giovedì 30 gennaio 2020


Il canto degli alberi

Per me gli alberi sono sempre stati i predicatori più persuasivi.

Li venero quando vivono in popoli e famiglie, in selve e boschi.

E li venero ancora di più quando se ne stanno isolati.

Sono come uomini solitari. Non come gli eremiti, che se ne sono andati di soppiatto per sfuggire a una debolezza, ma come grandi uomini solitari, come Beethoven e Nietzsche.

Tra le loro fronde stormisce il mondo, le loro radici affondano nell’infinito; tuttavia non si perdono in esso, ma perseguono con tutta la loro forza vitale un unico scopo : realizzare la legge che è insita in loro, portare alla perfezione la propria forma, rappresentare se stessi.

Niente è più sacro e più esemplare di un albero bello e forte.

Quando un albero è stato segato e porge al sole la sua nuda ferita mortale, sulla chiara sezione del suo tronco - una lapide sepolcrale – si può leggere tutta la sua storia: negli anelli e nelle con crescenze sono scritte fedelmente tutta la lotta, tutta la sofferenza, tutte le malattie, tutta la felicità e la prosperità, gli anni magri e gli anni floridi, gli assalti sostenuti e le tempeste superate. E ogni contadino sa che il legno più duro e più pregiato ha gli anelli più stretti, che i tronchi più indistruttibili, più robusti, più perfetti, crescono in cima alle montagne, nel perpetuo pericolo.

Gli alberi sono santuari.

Chi sa parlare con loro, chi li sa ascoltare, conosce la verità.

Essi non predicano dottrine e precetti, predicano, incuranti del singolo, la legge primigenia della vita. Così parla un albero : in me è celato un seme, una scintilla, un pensiero, io sono vita della vita eterna.

Unico è l’esperimento che la madre perenne ha tentato con me, unica la mia forma e la venatura della mia pelle, unico il più piccolo gioco di foglie delle mie fronde e la più piccola cicatrice della mia corteccia. Il mio compito è quello di dar forma e rivelare l’eterno nella sua marcata unicità. Così parla un albero : la mia forza è la mia fede. Io non so nulla dei miei padri, non so nulla delle migliaia di figli che ogni anno nascono da me.

Vivo il segreto del mio seme fino alla fine, non ho altra preoccupazione. Io ho fede che Dio è in me.

Ho fede che il mio compito è sacro. Di questa fede io vivo.

Quando siamo tristi e non riusciamo più a sopportare la vita, allora un albero può parlarci così : Sii calmo! Sii calmo! Guarda me! La vita non è facile, la vita non è difficile. Questi sono pensieri infantili. Lascia che Dio parli in te ed essi taceranno. Tu hai paura perché la tua strada ti allontana dalla madre e dalla patria. Ma ogni passo e ogni giorno ti riconducono di nuovo alla madre.

La patria non è in questo o quel luogo. La patria è dentro di te, o in nessun posto. La nostalgia di vagare senza meta mi prende il cuore, quando a sera, sento gli alberi stormire nel vento.

Se li si ascolta a lungo, in silenzio, anche la nostalgia di vagare rivela appieno il suo significato più profondo. Non è desiderio di scappare via dal dolore, come sembra. E’ nostalgia della propria patria, ricordo della propria madre, struggimento per nuovi simboli di vita. Conduce a casa. Ogni strada conduce a casa, ogni passo è nascita, ogni passo è morte, ogni tomba è madre. Così sussurra l’albero nella sera, quando abbiamo paura dei nostri pensieri infantili. Gli alberi hanno pensieri duraturi, di lungo respiro, tranquilli, come hanno una vita più lunga della nostra. Sono più saggi di noi finché non li ascoltiamo.

Ma quando abbiamo imparato ad ascoltare gli alberi, allora proprio la brevità, la rapidità e la precipitazione infantile dei nostri pensieri acquistano una letizia incomparabile.


Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi non desidera più essere un albero. Non desidera essere altro che quello che è.

Questa è la patria. Questa è la felicità.



Hermann Hesse

giovedì 16 gennaio 2020

Respirare la foresta fa bene

Studio Cnr, Lamma e Cai: come varia e come prevedere la concentrazione di olii essenziali


[30 Dicembre 2019]





Il recente studio ”Economic value of protected areas via visitor mental health”. Pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori australiani della Griffith University, valuta in almeno l’8% del Pil mondiale il valore economico delle aree protette, considerando soltanto gli effetti sulla salute mentale dei visitatori. Partendo da questi dati, lo studio ”Temporal and Spatial Variability of Volatile Organic Compounds in the Forest Atmosphere”. Pubblicato sul Journal of Environmental Research and Public Health da Francesco Meneguzzo, Lorenzo Albanese e Federeica Zabini del Consiglio nazionale delle ricerche – HCT-Agrifood Laboratory dell’Istituto per la bioeconomia (Cnr-Ibe), e Giorgio Bartolini del Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile (Consorzio Lamma costituito tra Cnr e Regione Toscana), in collaborazione con il Club alpino italiano (Cai) si è occupato della concentrazione dei composti bioattivi presenti nell’aria forestale emessi dalle piante e dal suolo e di come beneficiarne al meglio. 
Al Cnr-Ibe spiegano che «I composti organici volatili biogenici – gli oli essenziali emessi dalle piante e dal suolo – sono tra i principali elementi che concorrono a rendere l’ambiente forestale benefico per la salute delle persone, come dimostrato da numerosi studi scientifici che hanno esaminato la risposta fisiologica e psicologica a seguito dell’inalazione delle sostanze volatili aromatiche presenti nelle foreste. Non tutti i siti e i percorsi forestali, né tutte le stagioni o momenti della giornata sono però uguali, anzi le concentrazioni di questi composti cambiano nel tempo e nello spazio molto più rapidamente di quanto ritenuto finora. Tali concentrazioni sono tuttavia in gran parte prevedibili, consentendo di scegliere le situazioni migliori per sfruttare gli effetti benefici di tale ambiente».

