CORONAVIRUS: quello che non sappiamo
Qui,
di seguito, il testo dell’intervista che è stata censurata dopo essere
comparsa per qualche ora sul sito di Vita al Microscopio.
Roberta Doricchi intervista il dott. Stefano Montanari.
Roberta Doricchi – In questo periodo che fa tanto peste manzoniana credo sia impossibile non parlare del Coronavirus.
Stefano Montanari – Io non sono un virologo…
RD – Ma qualcosa sa.
SM – Vede, io sono fuori moda. Lo sono perché ciò che so fa parte della
conoscenza basata sulla fisica, sulla chimica, sulla fisiologia, sulla
farmacologia, sulla biologia… In più, so quello che ho imparato da quasi
mezzo secolo di ricerca personale. Niente a che fare con quello che
oggi viene spacciato come scienza.
RD – Mi dia un’opinione su questa epidemia.
SM – Non solo non sono un virologo, ma non sono neppure uno psicologo
né un esperto di sociologia. Meno che mai sono uno psichiatra, e ancora
meno sono un magistrato, perché è la magistratura che dovrebbe indagare
su certi comportamenti. Ciò che posso dirle è che il Coronavirus
battezzato SARS-CoV-2 dopo aver portato per un po’ un nome provvisorio è
uno dei non pochi virus fatti in laboratorio.
RD – Fatto apposta?
SM – Questo proprio non lo so e, nel caso specifico, a saperlo non sono
in tanti. Ma mica glie lo vengono a raccontare. Ci sono virus che
nascono senza volerlo, li classifichi tra gli incidenti, e altri che
sono creati da modificazioni messe in atto per motivi di ricerca o per
altri motivi su cui mi lasci evitare di entrare. Comunque sia nato
questo virus, la cosa ha scarsa rilevanza se non dal punto di vista di
investigazioni che nulla hanno a che fare con la salute. Sappia, ma è
cosa molto nota, che modificare un virus è tutto sommato semplice ed
esistono persino brevetti che proteggono certe metodiche per farlo, e,
per quello che c’interessa ora, proprio lavorando anche sui Coronavirus.
RD – I Coronavirus: lei usa il plurale…
SM – Sì, certo. Si tratta di un genere di virus appartenenti alla
famiglia Coronaviridae e alla sottofamiglia Orthocoronavirinae, per
quello che può interessare chi legge questa intervista. Se ne conoscono
diversi ceppi, alcuni dei quali possono provocare patologie negli esseri
umani, da un volgare raffreddore a polmoniti, e il nuovo virus cinese
condivide tantissime caratteristiche con i suoi fratelli.
RD – La domanda di cui credo chi ci legge aspetta la risposta è: si muore?
SM – Bisogna impegnarsi parecchio.
RD – Che cosa significa?
SM – Premesso che di quel virus in particolare sappiamo poco stante la
novità della sua comparsa, non esistono dati che indichino una mortalità
significativamente diversa da quella di una qualunque influenza. È
indispensabile aggiungere che i pochissimi che sono morti ad oggi non
sono morti di Coronavirus ma con il Coronavirus, il che è molto diverso.
RD – Cioè?
SM – Si trattava di pochissimi casi di persone molto avanti negli anni e
già affette da patologie gravi. Per loro sarebbe bastato un normale
raffreddore per il tracollo. Indicare come responsabile della loro morte
il Coronavirus ha lo stesso grado di comicità che aveva incolpare il
morbillo della manciata di morti sopravvenute in pazienti terminali.
RD – È solo comicità?
SM – Se non fosse comicità, dovremmo tirare in ballo condizioni come
l’ignoranza e la truffa che non vogliamo tirare in ballo. E, allora,
fermiamoci alla comicità.
RD – Una comicità piuttosto costosa, mi pare.
SM – Questo è uno degli aspetti curiosi su cui ho solo domande e nessuna risposta.
RD – Quali domande?
SM – Cominciamo dall’inizio, e sono certo di dimenticare qualche
passaggio. Almeno da mesi io sto vedendo delle strane forme influenzali
con polmoniti che faticano a rispondere non solo ai farmaci ma
all’omeostasi, cioè alla capacità di autoguarigione che, in maggiore o
minor misura, abbiamo tutti. Piano piano quei pazienti sono guariti e
diventano difficilmente indagabili, anche perché non sono
rintracciabili. Dunque, nessuna prova che si tratti del virus cinese. Mi
chiedo come mai qualche mese fa si mise in atto una simulazione
centrata su un’epidemia teorica, guarda caso da Coronavirus, che
avrebbe fatto sessanta milioni di morti nel mondo. Poi mi chiedo come
mai qualche centinaio di soldati americani siano stati ospitati proprio a
Wuhan, appena prima del manifestarsi della malattia. Altra domanda:
perché i passeggeri dell’aeroporto di quella città venivano irrorati con
un aerosol della cui natura niente è stato detto, e questo settimane
prima che venisse denunciata l’esistenza del virus? Ma è di fronte alla
reazione dei governi che resto ancora più perplesso.
RD – A che reazioni si riferisce?
