Giappone, le pagine del giornale impregnate di semi di fiori: dopo la lettura The Mainichi si può piantare
Un giornale che dà i suoi frutti. Letteralmente. Non solo perché punta
al suo obiettivo principale, ovvero quello di informare, nella maniera
più corretta possibile. Ma lo fa anche pensando, concretamente, alla
vita dei suoi lettori. E all’ambiente che li circonda. Come? Realizzando
un quotidiano che invece di finire nel cassonetto dei rifiuti, dopo
esser stato sfogliato e possibilmente letto dalla prima all’ultima
pagina, può essere piantato e fiorire.
L’idea del “vivaio da leggere” è venuta alla casa edittrice
giapponese The Mainichi Newspapers Co. Ltd che ha lanciato questo nuovo
seme giornalistico-ambientale nel mercato della stampa con la testata
The Mainichi (il nome significa quotidiano, all'ordine del giorno,
corrisponde all'inglese every day) che conta circa cinque milioni di
copie al giorno di tiratura. L’obiettivo è doppio: diminuire la mole dei
rifiuti da un lato e far diventare le città del Giappone ancora più
verdi, con tanta natura in più non solo dentro casa ma anche fuori nei
cortili, nelle aiuole, nei giardini urbani.
Il
processo che porta a trasformare le pagine in piantine da innaffiare è
semplice ma geniale. Alla carta di base, ovviamente riciclata senza
l'uso di solventi tossici, vengono aggiunti semi dei fiori più
disparati. La polpa così ottenuta viene successivamente lavorata con
l’inchiostro usato per stampare gli articoli che è rigorosamente a base
vegetale. Quindi il composto viene pressato perché ne esca carta adatta
ai grandi rotoli per le rotative. Così, dopo essersi informati sui fatti
della giornata il quotidiano non verrà buttato ma sarà pronto per una
nuova vita. Potrà essere piantato intero magari in un’aiuola e anche
sminuzzandolo nella terra in più vasi e vasetti. Pochi giorni e
arriveranno i primi germogli.
Con questa iniziativa il giornale
che può essere definito verde sulla… carta, e che si occupa parecchio
anche di piante e di giardinaggio ha conquistato molti lettori in più.
Ed è anche stato diffuso nelle scuole che lo hanno “adottato” come
esempio concreto di cultura ambientale.
Luisa Mosello
18 Febbraio, 19:22
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