonea, è quasi sempre indispensabile effettuare successivamente un’analisi anemometrica per verificare nel dettaglio il potenziale eolico. Soltanto nel caso delle micro-turbine l'analisi anemometrica potrebbe non essere indispensabile, avendo talvolta costi confrontabili con quelli della micro-turbina stessa. Il sito di installazione deve essere scelto con cura e il più possibile privo di ostacoli, in maniera tale che il vento non venga disturbato e non si perda in potenziale sfruttabile. Infatti, tutte le sperimentazioni di piccole turbine eoliche su edifici o in zone densamente abitate hanno fornito risultati poco incoraggianti, proprio a causa di questa problematica.
BUROCRAZIA - «Pur essendoci una legge nazionale, molte Regioni tendono a fare leggi a sé stanti non sempre migliorative», spiega Giubilo. «La legge nazionale prevede che per macchine di potenza da 1 a 20 kW debba essere richiesta la Pas (procedura abilitativa semplificata), ma alcune Regioni ne hanno ridotto il campo d'azione e hanno esteso la comunicazione semplice, procedura meno complessa della Pas, da 1 a 5 kW nelle zone non soggette a vincoli ambientali e architettonici. Altre Regioni hanno esteso la Pas alle turbine da 20 a 200 kW e anche questo è positivo per lo sviluppo della tecnologia. In genere, la Pas dura un paio di mesi ma ci sono casi in cui si protrae oltre. Ovviamente, il problema della scarsa conoscenza da parte dei tecnici comunali è presente perché spesso il tema dell'eolico viene abbinato alle grandi turbine. Specie nelle cittadine più piccole, se in precedenza non si sono mai installate turbine, i tecnici talvolta non sono a conoscenza delle leggi nazionali o regionali».
I COSTI - Il range dei costi delle micro e mini-turbine eoliche è molto esteso, a differenza di quanto avviene per le grandi turbine. Il prezzo senza installazione di un pacchetto completo (turbina, controller, torre e inverter) varia infatti da 1.800 a 5 mila euro al kW installato a prescindere dalla taglia della macchina. Il prezzo della turbina dipende dalla scelta dei materiali, dalle diverse difficoltà di progettazione e dalla lavorazione. Infatti, le linee di produzione non sono particolarmente automatizzate: le lavorazioni meccaniche, i motori e le pale sono fatte tutte a mano e sul mercato esistono già costruttori cinesi e indiani, oltre che europei e americani. «Per le piccole turbine eoliche non è ancora prevista la detrazione fiscale del 50%, come invece avviene per gli impianti fotovoltaici che non accedono al Conto energia. Secondo il nostro punto di vista, la detrazione fiscale del 50% dovrebbe essere già automaticamente estesa al minieolico, anche se purtroppo non esiste ancora una risposta ufficiale da parte dell'Agenzia delle entrate», conclude Giubilo.
Roberto Rizzo
8 maggio 2013 (modifica il 10 maggio 2013)
www.corriere.it
Micro e minieolico, l'alternativa alle grandi turbine
Nei prossimi anni in Italia si potrebbero installare 20-30 MW annui di impianti da 1 a 200 kW di potenzaORIZZONTALE O VERTICALE - In commercio si possono trovare piccoli generatori ad asse orizzontale, simili alle grandi turbine ma su scala ridotta, oppure ad asse verticale, cioè con le pale in verticale a corona attorno all'asse di rotazione. Non esiste una classificazione ufficiale, ma in genere le turbine con un'area spazzata dalle pale fino a 2 metri quadri (diametro del rotore fino a 1,6 metri e potenza inferiore a 1 kW) sono dette «micro». In Italia chiamiamo mini le turbine da 1 a 200 kW e quelle che vengono installate in ambito domestico hanno generalmente potenza fino a 5 kW.
VENTOSITÀ - In generale, non è opportuno installare una piccola turbina in siti con ventosità medie al di sotto dei 4,5-5 metri al secondo e un atlante eolico online del nostro Paese, curato dall'Rse (Ricerca sul sistema energetico), è disponibile online. Se in base ai dati dell'atlante l'area in cui si desidera installare una piccola turbina è idonea, è quasi sempre indispensabile effettuare successivamente un’analisi anemometrica per verificare nel dettaglio il potenziale eolico. Soltanto nel caso delle micro-turbine l'analisi anemometrica potrebbe non essere indispensabile, avendo talvolta costi confrontabili con quelli della micro-turbina stessa. Il sito di installazione deve essere scelto con cura e il più possibile privo di ostacoli, in maniera tale che il vento non venga disturbato e non si perda in potenziale sfruttabile. Infatti, tutte le sperimentazioni di piccole turbine eoliche su edifici o in zone densamente abitate hanno fornito risultati poco incoraggianti, proprio a causa di questa problematica.