SM – Oggettivamente ci troviamo di fronte a ben poco: un virus, non
importa il suo stato di famiglia, che ha un grado di patogenicità
bassissimo e una mortalità irrilevante. Di patogeni infinitamente più
diffusi e infinitamente più aggressivi ne abbiamo a iosa e nessuno si
agita. Anzi, la stragrande maggioranza di loro è perfettamente
sconosciuta alla massa e nessuno ne parla né, tanto meno, se ne
preoccupa. Restando all’Italia, in termini di popolazione lo 0,8% del
Pianeta, abbiamo 49.000 morti l’anno per infezioni contratte in ospedale
e lei lo ha mai visto riportato a titoli cubitali? O ha mai visto
ospedali chiusi per questo?
RD – Spieghi meglio.
SM – Ogni
giorno più di 130 persone muoiono nella sola Italia per malattie
infettive, e spesso si tratta di affezioni respiratorie, contratte nel
corso di un ricovero in ospedale. Insomma, lei va a farsi togliere
l’appendice ed esce con la polmonite, una malattia che, ovviamente,
nulla ha a che fare con l’infiammazione dell’appendice ileo-ciecale.
Questo semplicemente perché il grado d’igiene dei nostri ospedali è
largamente insufficiente e i batteri e i virus strisciano e saltellano
allegramente, per usare un’informazione scientifica che ci regalò la ex
ministra Lorenzin. E, se a morire sono in 130 al giorno o pochi di più,
pensi a quanti si ammalano e guariscono. E pensi a quanti muoiono a
distanza dal ricovero e la loro morte non rientra nel calcolo. Di questo
non si parla e tutti vivono felici.
RD – Perché non se ne parla?
SM – Io la risposta ce l’ho, ma, essendo suddito di un regime molto
attento a non correre rischi sulla propria sopravvivenza, me la tengo.
Le dico solo che tenere pulito un ospedale non garantisce vantaggi sulla
cui natura mi lasci sorvolare.
RD – Ma, tornando al Coronavirus, perché si sta paralizzando l’Italia se quello che dice lei è vero?
SM – Ecco: è a questo che non trovo una risposta. Insomma, a chi giova?
I numeri sono impietosi anche se si finge che chi è morto con il
Coronavirus sia morto a causa del Coronavirus. Comunque si guardi la
cosa, siamo di fronte all’irrilevanza. E, allora, a chi conviene
massacrare la nostra economia già comatosa? A chi conviene dare al mondo
l’immagine di un paese di appestati? Proprio ieri sera mi telefonava
mio figlio da Tenerife dove abita da anni, e mi diceva che una signora
incontrata per caso alla cassa del supermercato, sentendo l’accento, gli
ha chiesto se fosse italiano e, ricevuta la ferale conferma, è
inorridita. Del resto, è la reazione che non pochi italiani hanno verso i
cinesi che incrociano per strada, come se il virus prediligesse
un’etnia. Il fatto è che la percezione che rischiamo di dare è quella
dei lebbrosi o degli appestati.
RD – Ma, insomma, ci dobbiamo proteggere contro il virus?
SM – Ognuno deve essere libero di comportarsi come crede meglio. Io
posso dire che chiudere dei territori e dei luoghi di aggregazione,
scuole comprese, è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Vedere
gente che fa a botte per comprare a qualunque prezzo le mascherine di
carta è tristemente ridicolo, se non altro perché molte di quelle
proteggono dai virus come un’inferriata protegge dalle zanzare. E pure
l’Amuchina… La gente è convinta che basti bagnarsi le mani con
l’Amuchina, di fatto quello che chiamiamo commercialmente varechina
insieme con alcool etilico, per essere al riparo da virus e batteri.
RD – La gente aspetta con ansia il vaccino.
SM – Dei vaccini e della loro totale inutilità ho parlato molte volte
portando prove inoppugnabili e certificate. In questo caso è possibile
che ci troviamo nelle condizioni del vaccino contro il tetano.
RD – Cioè?
SM – Il tetano è una malattia decisamente rara non trasmissibile da
uomo a uomo e che non dà immunità. Il che significa che, a differenza di
quanto accade con malattie come il morbillo, la varicella, la pertosse e
non poche altre, chi si è ammalato può ammalarsi di nuovo. Insomma, non
si acquisisce immunità. Non è affatto improbabile che il virus cinese
sia nella stessa condizione, esattamente come i tanti virus influenzali
con i quali condivide affinità: lei sia ammala d’influenza e si può
ammalare di nuovo all’infinito perché la malattia non induce alcuna
immunità. Quindi, come è il caso dell’influenza, quel vaccino potrebbe
essere assurdo fin dalle basi teoriche. Insomma, la solita illusione a
spese di chi ci casca, e un’illusione con gli effetti collaterali
inevitabili per qualunque farmaco ma senza alcuna contropartita
vantaggiosa.
RD – E, allora, che fare?
SM – Niente.
RD – Niente?