La Zabini, ideatrice della ricerca, sottolinea che «L’interesse per le conifere e la loro valorizzazione del nostro laboratorio ci ha indirizzati verso lo studio delle proprietà trasferite da queste piante nell’atmosfera, oggetto tra l’altro della Terapia forestale, pratica che, sotto assistenza psicologica e medica, in paesi come Giappone e Corea è sostenuta dai servizi sanitari con risultati in termini psico-fisiologici riportati da una crescente produzione scientifica. Il nostro studio potrebbe quindi rendere più efficaci queste pratiche emergenti. Finora, infatti, nessuno ha pensato a ottimizzare questa pratica in funzione delle proprietà dell’atmosfera forestale. Un anno fa abbiamo cominciato a testare le proprietà bioattive degli aghi di abete bianco, ottenendo mediante cavitazione idrodinamica un estratto con proprietà antiossidanti significative».
Meneguzzo, del Cnr-Ibe e del Comitato scientifico toscano “Fiorenzo Gei” del Cai, per il quale sta conducendo il progetto Riforest, rccongta come si è svolta la ricerca: «Armati di zaino, scarponi e di un “naso elettronico”, da agosto a ottobre di quest’anno abbiamo percorso strade forestali e sentieri del Cai sull’Appennino Tosco-Emiliano, in particolare tra la Foresta del Teso in provincia di Pistoia e l’Abetina Reale in provincia di Reggio Emilia. Abbiamo così scoperto che la concentrazione dei composti organici volatili emessi da piante e suolo cambiava radicalmente nel giro di meno di un’ora e di poche centinaia di metri. Secondo le evidenze emerse incrociando i dati biochimici raccolti in foresta con i dati meteorologici, emerge che gli orari migliori per cogliere gli effetti benefici della foresta sono il primo mattino e le ore dopo mezzogiorno, in giornate soleggiate e con vento debole. E che in montagna le foreste di conifere sono più efficienti di quelle costituite da solo faggio».

Albanese conclude: «Occorreranno altri studi prima di poter costruire un modello generale per la selezione ottimale di siti, percorsi, stagioni e orari, dettagliando la composizione dei composti bioattivi presenti nell’aria forestale e correlandoli ai rispettivi effetti già verificati sulla salute delle persone. Il nostro studio offre però una metodologia innovativa e ampiamente applicabile, oltre che i primi risultati».

http://www.greenreport.it

giovedì 9 gennaio 2020

A proposito di Edera:

Il suo apparato radicale è potente, sia nel terreno che sulle cortecce. L'Edera si arrampica sugli altri alberi e sui muri di sassi, ma non è una pianta parassita in quanto non succhia la linfa delle piante che la ospitano. Necessita di poco sole e può svilupparsi anche in ombra, non teme il freddo, non perde le foglie. In autunno inoltrato si osserva la sua spettacolare fioritura, l'ultima disponibile per le api.
Nell'antichità, le ghirlande di Edera erano indossate da oracoli perché considerate donatrici di virtù profetiche.


mercoledì 1 gennaio 2020

L’isola di Palau vieta le creme solari per salvare i coralli, è il primo Paese al mondo a metterle al bando

Palau, una piccola repubblica dell'Oceano Pacifico, è diventata il primo Paese al mondo in cui sono bandite le creme solari. Il divieto entrato in vigore con il nuovo anno e' stato deciso a novembre e riguarda tutti quei prodotti di difesa dai raggi ultravioletti che sono ritenuti dannosi per il fragile ecosistema che mantiene in vita la barriera corallina. “Dobbiamo vivere e rispettare l’ambiente – ha commentato il presidente dello Stato insulare 500 chilometri a est delle Filippine, Tommy Remengesau – perché l’ambiente è il nido della vita”. A Palau è ora vietata la vendita e l'uso di prodotti che contengono 10 agenti chimici ritenuti altamente tossici per l'ecosistema marino. Chi violerà il divieto potrà essere condannato a pagare una multa fino a 1000 dollari.

Nel mirino c’è in particolare l’oxybenzone, un filtro presente in migliaia di creme solari vedute nel mondo e l’octinoxate, un elemento altrettanto comune nelle protezioni, che schermano la pelle, assorbendo la luce ultravioletta, ma rendono il corallo piu' suscettibile allo sbiancamento. Uno studio pubblicato nel 2015 sulla rivista Archives of Environmental Contamination and Toxicology dimostrava già come l’oxybenzone alteri il dna dei coralli agendo da interferente endocrino. Sull’arcipelago di Palau, che è composto da più di 250 isole di origine vulcanica, vige una legislazione ambientale molto restrittiva.

Nel 2015 il governo ha dichiarato quasi tutto il territorio zona marina protetta, ed è stato tra i primi ad aderire agli accordi di Parigi sul clima. L’arcipelago è anche uno dei Paesi più efficienti nel contrastare l’inquinamento marino che mette a repentaglio i coralli e altri elementi dell'ecosistema. Divieti e restrizioni sull'uso di creme solari sono in vigore anche in altre zone del mondo, tra cui l'isola di Bonaire, nei Caraibi. All'inizio di quest'anno anche le Hawaii hanno approvato una legge per limitare l'uso dei prodotti solari. 

www.lastampa.it