BUROCRAZIA - «Pur essendoci una legge nazionale, molte Regioni tendono a fare leggi a sé stanti non sempre migliorative», spiega Giubilo. «La legge nazionale prevede che per macchine di potenza da 1 a 20 kW debba essere richiesta la Pas (procedura abilitativa semplificata), ma alcune Regioni ne hanno ridotto il campo d'azione e hanno esteso la comunicazione semplice, procedura meno complessa della Pas, da 1 a 5 kW nelle zone non soggette a vincoli ambientali e architettonici. Altre Regioni hanno esteso la Pas alle turbine da 20 a 200 kW e anche questo è positivo per lo sviluppo della tecnologia. In genere, la Pas dura un paio di mesi ma ci sono casi in cui si protrae oltre. Ovviamente, il problema della scarsa conoscenza da parte dei tecnici comunali è presente perché spesso il tema dell'eolico viene abbinato alle grandi turbine. Specie nelle cittadine più piccole, se in precedenza non si sono mai installate turbine, i tecnici talvolta non sono a conoscenza delle leggi nazionali o regionali».
I COSTI - Il range dei costi delle micro e mini-turbine eoliche è molto esteso, a differenza di quanto avviene per le grandi turbine. Il prezzo senza installazione di un pacchetto completo (turbina, controller, torre e inverter) varia infatti da 1.800 a 5 mila euro al kW installato a prescindere dalla taglia della macchina. Il prezzo della turbina dipende dalla scelta dei materiali, dalle diverse difficoltà di progettazione e dalla lavorazione. Infatti, le linee di produzione non sono particolarmente automatizzate: le lavorazioni meccaniche, i motori e le pale sono fatte tutte a mano e sul mercato esistono già costruttori cinesi e indiani, oltre che europei e americani. «Per le piccole turbine eoliche non è ancora prevista la detrazione fiscale del 50%, come invece avviene per gli impianti fotovoltaici che non accedono al Conto energia. Secondo il nostro punto di vista, la detrazione fiscale del 50% dovrebbe essere già automaticamente estesa al minieolico, anche se purtroppo non esiste ancora una risposta ufficiale da parte dell'Agenzia delle entrate», conclude Giubilo.
Roberto Rizzo
8 maggio 2013 (modifica il 10 maggio 2013)
www.corriere.it
mercoledì 1 maggio 2013
Mamma orca e i cuccioli ‘bamboccioni’
20 settembre 2012- Gli esemplari maschi di orca crescono come dei
veri 'bamboccioni', bisognosi delle cure della madre per sopravvivere
anche una volta raggiunta l'età adulta: questo spiegherebbe il motivo
per cui le loro mamme sono gli animali con la menopausa più lunga di
tutto il regno animale, genere umano escluso.
Lo rivela uno studio britannico delle università di Exeter e York pubblicato su Science.
La lunga menopausa delle orche rappresenta un rebus per i biologi
marini: le femmine della specie Orcinus orca, infatti, smettono di
riprodursi intorno ai 30-40 anni, e possono sopravvivere fino alla
veneranda età di 90 anni.
Per comprendere le ragioni di questo fenomeno, i ricercatori hanno
studiato da vicino i membri di due popolazioni di orche nel nord
dell'oceano Pacifico, al largo delle coste canadesi e statunitensi.
Rielaborando i dati e le osservazioni raccolte in 36 anni di studi,
hanno scoperto che la presenza di femmine in menopausa aumenta le
probabilità di sopravvivenza dei loro figli.
Questo è vero soprattutto per i maschi con più di 30 anni che, in
caso di decesso della madre, vedono moltiplicarsi per 14 le probabilità
di morire entro un anno.
Anche le figlie femmine over-30 beneficiano della presenza di mamma
orca, ma in misura minore: quando diventano orfane, le probabilità di
decesso aumentano solo di tre volte.
«Sia gli umani che le orche vivono una menopausa insolitamente lunga», spiega Darren Croft dell'università di Exeter.
«Sebbene condividano questa caratteristica – aggiunge – umani e orche
ne traggono benefici diversi a causa della diversa struttura sociale.
Mentre la menopausa nelle donne potrebbe essersi evoluta per aiutare i
nipoti, nelle orche potrebbe servire a dare supporto ai figli,
soprattutto quelli adulti».
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