SM – Niente di più di quello che lei fa normalmente per evitare di
prendersi il raffreddore o l’influenza. Posso aggiungere che
un’alimentazione razionale senza tante delle porcherie che mangiamo e
che, ancora peggio, rifiliamo ai nostri bambini, fa miracoli. Con quella
non si guarisce: si previene. Tenere in ordine l’intestino, tenere
equilibrato il chilo e mezzo di batteri, funghi e virus che ci abitano e
che costituiscono il microbiota è fondamentale. Le riserve armate del
nostro sistema immunitario, quello che ci difende dalle malattie
infettive, stanno in grande maggioranza proprio lì. Poi, se l’infezione
arriva, è indispensabile non cercare di eliminare la febbre. Il rialzo
della temperatura ha due effetti fondamentali complementari: migliora le
nostre difese e indebolisce i patogeni.
RD – Dunque, la Tachipirina…
SM – La Tachipirina è solo uno dei tantissimi farmaci che contengono
paracetamolo, un principio attivo che abbassa la temperatura corporea e
che, quando è male utilizzato come, purtroppo, è nella stragrande
maggioranza dei casi, fa danni. Forse per togliersi di torno le mamme
fastidiose che non hanno voglia di accudire i bambini con la febbre, i
pediatri propinano paracetamolo a piene mani, infischiandosi del fatto
che, così facendo, annientano la prima e più efficace difesa di cui
disponiamo. E poi c’è l’abuso degli antibiotici, troppo spesso
somministrati a casaccio.
RD – A casaccio?
SM – Gli antibiotici
sono farmaci mirati. Il che vuol dire che ognuno di loro è efficace nei
confronti di certi batteri e non di altri. Quando non si è certi di
quale sia il batterio che ha provocato la malattia, si ricorre quasi di
regola agli antibiotici chiamati ad ampio spettro, vale a dire farmaci
che si spera arrivino dove il medico non è arrivato con la sua diagnosi.
Ma peggio ancora si fa quando si somministrano antibiotici per una
malattia virale. Qui c’è l’assoluta certezza che il farmaco sarà inutile
e in medicina ciò che è inutile è invariabilmente dannoso, non
esistendo nessun medicinale privo di effetti dannosi. Aggiungo che
l’abuso di antibiotici ha creato ceppi batterici sempre più resistenti,
con questo indebolendo fino,non di rado, ad annullare l’efficacia di
quella classe di farmaci formidabili. A margine, le dico che anche la
chirurgia soffre di questo problema.
RD – Perché?
SM – Perché
quando il chirurgo lavora espone il suo paziente al mondo esterno e il
corpo non è preparato a questa interferenza. Di qui l’indispensabilità
di una copertura antibiotica. Ma se l’antibiotico funziona poco…
RD – Quindi, se ho capito bene, non ci sono antibiotici contro il Coronavirus.
SM – No di certo, come non ci sono per i virus in generale, compresa la
varietà di Coronavirus responsabile di tanti raffreddori. Di fatto, i
farmaci antivirali di cui disponiamo hanno un’efficacia modesta e per il
Coronavirus non c’è niente che abbia un’efficacia provata.
RD – E le vitamine?
SM – Le vitamine A, E, D e C sono utili nella prevenzione, così come sono utili certi alimenti.
RD – Per esempio?
SM – Per esempio lo zenzero, la curcuma (sempre presa con il pepe nero,
altrimenti perde efficacia), l’echinacea… Poi gli alimenti fermentati
come i crauti o il kefir. E, ancora, le verdure, specie quelle in
foglia. Insomma, se si mangia correttamente, se si fa una vita sana
evitando, ad esempio, il fumo, si mantiene l’organismo capace di
difendersi.
RD – Lei ha citato il fumo.
SM – Se vogliamo restare
al Coronavirus che tanto terrorizza la gente, la difesa più immediata è
quella che riguarda l’efficienza dei polmoni. Di qualunque cosa
s’illudano i fumatori, i loro polmoni non sono in condizioni ideali e
uno dei problemi è quello dello strato eccessivo di muco, spesso con
caratteristiche non proprio sane, che ricopre i bronchi e che fa
scivolare profondamente i patogeni entrati per inalazione. In aggiunta,
le ciglia vibratili, specie di fruste che sono presenti sulla parete
interna dei bronchi, sono paralizzate dal fumo e non sono più capaci di
spingere fuori dei polmoni gli aggressori. E, allora, anche il
Coronavirus trova una bella porta aperta. Ma la cosa vale per qualunque
patogeno che passi attraverso il sistema respiratorio, comprese le
particelle di cui mi occupo da decenni.
RD – Insomma, per stare bene bisogna comportarsi bene.
SM – Sì, è così. E tenga anche conto che, se la paura è utile perché ci
fa essere pronti a difenderci, la paura indebolisce le difese. Dunque,
è utile solo se è motivata e se è contenuta nei limiti della
razionalità. Qui, invece, siamo al cospetto di una manifestazione
d’isteria collettiva indotta per motivi che ignoro da chi approfitta
dell’ignoranza e della fragilità intellettuale della gente.
RD – Un consiglio?
SM – Usate la ragione e non date credito a chi vi usa come animali da reddito. Spesso l’imperatore è nudo.