La megattera più anziana del mondo ha un’età sorprendente
Fu
avvistata per la prima volta nel 1972 e al contrario di molti altri
esemplari è sopravvissuta alla caccia, alle navi e al cambiamento
climatico, inaspettatamente
Che
le megattere potessero vivere fino a oltre cinquant’anni finora era
stato solo ipotizzato, ma adesso ce n’è la prova. A luglio il
ricercatore di cetacei all’Università delle Hawaii Adam A. Pack ha
individuato durante una spedizione nel sud dell’Alaska quella che si
ritiene essere la più anziana megattera vivente di cui si abbia traccia:
è un maschio, viene chiamato Old Timer, che si può tradurre come
“veterano”, ed era stato avvistato per la prima volta nel 1972.
Come ha spiegato il New York Times, è sorprendente
che sia vissuto così a lungo, visto che qualche decennio fa la
popolazione mondiale della specie era stata decimata soprattutto dalla
caccia, e che in anni recenti molti altri esemplari non sono
sopravvissuti alle diverse minacce a cui sono stati esposti: come il
transito delle navi, le reti per la pesca a strascico in cui spesso
rimangono impigliati, e poi il cambiamento climatico e le grandi ondate
di calore che negli ultimi anni hanno ucciso molti uccelli e mammiferi
marini, comprese le megattere.
Le megattere (Megaptera novaeangliae)
sono grandi cetacei diffusi in tutti gli oceani. Si cibano di pesci e
piccoli crostacei (krill) in acque fredde, mentre per la riproduzione si
spostano in quelle tropicali o subtropicali. Hanno una lunghezza che va
dagli 11 ai 17 metri e possono pesare fino a 40 tonnellate; non sono
dotate di denti, bensì di una specie di frange, dette fanoni, che
servono per filtrare acqua e cibo.
Un
po’ come tutti i cetacei sono difficili da individuare, osservare e
studiare, ma si riescono a distinguere grazie ad alcune loro
caratteristiche fisiche: in particolare la colorazione del corpo e le
cicatrici o i bordi frastagliati della pinna caudale, quella che alcuni
pesci hanno sulla coda e che li aiuta a spostarsi nell’acqua. È proprio
grazie al confronto tra le foto d’archivio e quelle scattate a luglio
nelle acque del Frederick Sound, un fiordo nel sud dell’Alaska, che Pack
può dire di aver visto Old Timer. La sua coda è quasi del tutto nera,
con una serie di pigmenti bianchi verso le estremità, ed è la stessa che
sempre Pack aveva visto nel 2015 nelle acque di Petersburg, non lontano da Frederick Sound.
Considerando
che quando era stato visto per la prima volta era già sviluppato, deve
avere almeno 53 anni: questo rende Old Timer «la più vecchia megattera
di cui si abbia notizia al mondo» ha detto Pack, che è co-fondatore e
presidente del Dolphin Institute, un’organizzazione non profit che si
occupa di cetacei.
Old Timer era stato fotografato per la prima volta nel 1972
nel canale di Lynn, a nord di Juneau, la capitale dell’Alaska, e fa
parte di un gruppo che trascorre l’inverno nella zona delle Hawaii e
l’estate nel nord-est dell’oceano Pacifico. I cetacei di quest’area sono
studiati fin dagli anni Settanta grazie al lavoro di Louis Herman,
autore delle migliaia di fotografie che nel tempo hanno permesso ad
altri scienziati di individuare gli animali e osservare i loro
comportamenti e le loro rotte migratorie.
Pack,
un ex studente di Herman, ha definito il nuovo avvistamento
«rincuorante», perché potrebbe significare che anche le megattere più
anziane riescono a essere resilienti.
– Ascolta anche: Sonar. Come il linguaggio costruisce la realtà, anche sott’acqua
Al
momento secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della
Natura – l’ente riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e
vegetali rischiano l’estinzione – esistono circa 84mila individui
di megattera, e la popolazione della specie è in crescita. Tuttavia la
maggior parte di quelle che ci sono in giro oggi è nata alla fine degli
anni Ottanta, quando a causa della caccia erano arrivate a essere meno
del 10 per cento di quante fossero nell’Ottocento, correndo il rischio di estinguersi.
Negli ultimi decenni la popolazione è tornata ad aumentare principalmente per due ragioni. La prima è l’introduzione di una moratoria alla caccia alle balene per fini commerciali che è tuttora in vigore (con l’eccezione di Islanda, Norvegia e Giappone,
per fattori storici e culturali). La seconda, almeno in parte, è il
riscaldamento globale, che ha aumentato di circa 80 giorni il periodo
dell’anno in cui il mare è senza ghiaccio e quindi gli animali possono
trovare cibo più facilmente (in parte, appunto: gli effetti più estremi del cambiamento climatico continuano a essere molto dannosi anche per loro).
In
questi anni Pack e altri ricercatori hanno sfruttato uno strumento di
riconoscimento messo a disposizione da una piattaforma che raccoglie più
di un milione di foto per analizzare l’andamento della popolazione di
megattere nel Pacifico settentrionale. Nel 2012 nell’area erano stati
individuati circa 33.500 individui, in aumento rispetto a quando il
progetto era cominciato, nel 2002. Tra il 2012 e il 2016 tuttavia è
stato notato un declino che finora gli scienziati si sono spiegati con
una serie di estati in cui l’acqua dell’oceano aveva temperature più
alte della norma.
Ted
Cheeseman, uno dei fondatori della piattaforma e coinvolto nelle
ricerche, ha detto che il fenomeno deve ancora essere approfondito, ma
che in generale «se l’acqua è più calda vuol dire che c’è meno cibo
disponibile, e che quello che c’è è più sparso e più in profondità». La
situazione sembra essere preoccupante soprattutto alle Hawaii, dove nel
2021 la popolazione di megattere era calata del 34 per cento rispetto al
2013. Tornando a Old Timer, una delle ipotesi di Pack è che «sia stato
in giro abbastanza a lungo da riuscire ad adattarsi quando le risorse di
cibo sono limitate»: non è comunque chiaro se si possa dire lo stesso
anche per altre megattere.
fonte: https://www.ilpost.it